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Monday, 26 August 2019 00:00

Danze: passato e moderno al NTFI

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L’edizione 2019 del NTFI ha dedicato un’ampia e variegata sezione alla danza con spettacoli e laboratori di artisti e compagnie di fama internazionale. A partire dall’omaggio all’arte di Pina Bausch, infatti, sui palcoscenici napoletani è stato possibile vedere un ventaglio interessante e di qualità del mondo della danza contemporanea e quindi performance, spettacoli in formato classico, momenti propriamente didattici fino alle proposte più sperimentali: da Cristina Morganti alla compagnia nipponica Tao Dance Theatre, fino alla Vertigo Dance Company, per citarne velocemente solo alcune.

Un ritorno molto gradito è stato quello della compagnia NoGravityDance di Luciano Pellissari (già presente al Festival nel 2017 con Aria, uno spettacolo sul Barocco) che quest’anno, in prima nazionale, ha portato in scena Festa del Paradiso, un lavoro sul Rinascimento e, in particolare, sulla figura di Leonardo da Vinci (ricordato al Festival, in ragione dei cinquecento anni trascorsi dalla sua morte, anche attraverso un altro spettacolo teatro-circense, Leonardo e la colomba).
Il linguaggio di Festa del Paradiso è quello che caratterizza ormai da anni la compagnia, con l’interazione e la fusione di musiche, luci e movimenti corporei in grado di costruire quadri fortemente suggestivi. L’orchestra che esegue le musiche dal vivo è sistemata nella cavea ai piedi del palcoscenico che – brano dopo brano, scena dopo scena – si trasforma ogni volta in una sorta di scatola magica: grazie ai trucchi realizzati attraverso l’uso di corde, sovrapposizioni, proiezioni e riflessi di luci e veli, si compongono frammenti gioiosi, dal sapore simbolico o allegorico, in cui i danzatori si muovono giocando con le leggi di gravità, superandole e contraddicendole, in questo modo quasi reinventando categorie senso-motorie, liberando i corpi che danzano con effetti di grazia e meraviglia. Si tratta di ‘arguzie’ che avrebbero certamente affascinato Leonardo. La ‘fedeltà’ storica della fonte è rappresentata innanzitutto dai costumi che richiamano quelli dell’epoca, in particolare con le gorgiere che diventano anche un ricorrente elemento scenografico. Ancor più interessante risulta la scelta degli strumenti (e delle musiche) suonati dall’orchestra: il liuto, la viola, un piccolo organo, flauti, percussioni e persino la riproduzione di uno strumento della seconda metà del ‘400 vengono impiegati per eseguire arie rinascimentali (ma ci sono anche ritmi quasi tribali) accompagnando ogni scena; inoltre, una voce femminile del coro più volte dalla cavea raggiunge l’assito contribuendo, con il canto, a comporre il singolo momento spettacolare. Si comincia con una composizione in cui i danzatori formano un esagono, che si trasforma in un fiore che si apre e si richiude: ogni quadro assume una sua fisionomia, ispirata spesso ai dipinti di Leonardo, come la Dama con l’ermellino, l’Uomo vitruviano o l’Ultima cena; l’arrivo di Zefiro, il poetico venticello petrarchesco, insuffla i danzatori che formano fiori per mutarsi in spiritelli poi, che giocano ballando tra loro. Il corpo umano si sovrappone di figure proiettate, fino a divenire un corpo anatomico oppure accade che da pesanti abiti di dame, scenograficamente statici, i corpi fuoriescano, uno dopo l’altro: liberandosi dalle vesti, scappando e girovagando in ariose piroette.
Le forme si strutturano per poi risvilupparsi attraverso una continua metamorfosi che il fisico dei ballerini, con i loro movimenti, sembrano animare, provocare e mettere in moto. La fissità di un’immagine, astratta e ideale, è così attraversata da concrete figure, umane o naturali, oggetti compresi; in questo modo idealità e materialità si fondono tra loro per poi distinguersi e fuggire in direzioni opposte, squilibrando i quadri e dandogli vita, ritrovando ogni volta nuovi equilibri, nuovi incastri o relazioni, nuovi aspetti. Un omaggio al platonismo rinascimentale, in cui la gioia dell’inquietudine del movimento appare sempre in fondo calma e sobria, in relazione con la quiete delle forme (quanto meno come promessa), in una dialettica che differisce molto da quella di Aria, che parve ancora più ‘meraviglioso’, legato com’era all’esagerazione barocca, forse più congeniale alla poetica della compagnia.
Completamente diversa la linea di ricerca di Alexandre Roccoli, coreografo francese che da tempo è impegnato in un lavoro di esplorazione delle forze del corpo in movimento attraverso una ricerca che prova a mettere in comunicazione antiche tradizioni con il presente più contemporaneo. Hadra, parola araba che significa “presenza” e che dà il titolo allo spettacolo, indica una ritualità tipica di alcune correnti mistiche del sufismo, composta di letture, preghiere e invocazioni a Dio. Lo spettacolo che ordisce Roccoli attraverso i corpi dei due fratelli Youness e Yassine Aboulakoul (di origine araba ma legati alle danze ‘metropolitane’) mira infatti a evidenziare il potere ipnotico e magnetico della danza, inteso come una possessione del corpo, legata a una nostalgia di qualcosa di perduto, come sembra suggerire anche la poesia d’amore in arabo recitata all’inizio e consegnata, su un foglio e in traduzione a tutti gli spettatori. L’originalità della ricerca consiste nel legame tra danze antiche e partiture fisiche agitate da musica contemporanea, hip hop ed elettronica soprattutto, accomunate dal ricorrere della circolarità e della ripetizione, anche ossessiva, e dalla suggestione profonda del ritmo, capace di generare la grazia o lo choc. Visto l’interesse e l’importanza del tema dispiace dunque per l’effetto, non tanto convincente, della performance che, proprio in alcuni momenti di particolare intensità drammatica, appare finto, forzato e non coinvolge, dando invece il meglio in alcuni passaggi momentanei vissuti e percepiti come pura danza. Infine. Molto bello lo spazio che accoglie lo spettacolo, la Chiesa di Santa Maria Donnaregina Vecchia al Museo diocesano: tuttavia, e nonostante le evocazioni che provoca questa struttura meravigliosa, non c'è alcuna valorizzazione ulteriore dell'ambiente, rispetto al quale lo spettacolo sembra un innesto rimasto estraneo.





Napoli Teatro Festival Italia
Festa del paradiso
di Emiliano Pellissari 
regia Emiliano Pellissari
con NoGravity Company
direzione musicale Walter Testolin
coreografia Mariana Porceddu
costumi Giusi Giustino
foto di scena SalvatorePastore
produzione NoGravity – Fondazione Pietà de’ Turchini
organizzazione e coordinamento artistico Luisa Di Napoli, Adelaide Mascolo
paese Italia
durata 2h
Napoli, Teatro Mercadante, 1° luglio 2019
in scena 1° luglio 2019 (data unica)



Hadra
di Alexandre Roccoli
coreografia Alexandre Roccoli
con Youness Aboulakoul, Yassine Aboulakoul
composizione sonora Benoist Bouvot
luci Alessandro Pagli
foto di scena Ivan Nocera
produzione A Short Term Effect, Ballet du Nord de Roubaix, Espace des arts – SN Chalon-sur-Saone, la Briqueterie – CDCN du Val de Marne, Le Menage – SN de Reims
paese Francia
durata 40’
Napoli, Museo Diocesano – Chiesa di Santa Maria Donnaregina Vecchia, 2 luglio 2019
in scena 2 luglio 2019 (data unica)

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