“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 13 June 2017 00:00

L’amore sulla terra rossa

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Nel Cortile delle carrozze del Palazzo Reale di Napoli è allestito uno dei palchi del Napoli Teatro Festival Italia, una scatola dalle pareti nere profonde come la notte che sfuma i contorni spaziali e temporali della pièce Love/Hate – Open 2017 incentrata sulla narrazione di un rapporto di coppia, forse del rapporto di coppia.

Un occhio di bue illumina il centro del palco dove, seduto ad una scrivania mezzo vestito, vi è un uomo che da una grossa busta estrae dei bossoli colorati disponendoli sul tavolo come se stesse apparecchiando una battaglia campale con dei soldatini. Enuncia il colore dei bossoli in inglese, parla tra sé come fanno i bimbi assorti nelle loro fantasie ludiche, quando è interrotto dalla sua donna che entra in sottoveste nera, la sua compagna, probabilmente sua moglie, la donna con cui ha una relazione. I due sono in procinto di uscire, si vestono con calma, ogni tanto interrotti dal flusso dei loro pensieri. Mentre l’uomo si siede davanti ad un computer posto alla sinistra del palco, la donna gioca anche lei o forse ricorda il suo passato da manager che illustra ai conferenzieri il segreto del successo per poi salire sul tavolo centrale e darsi ad una performance ballerina accompagnata dalla musica.
Quando questo flusso si esaurisce e la riporta alla realtà, la scena è invasa dal suono di una partita di qualche Internazionale di tennis. I colpi secchi della pallina che impatta la racchetta, con un’ossessione ritmica, portano l’uomo e la donna a guardarsi negli occhi, ancora mezzo vestiti, e ora entrambi sono presi dalla loro comunicazione non verbale e dai loro monologhi interiori. Si guardano, mimano una danza cadenzata dai colpi della pallina di tennis, un ballo che è un misto tra gesti di tennista e flamenco, movimenti sinuosi di toreri e movimenti lenti giocati frontalmente, assorti tra sguardi e gambe e braccia che spostano e occupano lo spazio. E poi tra i due c’è la gara a riconoscere le citazioni famose, i pugni chiusi di lui, gli occhi al cielo di lei che si avviluppa nella pelliccia, l’uomo che si alza e si siede a seguire la partita degli Open di Tennis.
Musica e ritmo della partita seguono e sottolineano il dialogo muto e verbale dei due. La metafora della partita di tennis assurta a paradigma della vita di coppia è stata ispirata dai due attori e autori, Anna Dego e Alessandro Mor, al saggio di David Foster Wallace Il tennis come esperienza religiosa (in inglese Federer as Religious Experience), anche se non bisogna andare geograficamente molto lontano per trovare anche nelle parole del nostro Giorgio Bassani la stessa concezione esistenziale e sentimentale. Ne Il giardino dei Finzi-Contini, il narratore B. racconta di come la donna di cui era segretamente innamorato, Micol, vedesse la vita come un continuo fronteggiarsi su un campo da tennis, una lotta alla sopravvivenza fatta di sopraffazioni, di forze dominanti regolate da set e terra rossa. “Era vero; da bambina aveva avuto per me un piccolo striscio; e chissà, forse era proprio per questo che adesso la bloccava totalmente nei miei riguardi. Io... io le stavo di fianco, capivo?, non già di fronte; mentre l’amore – così, almeno, se lo immaginava lei – era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda; uno sport crudele e feroce, ben più crudele e feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusione di colpi e senza scomodare, per mitigarlo, bontà d’animo e onestà di propositi”.
I due attori, però, sul palco più che avversari sembrano complici anche nei loro movimenti convulsi portati allo spasmo, nelle battute quasi autistiche, un continuo confronto che non diventa mai affronto, in una lettura realistica del rapporto con se stessi e con se stessi nella coppia. Sul finale i due protagonisti ormai vestiti si siedono sul boccascena e fingono una conferenza stampa in cui rispondono ad inesistenti domande degli astanti. A chi chiede quale sia la chiave, la soluzione del rapporto a due lui risponde: ” La chiave è nel percorso parallelo, non perderla mai di vista”, per lei: “È un palleggio tra controllo e lasciarsi andare, incontro dopo incontro”, è il lavoro di coppia di una sera proiettato nel futuro.
Infine escono da una quinta laterale, dopo aver indossato pelliccia e soprabito, finalmente pronti per uscire. Ispirata anche al lavoro dell’antropologa salernitana Annabella Rossi, la pièce di Dego e Mor integra il discorso di Wallace con l’idea che il corpo sia l’espressione dell’anima e che essa attinga ai ricordi più ancestrali per usare un alfabeto amoroso e sentimentale. La partita sul palco del Cortile delle carrozze si gioca fino alla fine, se esiste una fine.

 



Napoli Teatro Festival Italia
Love/Hate – Open 2017
di e con Anna Dego, Alessandro Mor
disegno luci Stefano Mazzanti
elaborazioni musicali Carlo Dall’Asta
produzione Fattoria Vittadini, Compagnia Dego/Mor
in collaborazione con residenze artistiche C.L.A.P. Spettacolodalvivo, Olinda
paese Italia
lingua italiano
durata 1h
Napoli, Palazzo Reale Cortile delle Carrozze, 6 giugno 2017 
in scena 6 giungno 2017 (data unica)

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