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Thursday, 15 October 2020 00:00

Giocare nel sogno e sognare nel gioco: “Tell Tale”

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Ogni disciplina umana si interroga sul senso del suo operare, anzi spesso ne fa persino l’oggetto della sua attività di ricerca. Lo scienziato si chiede che cosa siano la scienza e il metodo scientifico, il filosofo si domanda in cosa consista la filosofia, l’architetto indaga sulle leggi dell’architettura, il poeta si interroga sull’essenza della poesia. Si tratta di un autentico paradosso, poiché in teoria nessuno di tali agenti avrebbe il diritto di chiamarsi “scienziato”, “filosofo”, “architetto” o “poeta”, senza sapere che cosa sia la disciplina che pretendono di coltivare.

Questo però dimostra solo che le attività umane sono solo all’inizio del loro sviluppo. Scienza, filosofia, architettura e poesia sono state finora coltivate approssimativamente da tutti gli esseri umani che hanno tentato di praticarle. La loro essenza rimane ancora misteriosa e indecifrabile. Quasi fossero delle dee velate, di queste discipline intravediamo solo i contorni delle belle forme e un alone di luce soffusa.
Anche il teatro non sfugge a tale principio paradossale. Gli attori, i drammaturghi e altri cultori di questa disciplina elaborano le loro proposte artistiche chiedendosi al contempo che cosa sia l’essenza del proprio fare. Lo Ione di Platone, il Teatro comico di Goldoni e i Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello sono alcuni dei moltissimi esempi che si potrebbero richiamare per dimostrare che i teatranti non sanno che cosa sia il teatro, dunque paradossalmente usano il teatro per capire il teatro stesso. E la ricerca è ancora in corso, con il relativo proliferare di proposte e poetiche.
Tell Tale di Teatro Patalò è un altro dei molti tentativi di ricercare a cosa serva coltivare il teatro, soprattutto in tempi come i nostri dove la vita sembra dettare altre priorità. In particolare, lo spettacolo affronta in modo delicato e insieme deciso il tema della responsabilità degli artisti di fronte al fenomeno del cambiamento climatico. Il problema consiste, più nello specifico, di capire se il teatro può essere una disciplina “militante” e se gli artisti possono dare un loro contributo alla lotta contro il declino morale-culturale che sta portando il mondo al collasso.
A prima vista, potremmo pensare a una forma sottile di tracotanza. Il lavoro degli attori si pone infatti sul piano del simbolico e del poetico, dunque non può intervenire direttamente sui più concreti processi economici, sociali e ambientali che richiederebbero un’azione più incisiva, forse persino rivoluzionaria e violenta. In realtà, Tell Tale immagina un contributo più discreto e indiretto che il teatro può dare al problema. Tale disciplina non può intervenire direttamente su questi complessi processi “grandi”, ma può agevolare l’acquisizione di una nuova migliore disposizione cognitiva per affrontarli più creativamente e con successo.
Vale la pena procedere con ordine. Tell Tale ha almeno tre livelli di costruzione formale: una struttura per così dire “a cipolla”. Lo strato più esterno è quello della componente scientifica e realistica. Il protagonista del lavoro è infatti uno scienziato di nome Wally, che allude al diminutivo affettivo dello scienziato Wallace Smith Broecker – uno dei primi e più importanti pionieri dell’indagine sul cambiamento climatico. Il personaggio (interpretato da Luca Serrani) deve tenere un importante discorso per sensibilizzare le persone a prendere a cuore il rischio imminente della sparizione dal nostro ecosistema di molte specie animali. Nel corso dello spettacolo, egli proverà ad alta voce più volte alcune parti della sua prolusione, con il supporto di una sua assistente (ruolo ricoperto da Isadora Angelini). Wally ha avuto modo di studiare da vicino i comportamenti sociali, ludici e affettivi delle varie specie viventi, in parte attingendo anche ai risultati che il biologo Carl Safina ha condensato nel libro Beyond Words. What Animals Think and Feel (New York, Henry Holt and Company, 2015), pertanto conosce bene “l’assurda bellezza del tutto” e la necessità di tutelarla dalle minacce attuali. Inoltre, è esperto del sogno, tanto che con le sue ricerche ha elaborato un’interessante teoria. Forse non è la veglia che ha prodotto il sonno, il quale sarebbe allora un processo di recupero delle energie consumate da svegli. È semmai più plausibile il contrario. Sono il sonno e i sogni ad aver prodotto lo stato di veglia. Da ciò seguirebbe che lo stato normale e attivo è quello onirico. Un rovesciamento è compiuto: noi ci svegliamo ogni mattina per riprenderci dagli sforzi immani e dai faticosi viaggi che facciamo mentre moriamo, dormiamo, forse sogniamo.
Il secondo piano di Tell Tale è invece quello del gioco performativo. Wally è anche un amante del teatro, o meglio un appassionato di A Midsummer Night’s Dream di Shakespeare. Il suo amore non entra in conflitto con la scienza, al punto che anzi i due piani dell’indagine scientifica e del gioco teatrale si sovrappongono armonicamente a vicenda. Wally usa spezzoni di Shakespeare per arricchire il suo discorso, recita con la sua assistente alcune scene dell’opera, o catapulta l’ascoltatore nel vivo del discorso con pochi versi shakespeariani scelti. Un esempio è il punto in cui i due personaggi giocano a interpretare il litigio tra Oberon e Titania per il possesso di un giovane paggio indiano, che culmina con un monologo attraverso cui la Regina delle Fate osserva come la loro guerra sta portando il caos in natura, o provocando soqquadri e cataclismi (II 1, vv. 88-117). Si tratta di un momento interessante, perché nota come già Shakespeare avesse intuito ciò che oggi dicono molti scienziati. Sia la scienza che il teatro di A Midsummer Night’s Dream identificano due delle cause principali del collasso mondiale nella mancanza di equilibrio e nell’incapacità degli agenti umani di trattenersi dal devastare l’ambiente per cercare dei beni futili o passeggeri (il paggio indiano per Oberon e Titania, l’arricchimento indiscriminato per noi). Wally non fa dunque nulla di diverso dal sensibilizzare all’amore per “l’assurda bellezza del tutto”, quando legge la sua dotta prolusione o quando gioca appassionatamente con i versi di Shakespeare.
Il terzo e ultimo piano è quello della visione. Wally e la sua assistente infrangono infatti periodicamente la barriera che separa il sonno dalla veglia, entrando in una dimensione di “sogno lucido”. Accade così che gli animali oggetto del discorso dello scienziato prendano possesso dei corpi e delle anime dei due personaggi, che improvvisano delle pantomime danzate. O ancora, si assiste alla rappresentazione di alcune parabole da parte dei due figli degli artisti Angelini e Serrani (Agata ed Edoardo), come quella de La conferenza degli uccelli. Poema persiano del XII secolo di Farid al-Din ‘Attar, esso racconta della ricerca da parte di tutte le razze di uccelli di un re che possiede tutte le risposte, che in realtà consiste nel loro cuore purificato da ogni brama dannosa e da ogni desiderio di prevaricazione. Ci troviamo dunque davanti a un ultimo livello di drammatizzazione del pensiero che occorre tutelare “l’assurda bellezza del tutto”, anzi al suo tentativo di sensibilizzazione estremo. Le visioni suggeriscono che sono forse gli animali stessi a reclamare dagli esseri umani soccorso ed empatia, a farsi promotori spirituali del bisogno urgente di cambiamento.
Tutti questi piani sovrapposti hanno fondamentalmente lo scopo di mostrare che un mutamento radicale dello status quo intollerabile deve partire da tre grandi motori etici e psicologici: 1) l’osservazione concentrata e intensa dell’“assurda bellezza del tutto” compiuta dalla scienza; 2) il gioco del teatro che sintetizza con un’immagine semplice il cuore del problema del cambiamento climatico, simboleggiato qui dalla lotta tra Oberon e Titania; 3) l’approdo a un “sogno lucido” dietro lo stimolo di visioni che mettono in comunicazione empatica con gli animali. Associando questi tre piani alla classica divisione triadica dell’essere umano (ragione, immaginazione, desiderio), potremmo concludere che Tell Tale mescola questi diversissimi livelli per mobilitare integralmente la nostra natura. Il cambiamento non va solo studiato razionalmente, o immaginato attraverso la poesia della scena, o desiderato in forma empatica. Scienza, teatro e visione debbono cooperare insieme, affinché la spinta a mutare risulti efficace e completa.
Ma c’è un’ulteriore riflessione che può essere aggiunta e che discende con un approfondimento della tesi apparentemente bizzarra di Wally che è il sogno a generare la veglia. Questa ipotesi può in realtà essere confermata guardando alla vita dei bambini che crescono nella pancia della madre e a quelli che hanno appena iniziato il processo di apprendimento. Si può dire che in questi anni cruciali l’essere umano dorme e sogna soltanto. Quando poi entra nella condizione successiva della veglia, il bambino tenta di riprendere da sveglio l’attività onirica attraverso il gioco. Giocare significa infatti entrare in una dimensione indotta di “sogno lucido”, in una finzione che toglie concretezza alla realtà e la muta in maniera radicale. Chi gioca finge che le cose non sono come sono, o pretende di trovarsi in un diverso spazio e in un altro tempo, che è esattamente ciò che facciamo involontariamente quando sogniamo. Accade però che, con il passare del tempo, l’adulto consideri la veglia la dimensione normale e naturale della sua esistenza. Egli abbandonerà così sempre di più lo spazio dedicato al sogno e al gioco, nella credenza che è da svegli e nelle attività serie che si ottengono i risultati più importanti o duraturi.
Ora, il focus di Tell Tale sull’importanza della scienza, del teatro, della visione suggerisce, forse, che è proprio per questa incapacità sopravvenuta di sognare e giocare a lungo che derivano buona parte delle nostre tragedie attuali, inclusa quella del cambiamento climatico. In fondo, quando il bambino sogna nella pancia della madre e successivamente gioca da sveglio, compie attività molto complesse e impegnative: apprende nuove lingue, acquista una sua personalità, immagina mondi alternativi, impara a separare la mente dai limiti del suo corpo. Cosa mai potrà fare allora un adulto dalle capacità mentali ancora più sviluppate, se si lasciasse guidare dalle energie creative sprigionate sia dall’attività onirica, che da quella ludica? Forse attività ancora più grandi che adesso non pensiamo né immaginiamo né desideriamo nemmeno lontanamente, ma a cui la scienza, il teatro e la visione fanno da apripista. Lo scienziato, l’attore e il visionario hanno del resto almeno questo in comune. Entrano con la ragione, l’immaginazione o il desiderio oltre i limiti dei pensieri, delle immagini e delle voglie consuete, ossia offrono il modo di sognare e giocare in modo costruttivo da adulti.
Potremmo così tentare di concludere che il complesso lavoro di Tell Tale vagheggia questa nuova disposizione spirituale: l’attitudine ad attingere al piano del sogno e del gioco per attuare azioni trasformative o cognitive di cui adesso non siamo nemmeno un poco capaci. A sintetizzare bene questo ultimo punto, sono stavolta alcune delle parole che Wally rivolge alla sua assistente, poco prima di iniziare a provare la sua prolusione e a muoversi a cavallo tra scienza, teatro, visione onirica per difendere l’assurda bellezza del mondo intero (“Per favore, sento che la mia ragione deve essere messa a letto. Io devo trovare un’uscita dalla catastrofe. Ho bisogno di far giocare la mia ragione”).

 
 


Tell Tale/Aldilà delle parole
di e con Isadora Angelini, Luca Serrani
con la partecipazione di Edoardo Serrani, Agata Serrani
musiche e cura del suono Luca Fusconi
disegno luci Luca Serrani, Simone Griffi
foto di scena Dorin Mihai, Alice Vert
grafica e comunicazione Caterina Sartini 
organizzazione Isadora Angelini
con la collaborazione di Veronica Cannella, Alexandra Angelini
produzione Teatro Patalò
con il sostegno di Regione Emilia-Romagna
progetto di residenza condiviso da L’arboreto – Teatro Dimora, La Corte Ospitale Centro di Residenza Emilia-Romagna, Teatro Petrella di Longiano, Drama Teatro Modena, Fuor di Teatro
Monte San Vito (AN), Fuor di Teatro − Bosco antistante La Scuderia, 1° agosto 2020
in scena dal 31 luglio al 2 agosto 2020

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