“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Antonio Cataldo

Bobbio prima e dopo

Leggenda vuole che il famoso regista Marco Bellocchio scoprì, alcuni anni fa, le abbandonate prigioni del convento di san Colombano, e che venisse a conoscenza della vera storia di una monaca del luogo, che per amore di un affascinante sacerdote rispose, sventurata, ai richiami della carne. La poverina non ebbe fortuna però: il pretino, arso dal rimorso, spense le fiamme della passione gettandosi nel Trebbia, e la curia accusò la monachella di aver fatto patti col demonio, condannandola ad esser murata viva! Sì, proprio costretta a vivere in uno spazio ristrettissimo, con solo un palmo di vuoto in basso e una feritoia all’altezza degli occhi.

Angelica alla corte dei linguaggi

Cosa lega il montaggio cinematografico alla morte? Di certo viene naturale assimilare l’assenza di montaggio – un ipotetico lungo pianosequenza – con l’intera vita di ognuno: un film che inizia con la nascita, si dipana lungo le traiettorie esistenziali e termina con l’uscita di scena (la fine della vita come “fine” dell’opera). E poiché non si è ancora girato il film “totale” (i reality ne sono solo un’approssimazione, dato che agli stacchi di regia sulle numerose camere/occhi indiscreti si aggiungono gli stacchi, le interruzioni, degli spettatori, per forza di cose interessati solo a tratti all’osservazione dei concorrenti impegnati a recitare se stessi), il montaggio reca con sé necessariamente l’idea dell’interruzione, della sospensione, della manipolazione che si può operare su un testo solo dopo che è già dato, concetto conchiuso su cui operare scelte a-posteriori.

Il lupo e la strega

Che l’horror sia un genere poco adatto e conseguentemente poco frequentato dal cinema italiano degli ultimi decenni è un dato di fatto che trova più di una spiegazione. Innanzitutto la mancanza di grossi budget per mettere insieme prodotti apprezzabili dal pubblico di affezionati, abituati agli standard produttivi internazionali. Elemento che si è riscontrato per tutto il nostrano cinema di genere, con rare eccezioni (che però si riducono al solito Argento, sempre più lontano dalla maestria di un tempo, e a qualche suo discepolo).

Coppia difforme

Lo scrittore inglese James Miller presenta ad Arezzo la traduzione in italiano di un suo libro dedicato al valore delle copie nel mondo dell’arte, Copia conforme, nato dalle sue precedenti frequentazioni fiorentine (ed italiane, in generale). Una gallerista francese – con figlio adolescente a carico – che vive in Toscana è affascinata dalle sue teorie e lo invita a visitare il paese di Lucignano, dove risiede un dipinto creduto un originale d’epoca romana per ben due secoli (fino alla definitiva attribuzione ad un falsario napoletano del XVIII secolo fatta nel secondo dopoguerra).

Cuore di cani

Primo full lenght (dopo due ep, Cardiocadute Ep e Canzoni per organo a cane) per un nuovo gruppo proveniente dalla provincia di Verbania, i DON Rodriguez: L’Indimenticane propone ben quattordici pezzi per i tipi della Dischi Soviet Studio, etichetta di Cittadella (PD) dedita alla promozione delle giovani realtà musicali del territorio, godendo della distribuzione di Audioglobe.

Solo musica e aridità

Sostiene Paolo Sorrentino che il suo interesse non è quello di illustrare storie basate su soggetti ben delineati, su episodi clou delle vite dei personaggi, ma di dar voce (e importanza) ad esistenze (o a loro tranci) che si svolgono nella naturalità e complessità del quotidiano. Una dichiarazione non lontana, almeno a grandi linee, dal pedinamento zavattiniano – che però si è sempre basato su narrazioni lineari incentrate su momenti di svolta nelle vicende dei personaggi. Non è neanche riconducibile ad una – per lui inedita – esigenza di realismo. È più che altro un desiderio di prendersi il tempo necessario a riprodurre le esitazioni, gli intralci, gli inciampi che spezzano la dittatura di una scrittura che costringe la messa in scena in percorsi prestabiliti.

I racconti di zio Matteo

La suggestiva e riuscita scena della carrozza con cui si apriva Reality (prima che la macchina da presa svelasse la “realtà” della situazione narrata, quel matrimonio in un noto complesso alberghiero che sicuramente ha destato in Campania il riso del pubblico medio-alto, destinatario naturale del film) potrebbe aver indirizzato il regista romano a concentrare gli sforzi nell’illustrazione di un’epopea fiabesca a tutti gli effetti.

Il maestro e Margherita

Non ricordo bene se l’arredamento della casa di Michele Apicella in Io sono un autarchico sia lo stesso di quello usato come scenografia della casa di famiglia nell’ultima fatica di Moretti Mia madre (pare che l’appartamento non sia lo stesso, ma i libri, e forse anche alcuni arredi sì), ma allo spettatore più attento non sarà sfuggita la forte somiglianza tra questi ambienti ricostruiti per l’occasione e la casa del protagonista in Ecce bombo.

Effetto Alba

Per La Voce dell’Autore – la visione del film accompagnata dal suo autore – lo Zia Lidia Social Club ha ospitato la regista e sceneggiatrice casertana Barbara Rossi Prudente che ha presenziato alla proiezione e al dibattito del suo Esterno sera.
Alba corre nella notte contro le macchine su una strada di periferia. Con una cuffia da piscina e occhiali da sole, sfida la sorte e gli ignari automobilisti: se ce la farà, saranno soldi guadagnati. Eppure un lavoro ce l’ha, a venticinque anni, figlia di famiglia media di un piccolo centro tra Napoli e Caserta.

La donna con la macchina da presa

Continuano le proposte dello Zia Lidia Social Club ad Avellino, presso la Sala Prove dell’Orchestra del Teatro Carlo Gesualdo: in occasione dell’otto marzo si omaggia una grande donna di cinema.
Les Plages d’Agnès è l’ultimo lungometraggio di Agnes Varda, uscito nel 2008 a celebrare gli ottant’anni della regista. Celebrazione insolita: è la stessa Varda a prendere la parola e a narrare in prima persona i ricordi lungo la linea diretta del tempo, donna con la macchina da presa e al contempo argomento d’indagine, attrice di una parte che conosce bene ma esente da qualsiasi tentazione di autocelebrazione.

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il Pickwick

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