“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 22 June 2020 00:00

Perturbazione: “(Dis)amore”, ventitré episodi di vita

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“È vero che a un certo punto della nostra vita i rimorsi li inzuppiamo nel caffè la mattina come biscotti”.
(Caro Michele, Natalia Ginzburg)

 

Nell’epoca di Netflix, del successo delle serie tv, dove una o più storie sono narrate in episodi e stagioni, ci appare coerente e di tendenza realizzare un album che più che concept assume le caratteristiche di una “serie musicale”. (Dis)amore, ottavo e ultimo album del gruppo torinese Perturbazione, si presenta diviso in ventitré tracce, o meglio episodi, sulla vita di una coppia; dalla scoperta dell’altro e il conseguente innamoramento, fino al (Dis)amore.

Il cantante/narratore racconta gli avvenimenti da diverse inquadrature e punti di vista e non è affatto un caso che i video dei singoli estratti dal disco siano quasi dei corti cinematografici. I Perturbazione sono una band ad oggi formata da: Tommaso Cerasuolo (voce), Cristiano Lo Mele (chitarra), Alex Baracco (basso), Rossano Lo Mele (batteria) e rappresentano da anni un punto di riferimento della scena pop-rock italiana. Confesso di essere legata a questo gruppo da quando, poco più che ventenne, una sera ascoltai per caso Agosto e dopo quattro anni dall’ultimo lavoro Le storie che ci raccontiamo (2016) speravo in un ritorno alle origini ad un sound minimale, arioso e armonico. Già dall’uscita dei primi singoli avevo compreso che non sarei stata delusa da questo nuovo lavoro e penso di poter affermare che questo album, uscito appena il 29 Maggio, sia assolutamente considerevole. Immagino che molti alla sola idea di sorbirsi l’ascolto di ventitré tracce musicali rabbrividiscano, ma vale la pena dedicare un’ora della propria giornata al suo ascolto e alla riflessione che ne consegue, anche perché non risulta mai uguale o noioso probabilmente proprio per la scelta di realizzare un disco che il gruppo stesso sostiene essere sottoprodotto, minimale, semplicemente suonato e cantato senza synth e lasciando tutte le imperfezioni che a mio avviso ne costituiscono la ricchezza e il punto di forza assoluto.
Cristiano Lo Mele, chitarrista della band e responsabile degli arrangiamenti, ha affermato in una recente intervista: “Arrivavamo da due dischi molto prodotti e volevamo tornare a quella definizione di suono che ci fu appiccicata addosso circa venticinque anni fa e che custodiamo gelosamente: musica anemica (...). C’è poi una ragione più legata alla narrazione: il racconto di questa storia si prestava ad una specie di ‘nudità’ sonora, senza sovrastrutture che ne avrebbero reso l’approccio più artificioso”;  inoltre Tommaso Cerasuolo autore e cantante dalla band ha aggiunto: “Non volevamo sovraprodurlo, volevamo fare un lavoro di leggerezza, senza quantizzare tutte le batterie, far suonare tutto molto pieno, infarcire di Synth... non ci interessava assecondare il gioco del momento. ricchezza armonica diversa. Cristiano è quello che propone tutte le idee iniziali, da molti anni lavora con i Totò Zingaro, che hanno una radice molto blues e roots e questo lo ha certamente influenzato”.
Relativamente ai vari riferimenti musicali possiamo scorgere l’influenza degli Smiths in primis ma anche The Cure, REM, Beatles e di autori nostrani come Luigi Tenco, Lucio Dalla, Gazzè e molti altri, tante le sonorità anni ’60 ma anche ’70, un sound universale come i concetti e i temi affrontati nei vari brani, un album sempre attuale, altro punto di forza da sottolineare. (Dis)amore è un album che però è il risultato anche di molte influenze letterarie, c’è l’influsso di John Cheever, e poi ancora Romagnoni, George Fontana, Buzzati, Parise, Domenico Starnone. Si tratta di letture interiorizzate che hanno permesso a Tommaso e Rossano Lo Mele, membro della band e co-autore dei testi, di scrivere tanto sull’amore e (Dis)amore, ma nel disco si parla anche della vita e delle assenze file rouge che collega ogni brano. Ci sono anche frasi afferrate dalla vita reale, come accade nel brano Taxi taxi, il più cinematografico di tutti. “Una sera”, raccontano, “eravamo a Milano per della promozione, il tassista parlava di storie di persone estranee in un turno di notte e abbiamo fatto nostro il suo racconto. Al fianco alla razionalità letteraria è bello imbattersi nella realtà per rendersi conto della reale vibrazione e sfumatura che stai cercando”. (Dis)amore è però soprattutto il frutto di uno spettacolo dal titolo Qualcuno che tace realizzato con il Teatro Stabile di Torino alla fine del 2016, attorno alle opere di Natalia Ginzburg, un’autrice che ha scritto tanto sul tema dell’assenza, un elemento che non c’è per sua definizione ma che in qualche modo influenza tutti. Nei lavori della Ginzburg è come se amore e (Dis)amore coesistano nei protagonisti lasciando emergere anche i temi della pazienza, della fiducia, del sostegno reciproco, racchiusi in una dichiarazione di coraggio e allo stesso tempo di resa.
Prima di analizzare nello specifico la narrazione che scorre attraverso i brani è importante menzionare anche Matteo Bracco che ha realizzato l’artwork dell’album. In copertina vediamo infatti una chiave, perché ogni relazione è immaginata come chiusa in una capsula del tempo all’interno della quale vengono custoditi sentimenti, ricordi, sbagli e una parte di vita come coppia e come singoli individui, e quella chiave e lì, disponibile per i due principali attori che possono scegliere di aprila di tanto in tanto o gettare quella chiave per non aprirla mai più.
Il primo episodio, la prima traccia ad aprire l’album è Le spalle nell’abbraccio che rappresenta il principio, l’episodio pilota dove sappiamo o meglio immaginiamo che i protagonisti sono due giovani, non sappiamo se sia un amore etero o omosessuale ma comprendiamo che è un amore adulto; probabilmente i protagonisti avranno tra i trenta e i trentacinque anni, vivono in una metropoli, i due per destino e un po’ per scelta si incontrano in un bar avendo alcuni amici in comune. Inizia così la scoperta dell’altro, le passioni comuni, il feeling, l’attrazione che li trasporta in una dimensione irreale in cui il resto del mondo scompare ed è qui che si insinua già il bacillo del (Dis)amore; questo essere poco presenti a se stessi e vivere fuori dal  mondo esterno che però, prima o poi, si insinuerà nella coppia rimescolando le carte, le certezze e decretandone inevitabilmente la fine. Il sentimento dell’innamoramento va in crescendo nelle track successive, Le regole dell’attrazione e Ti stavo lontano, che definirei evanescente e ariosa con gli archi che accompagnano la voce ed è a questo punto che troviamo la prima riflessione sull’amore contemporaneo: “Il triste rituale di amarsi solamente al condizionale” quel ti “amerei se” che già è una premessa o promessa di (Dis)amore. Il processo di innamoramento si conclude con l’allegra Mostrami una donna, dove viene tracciato il profilo di una lei che, a parte qualche scivolone negli stereotipi dell’universo femminile, ci restituisce una donna con un suo fascino unico, motivo per il quale scegliere lei e non un’altra.
Nei brani che seguono, La nuda proprietà, Regime alimentare e Il ragù entra in gioco invece la vita: la convivenza, le ristrettezze economiche, l’abitudine, la rata dell’affitto, i primi silenzi e incomprensioni e le prime crepe nelle fondamenta del rapporto. Non mancano riflessioni di tipo etico: “E chi dovremmo ascoltare? Il calo demografico la sovrappopolazione mondiale che cosa ci importa davvero? La spesa a chilometri zero o quell’ingrediente speciale senza il quale non vale”. Nella piatta ma confortevole vita quotidiana subentra poi l’imprevisto e la morte. Ne Il ragù si narra della morte del tutto inaspettata dalla vicina di casa con la quale si erano condivisi saluti, cortesie e pietanze. Nella narrazione di un amore e di una vita non può mancare ovviamente anche il sesso rappresentato come un desiderio inopportuno, provato nei confronti di un terzo personaggio che si insidia nel rapporto. Tommaso, su questo tema citando Marshall McLuhan, ha affermato che “vivendo in un’epoca in cui si vede troppo di tutto e quindi si immagina meno, spesso l’idea di sesso si confonde con la ‘pornografizzazione’ della società imposta dal maschio adulto, spesso analfabeta emotivamente”. Ne Il paradiso degli amanti, brano musicalmente ambizioso, la cinepresa si sposta verso un nuovo punto di vista, proprio dell’amante colui o colei che colleziona “firme sui libretti dell’assenza”. I sospetti ora si insinuano nella mente di chi viene tradito, una canzone, una telefonata improvvisa e ogni certezza crolla miseramente davanti all’evidenza. In Non farlo la voce narrante assume le sembianze di un grillo parlante o della coscienza che invita e non scoprire “il vaso di pandora” e di evitare di indagare, di comprendere e nascondere sotto al tappeto i cocci rotti.
Silenzio è una dei brani che più mi emozionano: all’inizio di una relazione il silenzio può assumere una connotazione positiva, diciamo spesso “ci capiamo con uno sguardo” oppure “non abbiamo bisogno di parole di dare alle cose un nome” ma il (Dis)amore nasce da un altro tipo di silenzio, inteso come incomunicabilità a tutti i livelli non solo quello verbale. Mi viene in mente una riflessione della Ginzburg nel suo libro Le piccole virtù in cui afferma che il silenzio dev’essere contemplato, e giudicato, in sede morale perché “come l’accidia e la lussuria, è un peccato. Il fatto che sia un peccato comune a tutti i nostri simili della nostra epoca, che sia il frutto amaro della nostra epoca malsana, non ci esime dal dovere di riconoscerne la natura, di chiamarlo con il suo vero nome”. L’inesorabile, con il suo sound oscuro, annuncia la concretizzazione dell’inevitabile tradimento, del “malefatto” che sancisce la fine e la rottura, non resta che lasciarsi ed ecco che arriviamo appunto al brano Non lasciarsi a metà, dove con accanimento terapeutico, si cerca di aggrapparsi all’altro, di andare ciecamente avanti poiché ci vuol coraggio a lasciare quella zona di comfort, quel porto sicuro in cui puoi sempre attraccare se il mare della vita è in tempesta perché ora solo questa rappresenta chi ha condiviso una parte di vita. Conta su di me sottolinea proprio questa difficoltà nell’abbandonare completamente chi comunque c’è stato, la persona su cui puoi contare ma l’amore non può comunque essere solo una razionale situazione di comodo, presa consapevolezza della sua fine bisogna fare una gran respiro e con coraggio andare avanti. Cosa resta allora? I ricordi, la memoria e Le nostre canzoni, titolo del diciassettesimo brano, che risuonano in qualche luogo che non esiste forse proprio in quella capsula temporale sospesa in una realtà parallela e citando ancora una volta la Ginzburg penso al valore del ricordo poiché col tempo “non si amano soltanto le memorie felici. A un certo punto della vita, ci si accorge che si amano le memorie”.
Dopo la narrazione di tutti questi eventi, prima delle riflessioni finali su quanto accaduto ai due protagonisti, arriva una pausa strumentale con Come dei ladri che ricorda le musiche di Morricone, delle colonne sonore dei film. Segue quindi un brano allegro stile anni ’60 La sindrome del criceto (impossibile non ballarla!) in cui sembra che ognuno di noi sia destinato e riprendere all’infinito questi ciclo in ogni rapporto, dall’innamoramento al (Dis)amore con la consapevolezza che “non si è liberi di innamorarsi” di scegliere chi sarebbe per noi più adatto. L’amore è piuttosto qualcosa che subiamo.
Il disco si chiude con due brani che sono un po’ la sintesi dell’album: Io mi domando se eravano noi in cui a ritroso i personaggi analizzano tutti i fatti accaduti, le incomprensioni, i tradimenti, i silenzi, pronti a riadattarsi ad una nuova realtà in cui ognuno prende la sua strada, andando incontro ad un nuovo amore e ad una nuova vita; e infine ciò che emerge da queste riflessioni, è che alla base del (Dis)amore ci sono le assenze ed è proprio questo il leit-motiv del disco, come scrive Tommaso, nell’ultimo brano, Le assenze  appunto: “Questa è semplicemente vita, un’eterna verità di cui prendere atto”. Detto diversamente, spiega il cantautore, “l’essere umano accetta l’irruzione dell’amore nella vita, ma non è capace di fare altrettanto con il (Dis)amore”.





(Dis)amore
Perturbazione
voce e testi
Tommaso Cerasuolo
chitarra Cristiano Lo Mele
basso Alex Baracco
batteria e testi Rossano Lo Mele
etichetta Ala Bianca Records 2020
artwork Matteo Bracco
tracklist: 1. Le spalle nell’abbraccio; 2. Le regole dell’attrazione; 3. Ti stavo lontano; 4. Mostrami una donna; 5. La nuda proprietà; 6. Regime alimentare; 7. Le sigarette dopo il sesso; 8. Il ragù; 9. Chi conosci davvero; 10. Il paradiso degli amanti; 11. Non farlo; 12. Silenzio; 13. Taxi taxi; 14. Inesorabile; 15. Lasciarsi a metà; 16. Conta su di me; 17. Le nostre canzoni; 18. Come i ladri: 19. La sindrome del criceto; 20. Temporaneamente; 21. Dieci fazzolettini; 22. Io mi domando se eravamo noi; 23. Le assenze

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