“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 25 July 2017 00:00

Cinema e neuroscienze

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Le neuroscienze hanno da tempo evidenziato quanto l'intelligenza umana sia legata alla corporeità degli individui e come quest'ultima si realizzi pienamente attraverso l'esperienza. Il corpo riveste un ruolo centrale nelle pratiche di simulazione che gli individui mettono in campo tanto nella vita quotidiana, quanto nelle esperienze estetiche e mediate. Nel saggio Lo schermo empatico. Cinema e neuroscienze (Raffaello Cortina Editore, 2015), gli autori, Vittorio Gallese e Michele Guerra, un neuroscienziato ed un teorico del cinema, indagano la relazione che lega lo spettatore alle immagini cinematografiche, il tipo di rapporto intersoggettivo che si instaura tra gli spettatori ed i mondi possibili della finzione prodotti dal cinema.

Convinti dell’idea che le neuroscienze possano contribuire a comprendere il funzionamento del cinema ed il suo rapporto con gli spettatori, Gallese e Guerra articolano un modello di percezione e comprensione del mondo applicabile tanto all’esperienza della vita reale, quanto a quella cinematografica. Da ciò la definizione della teoria della simulazione incarnata (embodied simulation) che, sostengono gli autori, costituisce un "meccanismo di funzionamento di base del sistema cervello-corpo dei primati, uomo incluso".
Gli autori intendono ricavare dalle neuroscienze un contributo utile alla percezione delle immagini e alla costruzione delle relazioni tra individuo e realtà e tra individuo ed altri suoi simili.
Gallese e Guerra sono convinti che vedere il mondo significa anche guardarlo per capirlo; "l'esperienza visiva del mondo è il risultato di processi di integrazione multimodale, di cui il sistema motorio è un attore principale". L'integrazione multimodale di ciò che viene percepito avviene sulla base delle potenzialità d'azione (intenzionali) espresse dal corpo (inserito in un mondo abitato da simili). Attraverso la simulazione incarnata si costruiscono le rappresentazioni non verbali dello spazio e ci si rapporta in modo altrettanto non verbale alle cose ed agli altri esseri umani. La simulazione incarnata descrive, da un punto di vista funzionale, meccanismi neurali che mettono l'individuo in risonanza col mondo dando luogo ad una relazione dialettica tra corpo e mente, soggetto ed oggetto, io e tu.
I due studiosi sottolineano che, pur avendo tratti in comune con l'empatia, la simulazione incarnata non può essere identificata con essa avendo un'applicazione assai più diversificata e vasta. Nel saggio viene delineato anche il concetto di simulazione liberata, una particolare espressione della simulazione incarnata che consente di comprendere meglio "la particolarità e insularità estetica dell'esperienza della [...] finzione narrativa cinematografica", mostrando affinità e differenze rispetto all'esperienza di ciò che viene definito mondo reale.
Nel primo capitolo vengono definite le basi epistemologiche e neuroscientifiche poi applicate nel corso della trattazione. Nel secondo capitolo si esaminano le forme della soggettività dispiegate dal cinema, indagando come esso abbia tentato di "creare una sovrapposizione credibile tra lo sguardo della macchina da presa ed il punto di vista dello spettatore, delegando alla macchina la responsabilità di simulare l'immanenza di un corpo umano entro lo spazio dell'inquadratura". Successivamente, nel terzo capitolo, vengono analizzati i diversi movimenti di macchina ed i tipi di risonanza motoria che questi inducono nel pubblico e, nel quarto capitolo, vengono indagati i diversi tipi di montaggio analizzandone le ricadute sullo spettatore. Nel quinto capitolo si riflette sul primo piano e sulla texture dell'immagine cinematografica ed, infine, nel sesto capitolo, gli studiosi ragionano sul cinema del futuro a partire dalle tecnologie che ne rivoluzioneranno le capacità di coinvolgimento.
Vittorio Gallese ha fatto parte del gruppo che nei primi anni Novanta ha individuato i neuroni specchio e da tale ricerca è emerso come si attivino i medesimi neuroni nel presiedere e controllare un movimento tanto in chi lo compie, quanto in chi lo guarda compiere. Ciò ha evidentemente aperto numerose riflessioni circa le modalità di apprendimento e l'empatia. Dal punto di vista cinematografico, l'obiettivo di ogni regista è, per certi versi, quello di coinvolgere lo spettatore sino a portarlo dentro al film. Lo spettatore, pur seduto in poltrona al cinema, quando osserva un film è capace di simularsi in azione all'interno di quello spazio bidimensionale che è lo schermo. A partire dalla teoria della simulazione incarnata, legata alla scoperta dei neuroni specchio, gli studiosi tentano di capire in che modo il cinema favorisca tale tipo di immedesimazione.

 






Vittorio Gallese, Michele Guerra
Lo schermo empatico. Cinema e neuroscienze

Milano, Raffaello Cortina Editore, 2015
pp. 318

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