“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 28 July 2013 02:00

Martin Scorsese. Il regista del tormento

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Violenza, ossessione, tormento, paura, alienazione, c’è solo un uomo che ha saputo dare con maestria il volto ai peccati dell’animo umano: Martin Scorsese. Il padre della New Hollywood nasce a Long Island. Appartenente alla media classe borghese, figlio di operai italiani (per la precisione siciliani) sbarcati sulla costa del Nuovo Mondo nel 1910, il piccolo Martin vive in un mondo costruito sulla spiritualità, sulla devozione e sulla fede. Il tempo trascorre e, nonostante la passione per il cinema che ormai già arieggia nella sua mente, le giornate passano in chiesa come chierichetto e fra le calorose e affollate strade di Little Italy. Martin non è un ragazzo estroverso e, complice anche l’asma, è costretto a rinunciare a tutte le attività ricreativo-sportive a cui prendono parte i suoi coetanei.

Non ha una cinepresa ma, ciò nonostante, per dare sfogo alla sua passione disegna lunghissimi storyboard di “film” sontuosi. È buffo pensare, oggigiorno, che quello che noi tutti conosciamo come l’immenso autore di colossal come Casinò e Quei bravi ragazzi, un tempo doveva diventare prete, o reverendo come preferiscono gli americani. Eppure è proprio così. Dopo aver frequentato la Old St. Patrick’s Cathedral, Martin decide di iscriversi al seminario. La vocazione dura poco. Espulso perché accusato di una relazione extra-spirituale con una ragazza in carne ed ossa, Martin compie la scelta più giusta della sua vita, quella di iscriversi al corso di cinematografia presso la New York University che lo formerà, come lui stesso ha affermato, culturalmente e cinematograficamente. Questi sono gli anni dei primi cortometraggi. Dopo Vesuvius VI, ideato e diretto quando era ancora al liceo, dedica il suo tempo ad altri cortometraggi che diverranno simbolo della nuova scena cinematografica, conosciuta da tutti come New Hollywood. Basti pensare a Che sta facendo una ragazza carina come te in un posto come questo?, cortometraggio-omaggio all’amata Nouvelle Vague francese, o a Non sei proprio tu, Murray?, o al grande corto The Big Shave che noi conosciamo con il titolo italiano de La grande rasatura. Ambientato interamente in un bagno, in quest’ultimo vi è rappresentato un ragazzo che si rade la barba fino a sgozzarsi la gola. Allegoria di un giovane soldato che preferisce uccidersi, piuttosto che partire per l’insensata guerra nel Vietnam, nel corto sono già presenti i classici temi che caratterizzeranno Scorsese nei prossimi trent’anni: violenza, alienazione, introspezione ma, soprattutto, l’amatissima musica jazz che innaffia, come sempre, ogni pellicola del regista italo-americano.
Il primo lungometraggio, Chi sta bussando alla mia porta? (1969), annovera la collaborazione dell’attore Hervey Keitel, della produttrice Barbara De Fina e della montatrice Thelma Schoonmaker.
Legato sentimentalmente, prima con Laraine Brennan e poi con la produttrice Sandy Weintraub, la carriera del giovane regista comincia a decollare nel 1970 quando entra in amicizia con il produttore Roger Corman che lo fa diventare assistente regista per Michael Wadleigh, che proprio in quegli anni stava girando un documentario su Woodstock. Grazie a tale esperienza come supervisore del montaggio, il giovane Scorsese conosce alcuni dei più grandi big della musica mondiale come Bowie, Dylan, Presley e Hendrix. Sempre nel 1970 dirige il documentario Scene di strada 1970. È, dunque, bene ricordare che il documentario ha sempre caratterizzato la carriera del regista che, amante della musica e del cinema, non ha risparmiato di intraprendere veri e propri viaggi nelle vite e nei trascorsi di “simboli” della nostra società: tra questi il famosissimo Il mio viaggio in Italia ed il più recente George Harrison − Living in the material world.
Sta nascendo così una nuova promessa che, sempre sotto il protettorato del produttore Roger Corman, comincia a dedicarsi a pellicole action; nel 1972 esce 1929 – Sterminateli senza pietà con Barbara Hershey e David Carradine e Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno con l’ormai amico Keitel e la sua nuova musa ispiratrice: Robert De Niro. Proprio il successo di quest’ultima pellicola convince la produzione ad affidargli quello che diverrà il film cult di un’intera generazione: Taxi Driver. Ma ciò avverrà nel 1976, l’anno successivo alla direzione del drammatico Alice non abita più qui con Ellen Burstyn, presentato in concorso al prestigioso Festival di Cannes.
Ma torniamo al 1976 ed al capolavoro Taxi Driver. pochi sanno che se l’opera emblema di Scorsese riesce a materializzarsi in immagini è merito di un ormai già famoso Brian De Palma che presenta il copione del film al regista e sceneggiatore Paul Schrader. Autobiografico e scritto solamente in dieci giorni, Taxi Driver è la storia di un veterano di guerra che, soffrendo d’insonnia, decide di diventare tassista notturno. In una Manhattan oscura, illuminata solo dai fari delle auto, il protagonista rispecchia lo stato d’animo della società odierna, alienata e senza un apparente senso della vita.
In questi anni Scorsese si lega sentimentalmente a Liza Minelli che porterà sullo schermo con il musical/flop New York, New York (1977).
Tre anni dopo, nel 1980, Scorsese firma il suo secondo capolavoro, Toro Scatenato. Storia di un pugile realmente esistito, Jake La Motta, il film è un affresco della società italo-americana irradiata negli Stati Uniti che, tra sogni e tormenti, cerca il riscatto. Il film rimane alla storia per molteplici ragioni. Il lungometraggio è tuttora considerato uno dei capolavori in assoluto della storia del cinema e, pertanto, conservato nel “Museo del cinema mondiale”, la National Film Registry. Sempre con questo film, sia Scorsese che l’attore spalla di De Niro, l’irriverente Joe Pesci, furono candidati all’Oscar, peraltro vinto solo da quest’ultimo.
Pochi anni dopo l’uscita del film, il cineasta s’innamora di Isabella Rossellini, figlia del grande Roberto. Insieme appariranno come attori nel film di Renzo Arbore Il Pap’occhio (1980). Sono questi gli anni della vittoria della Palma d’Oro per il lungometraggio Re per una notte (1983) e quelli di Fuori Orario (1985) ed Il colore dei soldi (1986).
Lasciata la Rossellini, che a sua volta si legherà ad un altro immenso cineasta quale David Lynch, Scorsese sposa la sua produttrice, la già ricordata De Fina, e prende parte al progetto New York Stories (1989), una pellicola divisa in molteplici episodi ognuna girata da un director newyorkese.
Uno dei progetti che ha sempre affascinato il cattolico regista di Long Island è quello di girare un film sulla vita di Gesù. L’occasione si presenta quando a Scorsese perviene il romanzo L’ultima tentazione di Cristo del poeta e scrittore greco Nikos Kazantzakis: è da esso che è tratto il film. L’esito non è di quelli sperati. Nonostante il grande successo di pubblico e di critica, associazioni cattoliche, preti, movimenti integralisti cristiani e perfino la Chiesa stessa si scagliano contro Scorsese e il suo prodotto, accusato di essere non veritiero e diffamatorio. Ma, nonostante la pressione degli integralisti, la Universal non decide di ritirare il film. Per Scorsese è un successo personale, tanto da essere chiamato per l’ennesima volta alla premiazione degli Oscar.
Quando, oggigiorno, si parla di Martin Scorsese viene in mente un unico film: Quei bravi ragazzi. Conosciuto anche con il titolo originale Goodfellas, il film si pone in quella piccola cerchia di lungometraggi, comunemente conosciuti come mafia-movies, che fanno parte della filmografia di ognuno di noi. Tutti hanno visto la saga de Il Padrino, tutti hanno visto Scarface, tutti hanno visto Quei bravi ragazzi. La storia è nota; è bene ricordare, invece, che la tecnica di regia così movimentata, con la tipica voce onnipresente fuori campo, non è idea di Scorsese, che ne fece uno stile proprio, bensì influenza della già osannata Nouvelle Vague. Basti pensare al bellissimo Jules e Jim di Truffaut.
Al colosso Goodfellas seguono altre pellicole, alcune più commerciali (Cape Fear – Il promontorio della paura) ed altre più sofisticate (Casinò, che gli fece guadagnare il Leone d’Oro alla carriera), tutte però con la sana dose di volenza e di sangue che farebbe impallidire persino Quentin Tarantino. L’unico film in cui la violenza trattata è più psicologica che materiale è L’età dell’innocenza con Michelle Pfeiffer, Wynona Ryder e Daniel Day-Lewis. Intrighi, tradimenti, ipocrisie, tormentati benpensanti e benestanti sono i “protagonisti” di questo dramma ambientato nella New York di fine Ottocento. L’opera – omaggio alla poetica di Luchino Visconti – a causa della sua diversità, ottenne un successo più di critica che di pubblico.
Siamo giunti agli anni 2000. All’esperienza discordante de L’età dell’innocenza, seguono alcuni documentari ed altre pellicole che attirano − come i produttori impongono − più il pubblico che le croisette di tutto il mondo.
Nel 2002 esce Gangs of New York. Questo film (girato completamente a Cinecittà, che ha deciso di non rimuovere la scenografia, tutt’oggi visitabile) non rappresenta solo il ritorno – per la felicità di tutti i fans del regista – ad un cinema permeato di violenza e ossessione, bensì anche l’incontro con la nuova musa ispiratrice di Scorsese: Leonardo Di Caprio. Bravo, intenso e passionale, l’attore viene scelto da Scorsese anche per le sue tre pellicole successive: The Aviator (2004), The Departed – Il bene e il male (2006) e Shutter Island (2010).
L’ultima opera del regista è Hugo Cabret (2011), storia di un giovane orfano che, nella Parigi degli anni Venti, con le sue avventure risolleva il morale all’inventore del cinema fantascientifico, Georges Melies.
C’è chi si fa di droghe, dunque, e chi, invece, decide di vedere un film di Martin Scorsese. Un lunghissimo viaggio all’interno dell’animo umano, quello del regista siculo-americano, incapace di farsi bastare la bellezza della natura (prodotta, a detta sua, da Dio) e che sfocia inesorabilmente nella violenza. Scorsese, come buon narratore e, soprattutto, come sapiente osservatore della nostra società, decide di descrivere l’uomo, le sue paure più recondite, avendo capito ormai che è l’arte (e in particolare il cinema) lo specchio con cui ci confrontiamo, con cui capiamo la nostra essenza. Ma non è solo Dio il fulcro della sua costante ispirazione. L’uomo pone a se stesso dei limiti con cui ogni giorno è costretto a confrontarsi. Un finto perbenismo che ci ha logorato per anni e che è alla base, oggi, del nostro consueto stile di vita. Un mondo, il nostro, dominato dalle apparenze, dall’ossessione degli altri. E, sebbene Scorsese identifichi l’apice dell’ipocrita perbenismo nella classe borghese, ogni sua opera dimostra che l’uomo, in nome di un ideale che non esiste, di una regola che non c’è, sarebbe capace, senza consapevolezza delle conseguenze, di ritornare alla sua essenza animale.
Tralasciando inutili giri di parole, la sostanza di colui che ha dato vita, e che continua a dare vita, alle estasi ed ai tormenti della nostra società può riassumersi nel “monito” che lui stesso impone a tutti i giornalisti e critici che tentano – inutilmente − di penetrarlo: “I film sono la mia vita, e questo è tutto”. Ai posteri l’ardua sentenza.

 

 

 

Filmografia:
Chi sta bussando alla mia porta? (Who's That Knocking at My Door) (1969)
America 1929 – Sterminateli senza pietà (Boxcar Bertha) (1972)
Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno (Mean Streets) (1973)
Alice non abita più qui (Alice Doesn't Live Here Anymore) (1975)
Taxi Driver (1976)
New York, New York (1977)
Toro Scatenato (Raging Bull) (1980)
Re per una notte (The King of Comedy) (1983)
Fuori orario (After Hours) (1985)
Il colore dei soldi (The Color of Money) (1986)
L’ultima tentazione di Cristo (The Last Temptation of Christ) (1988)
New York Stories (1989)
Quei bravi ragazzi (Goodfellas) (1990)
Cape Fear – Il promontorio della paura (Cape Fear) (1991)
L’età dell’innocenza (The Age of Innocence) (1993)
Casinò (Casino) (1995)
Gangs of New York (2002)
The Aviator (2004)
The Departed – Il bene e il male (The Departed) (2006)
Shutter Island (2010)
Hugo Cabret (Hugo) (2011)

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