“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 19 July 2013 02:00

"Maratona" Bausch al San Carlo di Napoli

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Per ricordare il quarto anniversario della scomparsa della fondatrice, il Tanztheater Wuppertal Pina Baush è tornato in Italia, tra giugno e luglio, con una tappa al Teatro Petruzzelli di Bari (nella quale si è esibito in Sweet Mambo) ed una al San Carlo di Napoli, ove ha proposto nel medesimo spettacolo due tra i suoi più noti lavori coreografici: Café Muller e La sagra della primavera, classici della danza contemporanea del Novecento, pietre miliari in quell’universo autoriale, definito da molti “bauschiano”, che è il  teatro-danza.
I due titoli portati in scena sullo storico e regale palcoscenico partenopeo, nonostante la diversa fisionomia (il primo più teatrale ed il secondo più tecnico e dinamico), mostrano l’ideale espressivo ed il linguaggio quotidiano del corpo che contraddistinguono ed accomunano tutte le opere firmate dalla grande coreografa e che catturano il pubblico per la forte emozionalità.

Café Muller è forse l’unico lavoro autobiografico nel repertorio del Wuppertal, il quale conta esclusivamente stücke che non esplicitano un senso preciso e dove i gesti non si riducono a semplici “significati”, ma sottintendono una drammaturgia costante ed autonoma, liberamente interpretabile.
L’opera racconta di un dramma universale e, attraverso gesti semplici e puri, richiama ad un forte immaginario sociale ed individuale, rivelando la ricchezza interiore della Bausch, la quale non ha tempo. Sebbene la creazione risalga alla fine degli anni '70, le tematiche sono molto attuali ed il disegno stilistico, dallo schema semplice e ripetitivo, non smette mai di rivelare immagini e sensazioni che aprono una molteplicità di porte e mondi.
L’ambientazione è un Caffè notturno della Germania postbellica (il locale che gestiva August Bausch, padre della coreografa) con numerose sedie e tavolini scuri, una porta girevole e pareti trasparenti, una scena apparentemente rilassata che può far pensare ad un intento comico, ma si rivela dopo pochi minuti un luogo grigio e dalla prospettiva profonda, che suscita un senso di lontananza spazio-temporale.
Una leggera comicità infatti è presente in diversi punti della partitura, ma la tragica carica espressiva è sublime e sovrana, come la musica di Henry Purcell che fa da sottofondo.
La pièce racconta dell’incomunicabilità tra gli uomini ed in particolare tra l’uomo e la donna, come denuncia ad una società (quella degli anni '70-'80, ma con ottima adattabilità al nostro tempo) in cui sembrava che si vivesse da sonnambuli, ciechi, radicati solamente a se stessi ed a poche e limitate possibilità di vita.
Le donne indossano vesti candide e leggere (camicie da notte), sembrano anime che vagano attratte bruscamente, come una calamita, verso le periferie ed i limiti dello spazio scenico.
Tutto ciò che accade sul palco, tra sedie e tavolini che un uomo insiste a rovesciare violentemente al pavimento, è labilità, caduta, manipolazione e la ricerca dell'amore come legame profondo risulta essere irraggiungibile, incontra continui limiti ed ostacoli, barriere di energia che ogni tanto gli interpreti cercano di infrangere. I corpi degli attori-danzatori tentano di sostenersi ed essere sostenuti ma spesso scivolano oppure restano radicati negli angoli più bui del perimetro.
Perno della narrazione è una donna solitaria che non riesce mai a lasciarsi andare al contatto e vive perennemente in un sonno profondo (per tutto il tempo danza i suoi piccoli gesti senza mai aprire gli occhi).
La danzatrice in questione è Helena Pikon, molto somigliante a Pina Bausch, il che genera un sapore di amaro dato che la stessa coreografa in passato ne ricopriva il ruolo, interpretando personali emozioni.
Qualità di movimento e racconto espressivo richiamano ad un universo sensoriale molto tangibile, infatti nonostante il gusto tipicamente tedesco ed espressionista di questo “quadro in movimento”, la forte attualità e veridicità regalano al pubblico una visione magnetica, coinvolgendolo inaspettatamente in maniera totale.
Cafè Müller è proposto al San Carlo con gli stessi danzatori che ne hanno vissuto la creazione, traducendo attraverso il corpo la sensibilità forte e sottile della Bausch, cosa che porteranno sempre dentro di loro come prezioso bagaglio di umanità.

 

 

Il 29 Maggio 2013 è stato il centenario de Le Sacre du Printemps, balletto partorito dall’estro coreografico di Vaslav Nijinskij, vero mito dei Ballets Russes, sulle rivoluzionarie note composte da Igor Stravinskij. Tantissimi i teatri che hanno celebrato l’evento con omaggi e rassegne, primo fra tutti il Théâtre des Champs-Élysées di Parigi, dove la prima rappresentazione mondiale del 1913, ne sconvolse il pubblico per i costumi “barbarici”, le danze pagane e le sonorità instabili.
Da allora, nel corso del XX secolo sono stati innumerevoli i coreografi che hanno accettato la sfida di rivisitare l’opera epocale, molti dei quali in effetti hanno segnato per sempre la storia del balletto contemporaneo. Basti pensare a Martha Graham, Hans van Manen, Maurice Bèjart (per citare i più noti) o tra i più recenti Angelin Preljocaj e Bill T. Jones.
Pina Baush mise in scena la sua versione della Sagra nel 1975 e quest’anno, in occasione del centenario, è stata inserita nel cartellone di quello stesso teatro parigino che la vide “sbocciare” e in Italia, nel programma estivo del San Carlo di Napoli.
In questa, l’antica leggenda slava che richiedeva il sacrificio di una vergine per favorire un ricco raccolto, rivive su un vero tappeto di terra umida, illuminata da semplici proiettori a taglio posti visibilmente sul palco fuori dalle quinte teatrali.
Adagiata al suolo una veste rossa preannuncia l’inquietante sorte destinata ad una sola fanciulla che sarà la prescelta tra il numeroso gruppo di danzatrici.
Iniziano a manifestarsi danze dal carattere ritualistico che tutto sommato sembrano lasciare ampio spazio ad elementi tecnici e alla bellezza delle linee.
Il grande gruppo di donne (il più delle volte vicinissime fra loro a tal punto da sembrare un unico organo pulsante durante l’esecuzione dei passi) esprime la propria fragilità di genere con evidente timore e preoccupazione per ciò che sta accadendo sul luogo, e mantiene la distanza dagli uomini che invece ostentano la loro potenza ed il loro dominio con movimenti energici al limite del virtuosismo.
Entrambe le fazioni sfiorano spesso il contatto come se fossero attratte misteriosamente fra loro nonostante gli evidenti atteggiamenti di repulsione e diffidenza.
Le dinamiche di movimento pensate dalla Bausch acquistano quel qualcosa di mistico e spettacolare grazie agli effetti che la polvere causa in seguito allo spostamento dei corpi nello spazio: la terra si attacca alla pelle dei performer sfigurandone il viso, disegna tracce e percorsi, ricopre l’aria di una coltre di nubi rosse che rendono l’atmosfera tesa e suggestiva.
L’energia sale fino ad un punto tale da condurre il pubblico al limite dell’eccitazione, lo rende partecipe del terrore che vi si legge sul viso delle fanciulle, e le pause musicali (che corrispondono il più delle volte a dei lock coreografici) insieme alle bizzarre melodie ascendenti di Stravinskij creano nell’azione attese interessanti. È come se ad attimi di quiete nei quali i danzatori si osservano e scrutano a vicenda, si alternassero lunghe e drammatiche scene dalla forte carica selvaggia, che culminano nella fatidica scelta della vergine che rimane in panico e spaesata di fronte al destino imminente.
Costei è una danzatrice dai tratti asiatici, bassa di statura e molto esile, perfetta per interpretare del resto il ruolo della più giovane. Ciononostante, subito dopo che l’uomo più anziano del gruppo la conduce al centro per farle indossare la veste rossa, non manca di dimostrare la propria presenza scenica impossessandosi del palco in un lungo assolo circondato dagli sguardi indifferenti e traditori di tutti i membri della compagnia. Una danza sacrificale, quella dell’Eletta che sporca e seminuda esaspera i movimenti fino a consumare le proprie forze lasciandosi cadere esanime al suolo.
Al termine della serata, di fronte a questi due capolavori, gli spettatori hanno percepito uno scambio artistico e di energia molto forte tra chi era a raccontare sul palcoscenico e chi in platea a goderne, tanto è vero che il calore dei napoletani si è manifestato in ben quindici minuti di plauso.
Il Teatro d’Opera più antico del mondo ha finalmente ricominciato ad aprirsi e ad accogliere una maggiore varietà di spettacoli che permettono di contribuire alla formazione e all’informazione dell’utenza, che a Napoli dopotutto, deve ancora consolidarsi.

 

 

 

Teatro di San Carlo - Stagione di Balletto 2012-2013
Cafè Muller. Un pezzo di Pina Bausch
regia e coreografia  Pina Bausch
musica Henry Purcell
scene e costumi  Rolf Borzik
interpreti Helena Pikon, Dominique Mercy, Barbara Kaufmann, Jean-Laurent Sasportes, Michael Strecker, Azusa Seyama/ Aida Vainieri

 

La Sagra della Primavera (Le Sacre Du Printemps)
regia e coreografia Pina Bausch
musica Igor Stravinskij
scene e costumi  Rolf Borzik
collaboratori Marion Cito, Hans Pop
interpreti Pablo Aran Gimeno, Rainer Behr, Andrey Berezin, Damiano Ottavio Bigi, Wladislav Bondarenko, Luiza Braz Batista, Lea Burkart, Ching – Yu Chi, Aleš Čuček, Da Soul Chung, Ji-Hye Chung, Clémentine Deluy, Darwin Diaz, Cagdas Ermis, Silvia Farias Heredia, Mareike Franz, Chrystel Guillebeaud, Paul Hess, Ditta Miranda Jasjfi, Scott David Jennings, Daphnis Kokkinos, Kyungwoo Kwon, Thusnelda Mercy, Cristiana Morganti, Blanca Noguerol Ramirez, Jorge Puerta Armenta, Franko Schmidt, Azusa Seyama, Julian Stierle, Michael Strecker, Fernando Suels Mendoza, Tsai-Weii Tien, Anna Wehsarg, Paul White, Tsai-Chin Yu, Sergey Zhukov
Napoli, Teatro San Carlo, 13 luglio 2013
in scena dall'11 al 14 luglio 2013

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