“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 30 May 2021 00:00

La più bella canzone d’amore che c’è

Written by 

Era domenica quando mi hanno comunicato che la mia richiesta di essere accettata in TV come ospite del più seguito show che tratta temi culturali di attualità, aggiungendo di preparami ad affrontare le impegnative domande di Rolly Magri, il conduttore di quella serie che era solito fare ai partecipanti.

Se soltanto per un attimo, prima di confermare la mia apparizione avessi osservato con attenzione lo sguardo di mio marito Roberto quando gli ho detto che la domenica della settimana successiva mi avrebbe visto apparire in TV forse le cose sarebbero andate diversamente.
− Ma sei sicura, Claudia, che ti convenga metterti nelle mani di quella vecchia volpe che è Magri? È uno che non risparmia nessuno con le sue provocatorie domande che hanno lo scopo di mettere in crisi, ridicolizzare talvolta, gli ospiti. Ed è pure misogino.
− Che ti devo dire. Come sai, nella mia attuale posizione di assistente del direttore della rubrica culturale di un settimanale tra i più prestigiosi del nostro Paese mi devo attrezzare per non farmi scavalcare da qualche giornalista, e ce ne sono molti, che con ogni mezzo più o meno lecito tentano di farsi assumere da noi. Ci sono seri problemi nell’ambiente mediatico, per lo più dovuti ai soliti giochi di opportunismo politico. E per questo ho pensato che una intervista fattami da Magri può rafforzare il mio ruolo.
− Vuoi dire? 
− Be’, io ci provo.

È stato un disastro. D’accordo, ero piuttosto emozionata. Ma capita a tutti, credo. Sta di fatto che sin dalla prima domanda ho avvertito il rischio di impelagarmi alla ricerca di un linguaggio sofisticato che mettesse in evidenza lo sforzo di tenermi lontana da un modo di esprimersi ad uso comune, magari superficiale. Certe espressioni che secondo me avrebbero dovuto mettere in evidenza la mia cultura mi causavano una sorta di blocco nel rendermi comprensibile. Il legame tra una parola e l’altra mi lasciava in uno stato di incertezza. Con il risultato di lunghe pause nel procedere verso quelle che avrebbero dovuto essere le mie risposte o spiegazioni. E poi c’era necessariamente l’esigenza di rendere chiaro il rapporto tra cultura letteraria e quella filosofica. Ciò che mi causava un’inspiegabile, quanto paradossale, attribuzione di concetti a una forma non coerente con la materia che dovevo esprimere. Più precisamente: mi capitava di attribuire concetti di scienza letteraria a quella filosofica. E l’ansia prendeva il sopravvento sulla lucidità necessaria.
Magri mi lasciava parlare dando l’impressione di seguirmi, per poi improvvisamente interrompermi, alzava le braccia esprimendo con un mezzo ghigno la sua totale incomprensione di quello che avevo detto. Che vi fosse confusione nella sequela delle mie frasi era per certi versi vero, sebbene un suo sforzo per più coerentemente indirizzarmi verso il corretto senso che dovevo mettere in chiaro sarebbe stato utile a riportare sul giusto piano la materia trattata è mancato del tutto. Anzi, scuotendo in continuazione la testa veniva poi il momento in cui quasi mi intimava di riprendere daccapo il mio argomentare portandolo su una linea che potesse essere credibile e quindi compresa dagli ascoltatori.

Tornata a casa, Roberto mi ha accolto con un abbraccio.
− Stai tranquilla. Non è successo niente che possa danneggiarti. Quello è un povero coglione.
− Sarà, ma mi domando cosa ne pensano in ufficio.
Il giorno successivo, dopo essermi preso un tranquillante, per prima cosa sono andata dal direttore, pur non essendo in grado di farmi un’idea su cosa potesse dirmi. Poche le sue parole: − Non è successo niente di irreparabile, Claudia. Posso solo dirti che avresti dovuto chiedermi se era il caso di correre il rischio di andare nella tana del lupo. Rolly Magri è uno di quei personaggi di una certa televisione tesa solo al profitto attraendo spettatori di bassa levatura portati a seguire programmi che nulla hanno a che fare né con la cultura né con un sano divertimento. Potrei fare tanti esempi, che certamente conosci anche tu. Torna pure al tuo lavoro, qui da noi il tuo ruolo è importante, e apprezzato.

La sera io e Roberto abbiamo cercato di tornare sull’argomento. Ma non à stato facile, tanto mi aveva colpito la vicenda al punto che non ho mancato di ammettere che talvolta a tutti può succedere di sbagliare, a dispetto della loro buona volontà.
− Lasciamo perdere, Claudia, amore mio. Adesso ascoltiamo un po’ di musica, ci farà bene. Senti  questo pezzo. Ti conquisterà, vedrai.
Roberto avvia YouTube, e da subito avverto una sorta di tenero sentimento. Lui mi guarda senza parlare, ma è chiaro che sta cercando di capire che effetto mi fa.
− Non l’ho mai sentita, questa canzone − dico.
− S’intitola La più bella canzone d’amore che c’é.
− E chi la canta?  
− È Dolcenera, il cui vero nome è Emanuela Trane, una cantante pugliese. Lei, sì, che è un’icona della televisione. 
E la serata si conclude con la musica grazie alla quale ritrovo la serenità.

Leave a comment

il Pickwick

Sostieni


Facebook