“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 14 March 2021 00:00

Fuori dal disordine

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Il coronavirus è una tragedia che ha colpito l’umanità. Non si tratta di un “frammento” di degenerazione biologica, senza conseguente crisi della sanità, della società e della politica, come certe menti superficiali, se non peggio, possono pensare.
Il nostro Paese sta soffrendo l’evento in modo impressionante. E qui a Milano, dove vivo, la città è alterata dalla paura e dal dolore.

Sto parlando con Susanna, che presto sarà mia moglie.
− Ho letto da qualche parte che siamo nati senza chiederlo, tu cara che ne pensi? − le domando.
− Se il Covid colpisce in modo così aggressivo, è lecito chiederci perché siamo al mondo. A meno che i filosofi...
− Ma che dire della filosofia? La scienza può invece dare una sua spiegazione, sebbene tuttavia ci costringa a porci un’altra domanda: chi comanda i fenomeni naturali?
− A meno di risolvere il tutto assoggettandoci a un disegno ultraterreno, che però è una questione di sola fede.

Ci siamo sposati. Susanna tra pochi mesi genererà una creatura.
− Sono felice che sarà una femmina − mi dice.
E così parliamo del ruolo delle donne nella società. Concordiamo sul fatto che l’universo femminile subisce ostacoli che impediscono la parità di genere. Il che avviene sul lavoro, negli studi, e non di rado anche nell’arte. Per non parlare, in certi casi, dei rapporti amorosi.
Occorre anche dire che non sempre i genitori osservano con la dovuta attenzione gli interessi, le tendenze dei figli per poterli poi indirizzare sin da giovani verso soluzioni conformi alla loro indole.
− Tu Adriano, per esempio, sei stato aiutato dai tuoi per trovare la tua strada, e oggi sei un filmaker i cui documentari vengono trasmessi da importanti reti televisive sia italiane che estere. Da parte mia, le cose sono andate diversamente, perché i miei genitori, pur prestandomi la dovuta affettuosa attenzione, puntavano a che un giorno sposassi un uomo che mi garantisse una vita decorosa − mi ha ripetuto più volte Susanna.
− Ti capisco. In ogni caso, oggi sei una segretaria d’azienda apprezzata dal dirigente del tuo ufficio. Ciò è avvenuto perché di tua iniziativa, e contrariamente ai timori dei tuoi, a diciott’anni sei andata a Londra per imparare l’inglese.

È nata Lilli. Per prima cosa, Susanna si è proposta di mandarla, a tempo opportuno, alle scuole private, perché dopo le medie superiori decidesse lei stessa a quale università iscriversi. Ma lei ha preferito cercarsi un  impiego.
Lilli è nata digitale. Anch’essa, sui diciott’anni come sua madre, ha avvertito l’esigenza di imparare la lingua inglese, che le avrebbe permesso di orientare il suo futuro verso l’ampia diffusione che hanno avuto i prodotti digitali. Era interessata a un lavoro che avesse come obiettivo principale il videogame development, e del resto non le mancava la necessaria creatività. Tre anni di studio in un college nei pressi di Manchester le hanno permesso di apprendere la tecnica più avanzata, sicché è tornata in Italia con l’intenzione di cercare una società dove potesse svolgere il lavoro che le interessava.
Ed è nel nostro Paese che ha incontrato serie difficoltà per essere assunta a tempo pieno, perché quel tipo di lavoro viene per lo più assegnato a personale maschile.

Considerata la difficoltà di trovare un accordo per una sistemazione stabile nel nostro Paese, Lilli pensa di ritornare a Londra, dove ci sono più possibilità di essere assunti indipendentemente dal sesso. Succede però che il virus è colpito da una variante inglese molto contagiosa. Il che rende impossibile recarsi in tempi brevi in quel Paese. E non è dato sapere quanto tempo dovremo espettare per una risposta sicura.
Lilli cade in depressione, e viene ricoverata all’Ospedale Sacco di Milano. Io e Susanna abbiamo chiesto ai medici per quanto tempo dovrà rimanervi, e la risposta è stata evasiva giacché dipende, dicono, sia dalle sue condizioni psichiche sia da come il reparto dove si trova è in grado di affrontare il numeroso accesso di persone colpite dalla pandemia. La risposta non ci soddisfa, ma allo stato delle cose non c’è una soluzione a portata di mano.
− Ma è possibile che qui da noi non vi siano mai certezze? − mi dice Susanna.
− Qui il disordine è pressoché totale. Il profitto sta alla base dell’attività umana. E le ingiustizie sociali vanno aumentando con l’avvento della pandemia. La politica è sull’orlo del fallimento. Dov’è finito il cosiddetto “consorzio umano”? Se mai è esistito.
− Quindi, la domanda è sempre quella: perché siamo al mondo? No, io non ci voglio credere. Penso che sia l’amore per gli umani la vera risposta, ma c’è da pensare se dipende da noi o da un’entità che sta al di sopra di noi. Comunque, da domani aiuteremo Lilli a trovare un lavoro che le permetta di riprendere fiducia in sé stessa.
− Certo, perché la famiglia in quanto tale può dare agli umani la forza, la capacità, di riconoscersi. Non pensi?
− Non ho alcun dubbio.
Poi Susanna si alza lentamente dal divano. Sale le scale per andare in camera da letto, e si gira per un attimo lanciandomi uno sguardo d’intesa.

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