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Thursday, 20 June 2013 02:00

Un progetto risorto e quattro ragazzi degli anni '80

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Due performance agli opposti, o forse no. Due poli contrari che si attraggono. Due rappresentazioni artistiche che si confondono fino a rendersi un corpo unico nella percezione dello spettatore. Da un lato la musica psichedelica di Francesco Francone, dall’altro la cavalcante angoscia dei Joy Division nella riproposizione della cover band The House of Dolls.

Ma andiamo per ordine: all’Asilo 31 di Benevento, Francone ci presenta un progetto nato, per opera del regista e architetto Maurizio Russo, la bellezza di 34 anni fa. Siamo nel 1979, quando Russo inizia le riprese di un cortometraggio, potremmo dire, pro-naturalista e anti-materialista. Si tratta di Kaliyuga in Terre Ardenti. Opera originale ed intrigante, ma soprattutto di denuncia. Le immagini ci mostrano la bellezza dei Campi Flegrei (terre ardenti) in contrapposizione allo scempio umano fatto nei suoi confronti. Acque inquinate, sabbie sporche e, all’orizzonte, l’età del ferro che trasforma in fuoco la bellezza del mondo (secondo i Veda, Kali Yuga è l’era che simboleggia la fine dello spirituale ad opera di un materialismo estremo che porterà alla catastrofe, alla distruzione). Le potenti e prepotenti immagini dell’Italsider fanno da rottura con la bellezza del creato e trasformano il verde e l’azzurro della natura nel rosso fuoco rappresentato dall’incendio di Bagnoli dell’80. Sui resti di quell’incendio si costruirà poi Città della Scienza, anch’essa parzialmente distrutta da un incendio lo scorso marzo. L’opera di Russo rimane però in cantiere per più di trent'anni, fino all’incontro con il chitarrista e compositore Francone, conosciuto in un festival in Francia nel 2012. Il regista intravede nella chitarra del musicista le potenziali musiche del suo cortometraggio. Nasce così un progetto ambizioso e suggestivo. L’intera colonna sonora è riprodotta con il solo uso della chitarra elettrica.
La rappresentazione a cui abbiamo assistito consisteva nella proiezione del video su di un maxi schermo, nel mentre Francone sovrapponeva dal vivo le note della colonna sonora, questo grazie ad una pedaliera che registra un riff e ne riproduce il loop quante volte si vuole, sovrapponendosi ad altri loop precedenti e ai fraseggi che il musicista inserisce di volta in volta. Francesco ci confessa che la realizzazione delle musiche è stata tutt’altro che facile. Se alcune scene hanno avuto un’ispirazione immediata, altre, invece, sono state più travagliate. Dopo una prima metamorfosi dell’immagine in rumore, il musicista ha ricostruito, scena per scena, ogni fotogramma della pellicola in sensazione musicale. Particolarmente suggestivi, ad esempio, le sequenze del gabbiano che vola sulla spiaggia con il suono in leggero feedback della chitarra che ne riproduce il verso, e l’immagine del Lago d’Averno accompagnato da un loop al rovescio. Un opera che si lascia assimilare soprattutto per la sua piacevole lentezza, una lentezza oseremo dire, riflessiva. Al di là infatti dei simbolismi induisti, che nell’uomo moderno possono lasciare il tempo che trovano, rimane estremamente efficace l’immagine di un tempo che deve rallentare e concentrarsi su quanto l’uomo, dominatore dell’universo, deve chiedere alla natura che lo ospita. Si attendono notizie sulle successive riproposizioni del progetto.
Spostandoci in un altro stanzone dell’Asilo 31 ci troviamo ad assistere a qualcosa di completamente diverso, eppure estremamente adatto alle sensazioni provate al momento. Sul palco i musicisti sono già pronti ed accordati. Una serie di cover dello storico gruppo dei Joy Division scalda il pubblico accorso (poco ma buono). La voce calda di Genny riproduce fedelmente quella malinconica espressività che era tipica di Curtis. La chitarra di Pierluigi graffia leggera e per un attimo, di tanto in tanto, riesce a far tornare indietro la mente a quei mitici anni ‘80 segnati dal post-punk. Il basso di Adriano è cupo e dominante, di una pesantezza dolce ed incantata, specie quando percuote le tonali alte. La batteria di Lorenzo (ex componente nonché fondatore dei Malvento, storico gruppo black metal campano) è precisa ed eccitante, ma mai invadente. In effetti, la principale qualità di un batterista (ma possiamo forse dire di un qualsiasi musicista che non voglia farsi prendere la mano da inutili virtuosismi) è quella di non farsi notare, in tal caso si è stati perfetti. E il buon Lorenzo è stato impeccabile, concedendosi poi delle notevoli rullate che scandivano i passaggi ritmici tra una strofa e l’altra e scaldavano la folla. Tanti i grandi classici riproposti, da Warsaw a They walked in line, da Disorder a Digital, passando per brani immortali come Love will tear us apart e She’s lost control. Poi, in chiusura, una piccola chicca nostrana: Spara Yuri dei CCCP. The House of Dolls, gruppo nato da poco, ma che vanta già alcune esibizioni a Napoli e Caserta, esordisce a Benevento col botto. Peccato non aver avuto il tutto esaurito come meritavano. Un’occasione mancata… per gli assenti!

 

 

THE HOUSE OF DOLLS + FRANCESCO FRANCONE

 

proiezione del film KALIYUGA in terre ardenti
musicato dal vivo da
Francesco Francone (guitar/loop machine performance)

 

THE HOUSE OF DOLLS (tribute band Joy Division)
Genny De Lena (voce)
Pierluigi Michele Grauso (chitarra, seconda voce)
Adriano Lasco (basso)
Lorenzo Marchese (batteria)

 

Benevento, Rione Libertà, ASILO 31, 15 giugno 2013

 

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