“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 12 December 2013 00:00

Tragedie dello sfinimento

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Rabbia, risentimenti, lenti tasselli della cornice del vuoto sociale dell’uomo: lo spettacolo di Luciano Melchionna al Teatro Bellini riempie la sala con un dramma d’interno. La scrittura scenica è presa dall’opera di John Osborne, presentata per la prima volta a Londra nel 1956 ed intitolata Ricorda con rabbia. Più che il tema del ricordo è prorompente l’evidenza socio-psicologica dell’uomo insoddisfatto, che non si sente al suo posto e nella sua epoca e che sfoga il suo malessere interno, i segni del suo passato e la denuncia della difficoltà delle relazioni umane e sociali.

La drammaturgia di Osborne rimase nei cartelloni londinesi ben diciotto mesi rivelando così un forte interesse e coinvolgimento da parte del pubblico. Non a caso anche il pubblico del Teatro Bellini di Napoli si è sentito coinvolto, esplodendo in un fortissimo e duraturo applauso alla fine dello spettacolo. L’energia degli attori è molto forte e le dinamiche sociali sembrano scontate, ma i sentimenti che ne sono dietro sono la chiave di lettura dell’opera.
In una soffitta-magazzino di un negozio di elettrodomestici – simbolo dell’aborrito consumismo – vivono due uomini, Jimmy e Cliff, ed una donna, Alison. Jimmy è il marito di Alison, un uomo davvero pieno di rancore e risentimento verso la vita e che “vomita” la sua sofferenza addosso a Cliff che si autodefinisce “il signor niente” e che vive con lui perché ha paura di lasciarlo solo, ed a sua moglie, una donna di famiglia benestante che ha deciso di distaccarsi dal suo tenore di vita per l’amore (o almeno così crede) verso suo marito.
Le vicende sono molto banali e quotidiane: nella casa vige la legge dello sfogo di Jimmy, che rivendica le sue scelte, ovvero una moglie passiva e poco “rivoluzionaria” come lui, nonostante la ami moltissimo. Alison, non si ribella mai alla situazione che vive ogni giorno, è anche incinta e non riesce a dirlo a suo marito, vive nell’affetto dell’amico Cliff.
A smuovere la situazione è l’amica-attrice Helena, che piomba in città per fare delle prove di uno spettacolo e viene ospitata a casa loro. La donna decide di aiutare l’amica a liberarsi della sofferenza di avere un marito come Jimmy e riesce a convincerla, ma il suo si rivela un doppio fine. Infatti, Helena voleva ottenere Jimmy per il quale nutriva un forte amore mascherato davanti agli altri dall’odio. Ecco il buio. Secondo atto.
La scena si riapre come l’inizio: i due uomini seduti a leggere il giornale e la donna che stira. Questa volta è Helena che svolge le mansioni domestiche: si è sostituita all’amica, più forte e determinata di lei. Dice: “Io capisco come è fatto Jimmy: è costretto a vivere un’epoca che non è la sua e per questo soffre”.
Al ritorno di Alison, che finalmente si sfoga con l’ex marito e rivela la profonda sofferenza di aver perso qualcosa di importante, il loro figlio, Helena decide di andarsene e Jimmy, come un bambino, ritorna tra le braccia di sua moglie.
Questo dramma mette in scena personaggi destinati ad andare verso il baratro delle proprie sofferenze, è una tragedia dello sfinimento e della solitudine. Gli uomini sono delle monadi, non comunicano, non conoscono affetto, solo rabbia e sofferenza, energia negativa che non riescono a rigenerare. Solo alla fine riescono ad invertire il loro destino: Alison riesce a sfogare la sua rabbia al marito, Jimmy, a sua volta, riesce a placarla, Helena ritorna alla sua vita, Cliff se la crea.
Il riscatto avviene tra lanci di pupazzi e ricordi che finalmente affiorano alla vita di ognuno di loro e tutta la tragedia finisce nella normalità, ovvero nel ristabilimento e nella rideterminazione di ciò che è giusto, naturale, dove ognuno sente la gioia e la sofferenza dell’altro, senza invasioni e scambi di spazi e sentimenti.
Il coinvolgimento emotivo di Daniele Russo (Jimmy), la cui parte è quella più rabbiosa, isterica e faticosa, è davvero forte, vive la tragedia con le parole e con il corpo. Lo si vede ancora nel fatto che, alla conclusione dello spettacolo, ha ancora tanta energia che gli circola nel corpo e nel respiro.

 

 

 

Ricorda con rabbia
di
John Osborne
traduzione e adattamento Luciano Melchionna, Gabriella Schina
regia Luciano Melchionna
con Stefania Rocca, Daniele Russo, Marco Mario de Notaris, Sylvia De Fanti
scene Francesco Ghisu
costumi Michela Marino
luci Camilla Piccioni
consulenza musicale Giovanni Block
foto di scena Domenico Summa
durata 2h
Napoli, Teatro Bellini, 10 dicembre 2013
in scena dal 10 al 15 dicembre 2013

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