“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 05 December 2021 00:00

“David”: come le onde del mare

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David ci culla, come farebbe il mare. Il suono dell’acqua lo sentiamo davvero. L’acqua dalla quale ha avuto origine la vita sulla Terra. L’acqua di un mare che porta le cose e se le riprende, che è fonte di sostentamento per i popoli e regala la morte a chi vuole cambiare il proprio destino, solcandolo. Il mare che circonda la Sicilia e che bagna Napoli.

Vucciria Teatro presenta David al Teatro Bellini di Napoli ed è come se attraversassimo un ponte che dalla nostra città ci porta fino in Sicilia. Un ponte più concreto e forte di quello fantastico che unisce Messina e Reggio Calabria. E non è soltanto per il bell’accento con il quale le parole dello spettacolo sono pronunciate ma è proprio  per la presenza costante del mare che inonda il teatro. Così tanto che il palcoscenico sembra un’isola e i corpi che su esso si muovono sono così distanti, chiusi in un mondo interiore che cerchiamo di afferrare ma che continua a sfuggirci. Perché il mare è estensione, è apertura mentale, è un assaggio di infinito ma sa farci sentire soli. Così quando Joele Anastasi scende a camminare al centro della platea, tra le file delle poltrone, è come se compisse un miracolo: un novello Mosè che ha aperto le acque del mare per raggiungere il suo dio. Sorretto da cavi di metallo, in alto, tra gli angeli del cielo del soffitto, il dio è la testa del David di Michelangelo. Divinità creata da un genio dell’arte e che infonde, a sua volta, potenza creativa. La testa del David è esercizio tecnico per tanti giovani che si approcciano all’arte nei licei e negli istituti. È osservata, ammirata, studiata, imitata, forse anche venerata. Attraverso essa si tenta di raggiungere la perfezione della tecnica.
Sotto il cielo regolato dal dio David, c’è il racconto di un figlio mai nato. L’atto creativo di una donna finito in un fallimento. Lei ne soffre così tanto da perdere la parola. Perde proprio la parola, quella divina che ha creato il mondo, quella che basta da sola a creare l’illusione teatrale. Non parla, agisce. Muove le cose, sposta strutture, distrugge, rimette in ordine, apre e chiude, sistema, spinge, tira avanti, porta avanti la propria vita. Ha la forza di fare tutto, tranne quella di parlare e di creare con la parola. Ha la forza di andare avanti con tutto, tranne che con la grande vasca trasparente, piena d’acqua. L’acqua del mare, l’acqua da cui ha avuto origine la vita, il liquido amniotico nel quale il figlio, David, è vissuto e nel quale David è morto. Per andare avanti con quella ha bisogno di aiuto, è un fardello troppo grosso da portare e ogni suo sforzo è commovente. Il dolore permane, il mare non riesce a portarselo via. Allora David è presenza fissa nella casa, non se ne va, resta per ogni membro della famiglia che non può non pensare a lui. Diventa una sorta di fantasma dal quale la casa non si libera. È una testa di gesso tra gli angeli del cielo del soffitto del Teatro.
Se la donna ha perso il figlio di carne e non si libera dal dolore, il ragazzo si è creato un fratello immaginario. Questo fratello, però, si mostra in tutta la sua carne. Così presente da ingannarci. Possono i mondi immaginari esistere più della realtà? David, il fratello inesistente è immaginazione. David è il dio. L’immaginazione è il dio.
Mentre il ragazzo vive la sua creazione, l’uomo-padre comprende di aver perso un amore che con pazienza aveva costruito. Se ne era preso cura come di una piantina, di un fiore, ma l’ha visto appassire, calpestato dagli eventi. Coltiva, adesso, solo fiori di plastica: non possono morire, l’impresa non può fallire.
Sul palco, le grandi strutture di metallo con ruote servono a creare l’illusione dell’ambiente domestico ma sono al contempo parte di una poesia. È questa l’impressione che s ha assistendo allo spettacolo: ogni cosa è sé stessa ed è metafora e quasi sempre la metafora è legata alla creazione, alla vita, al nutrimento. Le grandi strutture di ferro con ruote, che servono a creare l’illusione di un ambiente domestico, ricordano una fabbrica. I ragazzi indossano tute da operai. I ragazzi stanno creando qualcosa che non esiste ma che è, probabilmente, necessario alla sopravvivenza.
In tutto lo spettacolo ha una presenza importante la musica. Le canzoni raccontano il tempo e le storie. Spesso parlano al posto degli uomini e della donna. Ognuno ha una canzone preferita, una musica che è il racconto della storia della propria anima. Ed è nelle scene nelle quali la presenza della musica è più ingombrante che i nostri occhi vedono le più belle composizioni, fatte di corpi e di metallo. Vediamo la donna che ha perso il figlio come una madonna di una Pietà di Michelangelo. Con i due corpi dei figli in grembo, se li rimetterebbe nel ventre entrambi, quello vivo e quello morto, per crearli ancora una volta. Intanto alle sue spalle scorre il nutrimento del latte. Ma proprio come Michelangelo che distruggeva il volto del suo Gesù, il ragazzo deve distruggere il fratello, l’immaginazione, il dio.
Si lascia lo spettacolo di Vucciria Teatro portandosi dietro delle domande che non ho smesso di pormi nemmeno adesso, mentre scrivo. Mi resta la soddisfazione di aver assistito a qualcosa di bello, che ha coinvolto molti linguaggi, che ha stimolato i sensi degli spettatori in più di un modo. Come se fosse accaduto che osservando un'opera d’arte essa, ad un certo punto, avesse preso vita e avesse cominciato a muoversi e a raccontarci una storia che è la storia di una perdita ma che può servire a ritrovarci.





David
drammaturgia e regia
Joele Anastasi
con Joele Anastasi, Federica Carruba Toscano, Eugenio Papalia, Enrico Sortino
aiuto regia Giuseppe Cardaci, Enrico Sortino
set designer Giulio Villaggio
light-designer Martin Emanuel Palma
video Giuseppe Cardaci
coreografia Fertango
scenotecnica Alovisi
foto di scena Dalila Romeo
uno spettacolo di Vuccirìa Teatro
produzione Fondazione Teatro Di Napoli – Teatro Bellini
lingua italiano
durata 1h 20’
Napoli, Teatro Bellini, 29 novembre 2021
in scena dal 25 novembre al 5 dicembre 2021

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