“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 04 June 2013 02:00

Tre personaggi in cerca d'un pretesto

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La Compagnia “Teatro del Fo” è andata in scena al Teatro Instabile con lo spettacolo Sempre un cantiere, un divertito esperimento ‘under construction’ che ha intrattenuto il pubblico per un’ora. Ironia, sarcasmo, leggerezza, spirito d’iniziativa sono alcune delle qualità che hanno animato la storia di tre personaggi in cerca d’un pretesto.
Un cantiere delimitato da un perimetro lineare che fa dello spazio scenico un ring da combattimento; una battaglia sociale contro tutti coloro che vogliono obbligare il teatro a diventare una prodotto massificato e commerciale. Lo spirito positivo dei tre attori mira a far centro con autenticità al loro reale bisogno di esistere in quanto artisti. “È necessario avere progetti” perché sia viva l’urgenza di comunicare un messaggio aldilà di ogni destinatario.

“Tre attori che vogliono fare qualcosa di diverso. È così bello lasciarsi andare ed essere folli non come ci vogliono gli altri”, è questo il desiderio dei personaggi che abitano la scena e che dichiarano con umanità toccante, in un tempo di crisi come quello nel quale viviamo, la volontà di essere altro da ciò che sono perdendo il controllo della ragione e facendosi guidare dal genio istintivo della confusione artistica, tanto da affermare : "È proprio dalla confusione che nascono le scene migliori”.
Un’attrice russa interpretata da Natalia Jmyleva è pronta ad esercitare un pugno di forza verso gli altri due attori che spesso e volentieri si fanno prendere dal troppo entusiasmo. È qui che la donna si ridetermina razionale e analitica e l’uomo irrazionale e generico. Un triangolo di artistiche collaborazioni dove ogni oggetto, ogni idea, ogni musica o coreografia fungono da concreta opportunità per fare performance.
Essenziali nelle loro proposte sanno che l’importante è esserci, non ad ogni costo ma con i tempi giusti.
“Non siamo noi ad essere speciali ma l’essenza delle cose che eleggiamo”: nutrire il proprio lavoro con profondità e generosità senza ripiegarsi nel proprio piccolo io ma lasciando fluire il naturale investimento energetico del fare arte. Le cose che eleggiamo e la loro essenza ci permettono di valorizzare con onestà il movente che ci spinge a voler dire qualcosa e ad utilizzare il teatro come grande mezzo di salvataggio.
Oltre al desiderio di voler creare un proprio spettacolo i tre personaggi in cerca d’un pretesto (e non di un autore) sperimentano anche tutte le tensioni e le difficoltà che una sala prove comporta: la stanchezza del ripetere le cose più volte, la tolleranza da dover sviluppare nei confronti dei colleghi in momenti di difficoltà, la pigrizia che deconcentra e rende meno efficace il prodotto finale. Tutto è carico di comicità e ogni divergenza viene appianata con semplicità e sdrammatizzazione.
“Sognare non costa nulla. Pensavo che sarei diventato un calciatore, un architetto…”; un inno sincero per i sogni che non hanno prezzo e per le ambizioni raggiunte. Come diceva Walt Disney: "Se puoi sognarlo puoi farlo". Solo coloro che non amano ciò che fanno o che non ci credono si rendono non indispensabili. È un mestiere dove ci vuole passione e forza di volontà per riuscire; è questo il messaggio che gli attori fino alla fine, tra finzione e realtà, trasmettono al pubblico divertito.
“Se togliessimo la linea del palcoscenico?” con questa domanda uno degli attori pone il quesito pratico di ciò che accade quando l’incantesimo finisce, perché è in quel luogo sacro e separato che ogni gioco è consentito; solo in quelle coordinate spazio-tempo è possibile vivere in un istante tragedia e commedia. Come se il palcoscenico diventasse lo spazio intimo ma socialmente condiviso di ogni individuo; uno sguardo sull’umanità di tutti i giorni e sulle sue paradossali circostanze.
Ma cosa accadrebbe se questa linea svanisse, se si superasse il confine, il recinto entro il quale tutto si compie? Come dice uno degli attori "finirebbe il gioco" ma di sicuro non il pretesto. Potremmo dire che ogni volta che oltrepassiamo un limite, spaziale inteso come confine o un limite imposto in senso lato come tale, il gioco tende sempre a finire.

 

 

 


Sempre un cantiere
regia Massimo Palo
con Carlo Verre, Natalia Jmleva, Massimo Palo
produzione Teatro del Fo
durata 1h
Napoli, TIN (Teatro Instabile Napoli), 31 maggio 2013
in scena dal 31 maggio al 2 giugno 2013

 

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