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Saturday, 08 September 2018 00:00

“Faccia gialla”, fattezze carnali di santità

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Nel cortile del Chiostro del Convento di San Domenico Maggiore, tra gli ultimi appuntamenti della rassegna teatrale Classico Contemporaneo, è andato in scena Faccia gialla, uno spettacolo di Margherita Romeo sul “santo” non solo più famoso della città, ma quello il cui culto − affrontato nel dramma − ne rivela fondamentali caratteristiche storiche.

La messa in scena gioca su vari registri e stili, alternando la narrazione sacra alla 'macchietta', il lazzo al dolore, attraverso l'uso di monologhi, danze, urla, dialoghi e battute che creano continui contrappunti all'interno dei quadri che si susseguono durante lo spettacolo, che nel complesso mantiene una coloritura generale volutamente popolare.
La scenografia è ridotta all'osso, con un piccolo palco montato nel cortile, chiuso da una quinta di fondo e due pannelli laterali per le entrate e uscite degli attori, e un tavolo al centro su cui si erge una figura immobile non visibile, coperta da un lungo velo che forma come una lunga tonaca: la statua di San Gennaro, Faccia gialla, che viene scoperta all'arrivo di due devote che entrano in scena. Il Santo scoperto appare con il corpo nudo, tranne un pantaloncino rosso, tutto ricoperto da capo a piedi di un cerone dorato, giallo. Le due popolane, accompagnate da uno storpio con la stampella e da un Pulcinella, scimmiottano una danza-processione al santo.
La devozione delle popolane prende da subito le forme di un'adorazione passionale ed esplicitamente carnale e sessuale, con le due devote che fanno a gara tra loro per ringraziare o 'ingraziarsi' San Gennaro, appunto per qualche grazia ricevuta o ancora da ricevere. Il Santo tuttavia le respinge (salvo un momento in cui 'cadrà' temporaneamente in una danza molto carnale), incitandole piuttosto all'amore cristiano per l'umanità intera: “Nun song n'omme”, quasi urla alle donne, rivelando loro che anch'esse sono in realtà reincarnazioni di altre vite, e che le due donne sono (state) niente po' di meno che Santa Patrizia e Santa Rita da Cascia.
San Gennaro inizia a spiegare la sua origine (da Ianus, il dio pagano bifronte Giano, rivolto verso il passato e verso il futuro) affermando una continuità tra paganesimo e cristianesimo, tra il suo e il culto del dio Mitra. Ma a differenza del culto pagano, spiega Facciagialla, più conoscitivo e razionale, quello cristiano invece, fondato sulle passioni degli uomini, sul cuore e l'amore, si rivolge di più alle debolezze umane, è più aderente alla vita concreta.
Un racconto (come ce ne saranno altri lungo la rappresentazione) che evoca un piano altro, distinto dal piano concreto e temporale rappresentato dai corpi dei personaggi in scena nei vari quadri: corpi molto sensuali e promiscui, anche nella sofferenza, che spesso si esprimono attraverso delle danze, oppure gesti, anche vocali, rumorosi e plateali, taglienti e dissacranti oppure intensamente dolorosi, sempre molto marcati.
Simultaneamente ad esso, la figura di San Gennaro invece rimanda a una sorta di piano metatemporale, di spirito o anima del mondo che si incarna proprio nel Santo, attraverso la sua sacralità, uomo qualunque o addirittura peccatore, spirito ma anche sangue, che si rinnova. Questa dimensione più ampia da cui viene San Gennaro come un messaggero si manifesta scenicamente, in alcuni quadri dove si raccontano episodi religiosi o significati ultraterreni, in modo particolare attraverso l'uso di una voce registrata che sostituisce la voce dal vivo degli attori, che seguono piuttosto, o accompagnano mimando le parole che vengono dal fondo, appunto come da un'altra dimensione.
E San Gennaro si lamenta degli uomini (e afferma che anche Dio ne è spazientito...), raccomanda la fede, accompagnata dall'amore, invita alla semplicità dello spirito che percorre le epoche, che si ripete cambiando forme, che si trasformano e susseguono, ribaltando ogni volta anche i ruoli, mischiando bene e male, facendo di umili popolani gli intermediari divini, a protezione delle debolezze umane e dei mali del mondo.
In tal senso gli stereotipi del folclore messi in scena ci sembrano maschere, quasi manichini di un'umanità fragile ritratta nella ricerca di forza e protezione, che si raccoglie in un destino che ha bisogno di tracce sensibili, se non sensuali, per manifestarsi, come questa “Facciagialla”, che durante lo spettacolo, poco alla volta perde parte del suo cerone dorato, strofinato via dal tocco dei suoi devoti, senza perdere tuttavia il suo potere miracoloso.

 

 

 

 

Classico Contemporaneo
Faccia gialla
di Margherita Romeo
regia Margherita Romeo
con Dario Tucci, Margherita Romeo, Giuseppe Fiscariello, Antonella Raimondo, Antonella Abys, Ferdinando Sognamiglio
aiuto regia Giuseppe Fiscariello
lingua italiano, napoletano
durata 1h
Napoli, Chiostro del Convento di San Domenico Maggiore, 27 agosto 2018
in scena 27 agosto 2018 (data unica)

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