“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 30 June 2013 02:00

La Nuova Hollywood – Dal riscatto alla presa di potere

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Quando parliamo di New Hollywood dobbiamo saper contestualizzare. Considerato uno dei più importanti movimenti cinematografici, la New Hollywood (o Hollywood Renaissance, come fu in seguito definita) è stata in realtà una corrente che ha abbracciato un lasso di tempo piuttosto vasto e ricco di mutamenti che va dagli anni Sessanta agli Ottanta. Ci sovvengono, a proposito di esso, alcuni registi ormai oggetto di culto e di tale statura da aver mutato l’immaginario collettivo: Scorsese, De Palma, Coppola, Spielberg, Lucas, Altman. Ma l’America sul piano cinematografico non ha attraversato solo questa rinascita estemporanea, possiamo anzi sostenere che essa si pone, a prescindere dagli esiti, in continuo “rinascimento”: c’è una fioritura di generi, costante, dettata da leggi di mercato, botteghini, prestigio e tanti tanti soldi. Non dobbiamo mai dimenticare che in America il cinema è industria e dunque, come per ogni industria che si rispetti, si tratta pur sempre di creare un prodotto che soddisfi il cliente.

 

 

1967. Benjamin Braddock, fresco laureato, invece di divertirsi con gli amici, è alle prese con una donna molto più grande di lui.
1967. Ancora. Bonnie Parker e Clyde Barrow sono annoiati dalla vita. Per questo motivo, decidono di delinquere rapinando negozi, banche ed auto.
1969. Wyatt e Billy, con i loro lunghi capelli al vento, sfrecciano per le strade della California a bordo dei loro chopper.

 

Cosa hanno in comune questi tre protagonisti estratti dai rispettivi film Il laureato, Gangster Story ed Easy Rider? Sono coloro che hanno rivoluzionato il mondo del cinema statunitense. Sì, perché è con le loro ossessioni, introspezioni, sogni, incubi e desideri che il cinema − allora abituato ai western, ai melodrammi ed ai noir – comincia ad assaporare quelli che diventeranno i temi cardine di tutti gli anni Sessanta: la delinquenza giovanile, la voglia di riscatto o di libertà, la sensualità, la ricerca del sogno (quello americano), l’omosessualità, il razzismo, la tossicodipendenza.
Il mondo che ruota intorno alla celluloide è sempre un’incognita. Ma se c’è una regola universale, è che il cinema – per quanto riguarda protagonisti e tematiche – non prende mai iniziative personali: tutto ciò che vediamo, persino oggi, è frutto di quello che siamo, di quello che vorremmo essere, dei nostri valori, di quelli che dovremmo avere. E, dunque, perché mettere in scena disagi, problemi, sogni infranti? Perché tutto questo masochismo? La risposta è semplice: perché in quegli anni tutto ciò che era su celluloide lo si viveva per strada. Il movimento dei diritti civili, le rivolte razziali, il black power, gli hippy, le droghe, il Vietnam, il femminismo, i Kennedy, Martin Luther King, Nixon, il Watergate… Si tratta di un periodo di profondi mutamenti, in cui la società americana si è sentita per la prima volta fragile, insicura, indifesa. Ma chi furono i veri protagonisti di quegli anni? Soprattutto i giovani, che con le loro speranze e con i loro sogni (talvolta troppo materiali) raggiunsero un potere enorme. È inutile ricordare, infatti, il movimento studentesco, la Nuova Sinistra, la moda pop, i “figli dei fiori”, il radicalismo diffuso, l’uccisione di studenti all’università del Kent State, gli scontri fra le strade di Chicago. Si tratta di eventi che segnarono gli umori del Paese a stelle e strisce.
Ma riprendiamo i fili del nostro discorso. Come abbiamo detto, i protagonisti di questa scena storica sono i giovani. Il primo film che inaugurò la stagione della New Hollywood vede come protagonista proprio un giovane: è Benjamin Braddock, de Il laureato di Mike Nichols, studente modello, benestante e appena laureato. La sua vita cambia proprio il giorno della laurea quando, alla festa in suo onore, si innamora della socia di suo padre, la signora Robinson, più matura di lui, sposata e con una figlia a carico. Ne sortisce una tormentosa storia costellata di intrighi e fughe che culminano in un sorriso monnalisiano stampato sulla faccia di Benjamin.
Più crudo, invece, è il film di Arthur Penn, Gangster Story. Ispirato ad un fatto realmente accaduto, l’inseguimento e la cattura di una delle coppie più famose della storia del crimine, Bonnie e Clyde, il film si pone come punto di rottura in una società permeata, fino ad allora, di buoni e sani valori. Rapine, inseguimenti e sangue non sono mai mancati nel cinema, ma la disinvoltura delle azioni criminose dell’affascinante Faye Dunaway e del carismatico Warren Beatty resero la pellicola scandalosa, irritante ed unica nel suo genere.
Poi c’è Easy Rider di Dennis Hopper. Due motociclisti rompono le barriere del sogno americano in cerca di libertà, emozioni forti e spericolatezza. Scenografie mozzafiato, locali osé, litri di birra. Un film che fece sognare generazioni di adolescenti, ma che soprattutto li spinse ad affrontare le proprie paure in cerca di riscatto.
Fino ad ora abbiamo parlato della Nuova Hollywood solo in chiave tematica, d’altronde è un movimento socioculturale prima che cinematografico. Ma come si è arrivati a capire che il pubblico desiderava questo genere di film, questi protagonisti e soprattutto queste storie così crude e violente? Per rispondere a tale domanda dobbiamo fare un passo indietro e dobbiamo spostarci nel Vecchio Continente, in particolare in Francia ed in Italia.
Anni Cinquanta. La guerra è appena finita. In Italia una manciata di registi, ispirandosi al crudo realismo di Ungaretti, Saba e Quasimodo, tramutano quei versi in fotogrammi dando inizio alla fortunata era del Neorealismo. Stiamo parlando di De Sica, Rossellini, Visconti, nomi mastodontici ed apprezzati in tutto il globo. La cruda realtà delle loro immagini affascina il mondo intero. Film come Paisà, La ciociara, Sciuscià, I bambini ci guardano, Umberto D., Roma città aperta, lasciano sgomenti in molti, questo perché la guerra è appena finita, la ricostruzione sta avvenendo sì, ma ancora lentamente, e nel ricordo della gente il rimbombo delle artiglierie è ancora vivido. Gli italiani, paradossalmente, vogliono rivivere l’orrore al cinema, forse per esorcizzare le proprie paure o forse per ricordare che loro sono stati più fortunati dei compagni, figli, mariti, morti durante la guerra.
Ma spostiamoci in Francia. Qui la condizione socioculturale è diversa. La gente non vuole rivivere l’orrore al cinema ma, anzi, vuole dimenticarsene. Lo fa grazie alla magia tecnica ed onirica di Truffaut e di tutti quei registi che hanno dato vita alla Nouvelle Vague. Tematiche, quelle della Nouvelle Vague, che hanno anch’esse modificato il mondo del cinema influenzando, poi, vere e proprie divinità (per come tutt’ora sono visti), primo fra tutti Federico Fellini.
Ebbene, seppur oggi sia difficile crederlo, c’è stato un tempo in cui il grande cinema si faceva in Europa.
Fu inaccettabile per le major di Hollywood prendere consapevolezza di tutto questo, guardando contemporaneamente la propria industria fallire a suon di flop giganteschi. La vera rivoluzione, però, non fu apportata dalle case di produzione, bensì dal maggiore imporsi di una figura che c’è sempre stata: il regista. Fino ad allora, infatti, la figura del regista era del tutto marginale. Il regista o film director era solo colui che si occupava della rappresentazione materiale dell’opera cinematografica che si stava mettendo in scena. Non prendeva assolutamente parte alla sceneggiatura. Una sorta di capo cantiere insomma. Ma quando dall’Europa cominciarono ad arrivare film scritti e diretti da queste personalità così illustri e carismatiche, i registi americani capirono che anche loro dovevano diventare autori dei propri film. Solo così sarebbe potuta avvenire la rinascita. E così fu.
Martin Scorsese, Robert Altman, Brian De Palma, Francis Ford Coppola, Steven Spielberg, George Lucas, una manciata di personalità che per primi capirono che il cinema stava cambiando. Ed ecco che nasce la produzione indipendente. Ecco che i cinema sono presi di nuovo d’assalto grazie a film come il Padrino, Scarface, Toro Scatenato. Film permeati degli stessi identici valori europei ma, naturalmente, americanizzati. Il mondo si piega davanti alla cieca volontà di Don Vito Corleone, ha paura ed è, allo stesso tempo, affascinato dalle schizofrenie di Tony Montana, si avvicina al mondo dei siculo-americani − che da poco erano ri-sbarcati sul suolo del nuovo mondo − con il pugile Jake La Motta. Con questi nomi cambia il cinema americano, con questi nomi cambia il cinema.
Ma, come per ogni cosa, tutto ha una fine. Sebbene molti credono che la New Hollywood non sia mai cessata, la critica è solita indicare con il flop de I cancelli del cielo di Michael Cimino e il grande successo de Lo squalo di Spielberg la fine della rinascita, una fine dettata dai produttori che capirono il buon investimento e cominciarono a ri-produrre film con budget da milioni di dollari. Con Lo Squalo nasce la parola blockbusters e la conseguente ricerca sfrenata delle statistiche ai botteghini.
Con la Nuova Hollywood non muore solo un pezzo (forse il più importante) del cinema americano, muore un pezzo di America che si trasforma, che diventa adulta, che ha imparato a gestire il caos interno quanto quello esterno. Ma la verità è che la New Hollywood non è mai scomparsa perché rivive ogni volta che ne guardiamo un suo prodotto in tv o al cinema, rigorosamente, però, in versione restaurata.

 

 

 

 

 

Il laureato
regia Mike Nichols
con Dustin Hoffman, Anne Bancroft, Katherine Ross, Brian Avery, Murray Hamilton, Marion Lorne, William Daniels, Elizabeth Wilson, Walter Brooke, norman Fell, Elisabeth Fraser, Richard Dreyfuss
soggetto Charles Webb
sceneggiatura Buck Henry, Calder Willingham
fotografia Robert Surtees
musiche originali Deve Grusin, Paul Simon
paese USA
produttore Lawrence Turman
lingua originale inglese
colore colore
anno 1967
durata 105 min.

 

Gangster Story
regia Arthur Penn
con Warren Beatty, Faye Dunaway, Michael J. Pollard, Gene Hackman, Estelle Parson, Gene Wilder
soggetto David Newman, Robert Benton
sceneggiatura David Newman, Robert Benton
fotografia Burnet Guffey
musiche originali Charles Strouse
paese USA
produttore Warren Beatty
lingua originale inglese
colore colore
anno 1967
durata 111 min.

 

Easy Rider
regia Dennis Hopper
con Peter Fonda, Dennis Hopper, Jack Nicholson
sceneggiatura Peter Fonda, Dennis Hopper, Terry Southern
fotografia Laszlo Kovacs
musiche originali The Byrds, Dylan, hendrix, The Band, John Keene, Steppenwolf, Hoyt Axton
paese USA
produttore Peter Fonda
lingua originale inglese
colore colore
anno 1969
durata 94 min.

 

Lo squalo
regia Steven Spielberg
con Roy Scheider, Robert Shaw, Richard Dreyfuss, Lorraine Gary
sceneggiatura Peter Benchley, Carl Gottlieb
fotografia Bill Butler
musiche originali John Williams
paese USA
produttore Richard D. Zanuck, David Brown
lingua originale inglese
colore colore
anno 1975
durata 119 min.

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