“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 12 June 2013 01:06

Nella trappola di Brook

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Peter Brook è a Napoli. Noi siamo i primi ad assistere al suo nuovo spettacolo. Si tratta de Lo spopolatore, la messa in scena dal famoso racconto di Samuel Beckett. Il Napoli Teatro Festival Italia, ci permette anche questo: essere i primi spettatori di uno spettacolo di uno dei maestri del teatro contemporaneo.

La scena è spoglia. Uno sgabello al centro e tre lunghe scale a pioli, di legno vecchio, con la base sul palco e la cima che non si vede. Portano alle nicchie, al soffitto o fuori dalla realtà.
Miriam Goldschmidt entra in scena tra gli applausi, ha in mano il copione e una volta raggiunto lo sgabello si siede e comincia a leggere. È il testo in francese, Le dépleupleur, così come Beckett l’ha scritto. Sentiamo parlare dei “corps” delle “échelles” della “poitrine”. Su uno schermo montato in alto, sopra la testa dell’attrice, appare il testo in italiano. La sincronia tra la lettura dal vivo e i sottotitoli è perfetta. Si gioca con i linguaggi come piace fare a Brook. Ascoltiamo in francese, leggiamo in italiano e comprendiamo attraverso il corpo dell’attrice sul palco. Miriam Goldschmidt, infatti, non si limita a leggerci il testo con la sua voce potente ma ricrea con il suo la vita di tutti corpi intrappolati nel cilindro. Si arrampica sulle scale, usa un piolo staccato come un’arma per difendersi ma anche per produrre i rumori, in quel luogo in cui il suono più forte è provocato dai corpi che si scontrano tra loro. Allo stesso tempo è un ricercatore che si infila nei tunnel verso un’uscita mai trovata e uno sconfitto, seduto con la schiena appoggiata alla parete senza più ansie o timori, senza più voglia di evadere da quella sua realtà. Quando si ferma in alcune posizioni, piegata sulle ginocchia o incurvata a camminare con il bastone, le sue braccia e le sue gambe magrissime formano angoli appuntiti. Gomiti e ginocchia divengono suggestivi, parte della scena, elementi del luogo in cui la carne che ricopre le ossa diminuisce ogni giorno, come in un campo di concentramento.
Il racconto è rivolto alle nostre orecchie e al nostro sguardo, lei legge per trasmetterci delle informazioni quasi fossimo a scuola. Ci insegna come è la vita nel cilindro e cosa fanno tutti quei corpi. L’attrice sul palco ci guarda dritti in faccia, si rivolge ad ognuno di noi, tanto che dice “sauté!” ad una ragazza che starnutisce in platea e si sofferma simpaticamente ad ammiccare ad un signore anziano quando parla delle rare erezioni che riescono ad avere i corpi nel cilindro.
La lettura è ben scandita e non troppo veloce, tuttavia il sostegno del monitor con la traduzione diventa indispensabile se non si ha padronanza del francese. Il problema è l’altezza. Il monitor è così alto che l’attrice esce dal campo visivo mentre si legge e questo ci fa muovere continuamente gli occhi da una parte all’altra, come quando leggendo un fumetto ci si concentra sulla parte scritta per poi ammirare il disegno. Quindi tutto avviene in tre tempi: ascolto-leggo-osservo. Qualcuno si stanca del lavoro da fare e, a sentire i commenti a rappresentazione conclusa, avrebbe preferito essere sorpreso da elementi più spettacolari. Brook, invece, preferisce affidarsi alla nostra immaginazione e a quello che riesce a creare il linguaggio. Non vuole mostrarci troppo ma ricreare l’atmosfera e ci riesce. Immaginiamo allora di essere davvero intrappolati nel cilindro. I palchetti sono le nicchie e oltre la porta ci sono le scale che portano fuori. Cominciamo ad essere nervosi, tutti vorremmo andar via. Se camminiamo non facciamo rumore, la moquette è il nostro suolo di gomma. Un corpo della prima fila di nicchie cerca la via d’uscita e poco prima della fine dello spettacolo si alza in silenzio. La vecchia porta che cigola e la lascia andar via fa voltare tutti. Di lì a poco Miriam Goldschmidt ringrazierà tra gli applausi di tutti i presenti. Un conto è leggere Lo spopolatore, un conto è farsi mettere in trappola da Brook.

 

 

 


Lo spopolatore
di 
Samuel Beckett
una ricerca teatrale di Peter Brook
regia Peter Brook
in collaborazione con Marie-Hélène Estienne
con Miriam Goldschmidt
luci Philippe Vialatte
percussioni Francesco Agnello
coproduzione Fondazione Campania dei Festival − Napoli Teatro Festival Italia, Ruhrfestspiele Recklinghausen
con il sostegno di Centre International de Recherche Théâtrale de Paris
e di Nuovi Mecenati – Fondazione franco-italiana di sostegno alla creazione contemporanea
lingua francese con sottotitoli in italiano
paese Italia/Inghilterra/Germania/Francia
durata 1h
Napoli, Teatro Sannazaro, 8 giugno 2013
in scena dal 6 al 9 giugno 2013

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