“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sara Scamardella

La poesia del circo, rimasta senza parole

La Morte − la Morte di cui ti parlo − non è
quella che seguirà la tua caduta, ma quella
che precede la tua apparizione sul filo. È
prima di scalarlo che tu muori. Colui che
danzerà sarà morto − deciso a tutte le
bellezze, capace di tutte.
(Jean Genet)
 
 
 

Il pubblico è tutto sui palchetti. La platea è sgombra, non ci sono poltrone. Al loro posto il tondo di un circo a strisce rosse e blu. Due passerelle curve fanno da cornice a metà della circonferenza. Sul palcoscenico il proiettore ci offre le immagini in bianco e nero del circo: acrobati, animali, persone fuori dal comune.

"Questa è la sua casa"

Racconterò, senza svelare troppo, quello che mi è accaduto partecipando a Il vecchio fango, spettacolo del Teatro dei Sensi Rosa Pristina che trae ispirazione da Pasolini e Chagall. Parlerò per me soltanto perché Il vecchio fango è un labirinto sensoriale per un viaggiatore alla volta e quello che ho vissuto in quei quarantacinque minuti è accaduto unicamente a me. C’entra il mio modo di essere e la mia immaginazione, il mio stato d’animo. Ed è proprio ciò che mi hanno chiesto all’ingresso prima di partire: “Come ti senti?” e io ho risposto: “Emozionata”.

Siria al confine

Esiste tra l’essere e il non essere uno stadio intermedio in cui il corpo riposa ma lo spirito è forse agitato e irrequieto, attento a quello che accade e presente: il coma. Se il coma si intende come estrema battaglia, resistenza alla morte, allora esso non può essere riferito soltanto all’essere umano. Omar Abusaada parla di coma per raccontare della sua Siria. Il palco del Teatro Bellini, che ospita lo spettacolo Mentre aspettavo trattiene lo spirito inquieto di una nazione che non vuole morire e resiste ai bombardamenti e ai massacri di una guerra civile definita dai personaggi stessi “assurda”.

La fame

Una volta, una vigilia di Natale, mia nonna era molto arrabbiata con tutta la famiglia e non volle toccare cibo. Rifiutava qualsiasi cosa venisse portata in tavola per la cena. Io per sbaglio avevo lasciato la videocamera accesa su un ripiano. L’avevamo usata per filmarci festosi, anche se la nonna aveva il muso. Più tardi, riguardando il filmato registrato vidi che in un momento in cui era rimasta da sola nella sala da pranzo, la nonna aveva mangiato il panettone. Questo perché la rabbia non sazia, anzi, mette appetito ma anche perché certe tradizioni, come il panettone o lo spumante la vigilia di Natale restituiscono un senso di famiglia, anche quando si è litigato, nella notte della famiglia più importante della storia.

C'è da andare al manicomio

Gli O.P.G. chiusi lo sono sempre stati. Grossi muri e reti di recinzione proteggevano la “gente normale” dai “matti”. Spesso, l’unica follia dei rinchiusi era quella di essersi trovati soli al modo. La solitudine era una colpa nei confronti di una società che avrebbe dovuto badare a una persona abbandonata, randagia, magari un minore, magai una donna. Questa e altre piccole o grandi colpe, come aver tentato di rubare un pacchetto di sigarette o essere omosessuale, tenevano le persone rinchiuse in celle piccolissime a scontare pene terribili.

Il teatro per ragazzi che serve tanto agli adulti

"Il Teatro Pubblico Campano promuove lo spettacolo, vincitore del Premio Scenario Infanzia 2014, pensato per una platea di bambini e adolescenti, e quindi programmato nelle rassegne di teatro scuola in Campania.
Il tema dello spettacolo, sull’identità di genere, ha generato, lungo la tournée italiana, reazioni forti e contrastanti, determinando la scelta, in Campania, di programmarlo in orari non tipicamente scolastici. Per la replica partenopea il Teatro Pubblico Campano ha deciso di programmare lo spettacolo in orario serale per dargli la maggiore visibilità possibile".
Uno spettacolo pensato per  ragazzi va in scena al Teatro Nuovo di sera, davanti ad una platea di adulti e un solo bambino, o almeno è l’unico che io abbia visto in sala e stava seduto proprio davanti a me.

La neve a Cuba

Ci sono bugie buone, che non fanno male. Sono bugie che mascherano la realtà donandole fascino. Una bugia è capace di rendere in un momento tutto molto più bello. L’impossibile diventa possibile e questo affascina. Quando un uomo si siede sulla poltrona di un teatro sa che sarà ingannato. È consapevole che a rivolgersi a lui saranno degli attori che hanno imparato una parte, hanno studiato le mosse. Ciò nonostante si commuove, ride, si identifica e poi con gioia applaude più volte e grida “bravi!”. Nella vita fuori dal teatro quello stesso uomo, invece, pretende che gli venga sempre detta la verità. Chiede la verità ai figli, al partner, agli amici, agli organi di informazione. “Devi dirmi la verità!” grida. In questo modo dalla sua vita tiene lontana la magia e si concentra sul reale. Ma se poi un giorno questa realtà la perdesse di vista?

Medea, così lontana, così vicina

Quella di Medea e Giasone è una casa buia, cupa. È costruita sulla sabbia come a ricordare che i due sposi sono arrivati a Corinto dal mare: lui esiliato ma greco di nascita, lei una straniera, una barbara per la prima volta a contatto con la civiltà. Le case fondate sulla sabbia non hanno basi solide, i granelli grigi sui quali è poggiato il pavimento e sui quali si alzano i muri fanno presagire un crollo. La sabbia morbida ha accolto gli sposi al loro arrivo ma l’interno della loro casa è duro e rigido.

Il miglior modo per riportare in scena un mito

L’Eni ci sta distruggendo il pianeta. Può sembrare bizzarro parlarne nella sezione teatro del Pickwick. Però posso scriverne perché l’ho visto a teatro. Ho visto la grande azienda internazionale, che si pubblicizza parlando di risparmio e rispetto per l’ambiente, avvelenare la terra e l’aria, causando la morte di animali, piante e uomini. Nel regno dell’illusione scenica, non si è voluto celare il nome dell’Eni dietro un nome inventato, fantasioso, che rimandasse a qualcosa ma non dicesse. Il nome dell’azienda italiana che si arricchisce uccidendoci è pronunciato apertamente, è lì anche nel titolo che fa riferimento ad un master organizzato dall’Eni per formare le sue future risorse umane: M.E.D.E.A. Big Oil.

Come va?

La mano di Vladimir Olshansky parla, dice che i muri sono duri e che quando si è in gabbia è difficile trovare una porta che si apra. Anche i piedi di Vladimir Olshansky parlano, di stanze strette, strade da percorrere e lunghe scale da risalire. Parlano il suo collo, la faccia, le spalle, la pancia e raccontano di stati d’animo e di emozioni.

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il Pickwick

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