“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 01 July 2013 00:00

Il gioco dell'essere

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Gli attori del terzo quadro del Trittico dello spaesamento. L’infanzia di un capo, di Roberta Nicolai sono già sul fondo del palco quando il pubblico entra in platea. Sono tre uomini ed una donna, manca l’altra attrice presente in cartellone. L’inizio dell’opera è segnato da un secondo sipario che si trova sul palco che calerà a coprire gli attori, invece che a svelarli.

Quasi sul proscenio, alla sinistra degli spettatori, vi è una scarna altalena, dei materassi sull’assito, altri oggetti qua e là. Poco dopo il piccolo sipario si solleva ed i personaggi iniziano a muoversi nello spazio scenico con una gestualità ritmica, ripetitiva, ginnica. Poi si svestono, si cambiano: gli uomini indossano abiti da donna celesti dall’ampio colletto bianco. Tra essi emerge il personaggio principale, l’unico ad avere un nome. È Lucien che racconta la sua vita alla ricerca di senso. Lucien e gli altri si muovono, si divertono, sorridono. I dialoghi sono rapidi come slogan. Un materasso viene alzato e si trasforma in schermo dove si proietta l’immagine di un altro uomo con le stesso abito e lo stesso vestitino celeste. La musica di un carillon accompagna questi sdoppiamenti e proiezioni di genere. È tutto un gioco, un gioco “ad essere”. È la sua infanzia, è il punto di partenza. E ancora salto con la corda, palloni da tirare ovunque, anche sul pubblico, evocazioni di giochi infantili in cui era ancora possibile dire: ”Questo è mio, MIO”.
Ma il percorso di crescita sottolineato da altri cambi di abito, dagli oggetti, dai dialoghi non scorre sul binario immaginato. I momenti della propria esistenza sono spettacoli da vedere dietro una porta, poetici e visionari insieme. Per vedere, e forse capire, è meglio cambiare prospettiva, guardare gli uomini, la loro esistenza, e quindi l’esistenza stessa, dall’alto, ma nemmeno questo può bastare, anche mettendosi gli occhiali non si vede altro che nebbia. La consapevolezza di sé e di poter vivere come parte di un tutto si frantuma e si confonde con la nebbia.
Le percezioni, le riflessioni di Lucien sono frammentate anche nelle battute dei vari personaggi sulla scena, degli alter ego moltiplicati per quattro, dai colori degli abiti che spesso cambiano dal celeste al blu, al rosso, al frac grigio, alle divise, ai cappelli. Un rutilante mondo dell’apparenza che vorrebbe nascondere o forse giustificare la rivelazione di Lucien: “L’esistenza è un’illusione”. Nemmeno il suicidio potrebbe placare l’inquietudine esistenziale, anzi ironicamente egli pensa: ”Ciò che non ti uccide ti rende più alternativo”.
Quasi sul finire un altro enorme sipario rosso cala dall’alto e la sua lunga stoffa si agita con Lucien che vuole affermare un diritto all’amore, anche nell’oggettivizzazione del possesso, in quel MIO infantile ed egoistico. “Se mi ami io non posso essere visto nella mia finitezza”. Il tormento di queste auto-osservazioni ed il sentimento di impotenza e di quel lasciarsi vivere di sveviana memoria sono le conseguenze nefaste della lacerazione dell’individuo con la società che dovrebbe appartenergli, con un contesto inesistente o frantumato al quale l’individuo ancora vuole appartenere. Perciò tutto termina così come era iniziato: gli attori tornano sul fondo del palco, immobili, il sipario cala, poi si alza, poi cala del tutto. Buio in sala. Fine.
Il terzo quadro del Trittico dello spaesamento è sviluppato tra i testi di L’uomo senza contenuto di Agamben e L’infanzia di un capo di Sartre.
I primi due quadri hanno debuttato negli scorsi anni: il primo, Profanazioni al Romaeuropafestival 2010, il secondo Nudità nell’autunno dl 2012. In questo terzo quadro, la drammaturgia, nella dichiarata intenzione della regista, punta sulle suggestioni poetiche dei frammenti testuali di Sartre sfiorando lievi livelli parodistici. In effetti sulla scena la frantumazione è evidente e sottolineata, anche se la drammaticità dell’argomento si stempera nei gesti, nei sorrisi e nella musica. Indubbiamente aiuta la recitazione chiara degli attori e la semplicità della scenografia.
La vita dolente che Lucien ci ha mostrato è tutta in un sipario che cala quando inizia la vita.

 

 

 

Fringe E45
L’uomo senza contenuto. Trittico dello spaesamento (3° quadro: L'infanzia di un capo)
ideazione, drammaturgia e regia
Roberta Nicolai
con Michele Baronio, Rosa Palasciano, Valerio Peroni, Enea Tomei, Arianna Veronesi
produzione HIKARI produzioni/Roberta Nicolai
in coproduzione con Fondazione Campania dei Festival − E45 Napoli Fringe Festival, Triagolo Scaleno Teatro/Teatri di Vetro, Kollatino Underground
paese Italia
lingua italiano
durata 1h
Napoli, Teatro Sannazaro, 19 giugno 2013
in scena 19 e 20 giugno 2013

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