“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 17 June 2017 00:00

Il sacrificio che emenda la colpa di essere ebreo

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Il centro della scena è occupato da un alto parallelepipedo che si mostrerà, in seguito, essere una struttura girevole, su cui un lato è occupato da un bassorilievo a tutto campo del volto del protagonista Harry, su un altro vi è sia lo studio di pittrice che abitazione modesta di Ada, l’artista ribelle che legherà la sua vita ad Harry. I due personaggi sono i protagonisti dell’ultimo romanzo scritto da Irène Némirovsky I cani e i lupi pubblicato due anni prima della sua morte nel 1940, cui si aggiungono Ben, marito di Ada e Laurence, francese moglie di Harry, l’unica non ebrea della vicenda.

La sinossi parte da un episodio lontano a Kiev, quando i cugini ebrei Ada e Ben trovano rifugio, durante un pogrom, a casa del lontano cugino ricco Harry. La piccola Ada ha subito la percezione che lui diventerà l’uomo della sua vita e una volta cresciuti e diventati esuli a Parigi, lei farà di tutto per cercarlo e fare in modo di incontrarlo. La passione tra i due è subito violenta, sincera, appassionata, il marito Ben cercherà di far fruttare a suo vantaggio la relazione facendosi assumere nella banca degli zii di Harry arrivando a dirigerla e arricchirla fino al crac finanziario che rischia di coinvolgere l’onore dell’incolpevole Harry. Ada, disposta a tutto, anche a rinunciare all’uomo della sua vita pur di salvarlo, chiederà a Laurence e alla sua ricca famiglia di intervenire per far tornare “tutto come prima”. Ada, incinta dell’uomo della sua vita, sa di aver fatto la scelta giusta, sente finalmente di poter dire: “Noi. La pittura, il bambino, il coraggio. Con questo si può vivere più che bene”. Sono le ultime parole che chiudono la pièce nel buio del Cortile delle carrozze di Palazzo Reale.
La Némirovsky tratteggia un quadro feroce della società degli anni ’20 e ’30, in cui il suo giudizio sugli ebrei è così netto e impietoso da farla accusare all’epoca di antisemitismo. In realtà l’autrice, ebrea ucraina poi divenuta cattolica e francese, conosceva benissimo l’ambiente che è sempre presente nei suoi romanzi perché ne aveva fatto parte fin dalla culla. Irene conosceva bene l’ebreo ricco che si era emancipato dalla miseria e temeva di potervi ricadere (i cani del titolo, benestanti al caldo e al riparo nelle loro case) e l’ebreo povero che avrebbe sbranato chiunque per la propria sopravvivenza (i lupi). Harry è il primo, Ben il secondo. Ben urlando con odio al suo rivale in amore: ”Tu che ci guardi dall’alto in basso, che ci disprezzi, che non vuoi avere niente in comune con la marmaglia giudea! Lascia passare un po’ di tempo! Presto ti confonderanno di nuovo con quell’ambiente! Tornerai a farne parte, tu che sei uscito, che hai creduto di liberartene!”.
La scenografia in mutevole movimento, gli splendidi abiti di inizio secolo XX di Zaira De Vincentiis e la scelta registica di Paolo Coletta di puntare sulla caratterizzazione dei personaggi riducendo la trama a pretesto narrativo, sembra abbiano dato buoni risultati. Emerge con chiarezza che la ribelle Ada non è altro che l’emblema della libertà e dell’onestà sentimentale, libera dagli schemi dei giudizi e dei pregiudizi degli ebrei e sugli ebrei. L’altro personaggio femminile Laurence, vittima del suo status sociale ed economico sembra lontanissima da Ada, ma nel patto finale che stringono e suggellano con un abbraccio, si mostra non meno coraggiosa e leale dell’avversaria.
Gli attori sulla scena sono perfettamente calati nel loro ruolo, a tratti un po’ lenti, ma sempre convincenti. Scelta registica non troppo felice è la parte musicale cantata dagli attori su quelle parti che nel romanzo i personaggi tacciono, che non è propriamente un canto, ma un discorso ritmato abbastanza fasullo. Ottima la scelta della struttura circolare: la scena iniziale è la stessa ripetuta al momento dello spannung della storia, cioè della massima tensione narrativa, per scivolare poi velocemente verso la fine.

 

 

Napoli Teatro Festival Italia
I cani e i lupi
di Irène Némirovsky
drammaturgia, musica e regia Paolo Coletta
con Martina Carpi, Salvatore D’Onofrio, Giacinto Palmarini, Annalisa Renzulli
scene Luigi Ferrigno
costumi Zaira De Vincentiis
assistente costumi Assunta Ausilio
produzione Stati Teatrali
paese Italia
lingua italiano
durata 1h 20’
Napoli, Palazzo Reale – Cortile delle carrozze, 13 giugno 2017
in scena 13 e 14 giugno 2017

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