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Friday, 13 October 2017 00:00

Quel posto in cui tutto è possibile

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Sulla superficie affatto liscia della terra, tra sporgenze di roccia, foglie o cemento, c’è una piccola escrescenza che spunta oggi qui, domani lì e che ho trovato con piacevole sorpresa nel cortile di un teatro. È un ricovero dal mondo, un luogo in cui cercare ospitalità quando tutto ciò che circonda l’uomo nel suo quotidiano diventa scialbo e stancante, un luogo per rifarsi l’anima. Lì la logica comune è messa al bando. Chi vuole può lasciare fuori chi crede di essere, mettere via la propria identità con tutti i documenti ed essere solo occhi che vedono, orecchie che ascoltano, cuore che batte, mente che immagina e può lasciarsi trasportare via, senza timore, da questa superficie affatto liscia della terra. È un luogo di stoffa e di carne, è un posto oltre il mondo dove tutto è possibile, è un circo, il circo contemporaneo El Grito.

− No, lo spettacolo non è in sala, è nello chapiteau – Così viene annunciato agli spettatori nel foyer del teatro TaTÀ di Taranto e allora tutti escono e accompagnati dalla musica in filodiffusione, fuggendo il freddo improvviso della sera, trovano riparo nel tendone. Sono presenti adulti e bambini per uno spettacolo che non ha limiti di età.
Lo chapiteau è piccolo e accogliente, già da solo incuriosisce e ispira sogni ad occhi aperti.
− Sarebbe perfetto per farci girare i cavalli − dice il mio accompagnatore immaginando i suoi cavalli che ci si allenano. Ma i cavalli non ci sono, vedremo solo corse in tondo. E mentre ci sediamo e ognuno si abbandona a proprie fantasie su quello che vedrà, tra chi vaga con lo sguardo in mezzo agli strumenti musicali e gli attrezzi in scena e chi si chiede come si tenga su la tenda, comincia lo spettacolo.
Si tu t’immagines nasce da un progetto di collaborazione tra il circo italiano El Grito e il collettivo francese di artisti circensi Acolytes. Il progetto che si è costruito in “viaggio” tra le Marche, la Basilicata e la Puglia, si è presentato al pubblico in diverse versioni. C’è un pubblico che ha potuto assistere alla creazione dello spettacolo, un altro pubblico che lo ha visto in piazza come interventi itineranti di artisti di strada e numeri di circo contemporaneo, un altro ancora ha assistito alla versione “arena” più grandiosa, il pubblico di Taranto lo vede nella versione integrale, compiuto e pur sempre da compiersi ogni giorno ma spettacolo vero e proprio. Strutturato come un cabaret, le scene si susseguono lasciando la possibilità ad ogni artista di esprimere il proprio mondo poetico, in solitaria ma anche in coppia o in gruppo. Anime che si mostrano nella destrezza del corpo, nei gesti abili, negli equilibri ma che fuoriescono da quelle crepe della pelle che solo gli attori sanno aprire con le loro espressioni e la messa a nudo delle loro emozioni.
Lo spettacolo ci culla in situazioni surreali, mostrandoci una variegata e incredibile umanità che muove le nostre reazioni in relazione agli avvenimenti più assurdi. Seguiamo con gli occhi e alzando il capo un’invisibile goccia d’acqua che cade dal soffitto nel bicchiere di un vecchio, ci arrampichiamo verso il cielo dietro una ragazza senza peso corporeo, come un folletto, un elfo, una bambola di pezza. Ridiamo dei dispetti e dei litigi. Incitiamo donne incalzate dai ritmi del lavoro o sopraffatte dai costumi di scena. Ci lasciamo trasportare nel vortice di emozioni di un’innamorata. Ci innamoriamo a nostra volta della danza di due amanti. Ma come suggerisce il titolo, è ciò che ho immaginato io di fronte a delle storie suggerite e mai raccontate.
Il connubio italo-francese che ben si amalgama nella preparazione dei suoi artisti che sembrano capaci di tutto e probabilmente lo sono, fa avvertire una separazione nello stile delle scene proposte. Più poetici e nostalgici gli artisti italiani di cui si avverte la coesione anche quando si esibiscono in pezzi distanti all’interno dello spettacolo, più allegri e scanzonati i francesi. Così se si guarda ad una scena con occhi estatici e cuore languido, altre muovono al riso e coinvolgono lo spettatore in senso euforico, quasi non si fosse riusciti a cucire bene insieme due spettacoli diversi. Tuttavia la varietà delle atmosfere tiene sempre ben vigili e accende l’interesse, tanto che questo doppio risvolto della medaglia non dispiace. Quasi un gioco di luci ed ombre.
Il compito di tenere tutto più saldo insieme è affidato alla musica. Che sia registrata e tenuta in sottofondo o suonata benissimo dal vivo o utilizzata per creare effetti sonori con sincronismo perfetto o ancora per stupire con impensabili strumenti che sfilano davanti ad occhi increduli, essa ha un ruolo fondamentale nello spettacolo perché è sempre lì. E tutti sul palco fanno musica, ogni cosa: i corpi degli attori che sanno tutti creare suoni e ritmi, gli oggetti anche i più impensabili che suonano nel chiudersi e nell’aprirsi, oggetti usati per la giocoleria. Non solo le classiche palline ma ventagli e ombrelli. Addirittura ci sono trecce che suonano lo xilofono.
La regia dello spettacolo è affidata a Giacomo Costantini che in scena fa l’acrobata, il giocoliere, danza, mima, suona, sposta gli attrezzi, cammina sui gonfiatori, parla con il pubblico nel momento del congedo. Un vero uomo di teatro, di questi giorni, del circo contemporaneo. Un uomo del posto, di quel posto in cui tutto è possibile.

 





Si tu t'imagines

regia Giacomo Costantini
con Julie Maingonnat, Isabelle Dubois, Marie Mercadal, Mark Dehoux, Fabiana Ruiz Diaz Beltran, Giacomo Costantini, Andrea Farnetani
musiche originali Giacomo Costantini, Mark Dehoux
luci Domenico De Vita
produzione Circo El Grito, Acolytes
progetto sostenuto da Fondazione Nuovi Mecenati, Gruppo Total
in partenariato con Teatro Pubblico Pugliese, Teatri di Bari, Teatro Kismet OperA, Comuni di Guardia Perticara, Policoro, Martina Franca, Taranto
Taranto, Teatro TaTÀ, 7 ottobre 2017
in scena 6 e 7, 14 e 15 ottobre 2017

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