“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 28 May 2017 00:00

La passione istrionica

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L’Asilo Filangieri, nel cuore di Napoli, offre nuovamente uno spazio all’arte, in questo caso all’arte fotografica. Il 19 maggio è stata inaugurata la mostra fotografica di Sergio Morra, giovane fotografo napoletano alla sua prima esperienza espositiva. La mostra sarà fruibile fino al 28 maggio, sarebbe un peccato perdersela, per varie ragioni che tenterò di spiegarvi e che, mi perdonerà il fotografo, esulano dalla sola qualità del lavoro in sé.

È stato Sergio Morra a scegliere Passione come titolo per l’esposizione e, a giudicare dalle fotografie esposte, potrebbe avere dei risvolti concettuali molto interessanti. Le fotografie scelte ritraggono soggetti in preda al dolore fisico, colti in uno studio di tatuaggi nel mentre del lavoro sul loro corpo. La mostra è stata curata da Mario Spada, fotografo professionista anch’egli napoletano, con il quale ho avuto il piacere di lavorare altre volte e, nel caso specifico, di parlare a lungo circa il lavoro svolto non solo per l’allestimento e lo studio degli spazi, ma soprattutto riguardo le ragioni che lo hanno spinto a farsi curatore di quest’evento, accordando fiducia alle fotografie di Morra. Voglio iniziare trascrivendo le esatte parole di Mario Spada, alla mia domanda: “Cosa hai visto nelle foto di Sergio che ti ha convinto a credere in questo progetto?”.
Lui mi ha risposto così: “Guardando le fotografie di Sergio ho notato che in mezzo a quelle immagini dove erano presenti il tatuatore e il tatuato c'era questa seria di ritratti dai quali ne ho selezionati quattro, dove non si capiva che cosa stesse accadendo. Quelle immagini ti restituivano una cosa diversa dalla realtà contingente, evocavano altre situazioni. Passione che è il nome che ha scelto Sergio e che poi abbiamo mantenuto, secondo me era perfetto perché quelle foto ti facevano pensare sì al dolore, ma ti facevano pensare anche agli incubi, ti facevano pensare al sesso, all'attimo del godimento, ti facevano pensare alla preghiera, anche alla tortura, ed è questo che mi ha colpito, il momento in cui lui è riuscito a guardare in un altro modo, è riuscito ad andare oltre la situazione del momento. Attraverso un'immagine, quasi decontestualizzata, è riuscito ad entrare in una sorta di iperrealtà che ci porta in un mondo più ampio”.
Quello che dice Mario è vero, perché le fotografie sono sì scattate molto bene, a livello tecnico, ma la particolarità di queste immagini sta nel discorso libero applicabile alla serie di scatti. Passione è un titolo perfetto, ogni volto sofferente, curvato dal dolore, si presta alle mille predicazioni della passione, la quale spesso ha una consistenza liquida, nonostante la si senta sempre come un peso. La fusione del dolore e del piacere lascia facilmente trasparire – in un fraintendimento ben accetto – una dimensione sessuale, il momento dell’orgasmo: groviglio di sensazioni che sul volto si traducono in spasmi di godimento e svuotamento, contornati da segni evidenti di insopportabile abbandono e vulnerabilità. È il momento in cui il volto esprime la difesa e l’abbandono, l’istante in cui si è simili a Dio, potenti come lui, perché liberi e incondizionati, ma allo stesso tempo il corpo richiama una dimensione umana strettamente legata allo struggimento di una pelle tremante, esposta e mortale. Oltre a questa interpretazione, quei ritratti possono figurare la tortura, il martirio fisico, lo strazio delle rughe che si fanno sempre più contratte e imploranti.
Ancora, la preghiera, la supplica, talmente forte e desiderata, levata verso un silenzio eterno da spezzare i denti.
Sono fotografie quelle di Sergio Morra che bucano la realtà, l’attimo in cui sono state scattate e il perché, per entrare in una dimensione più narrativa attraverso un segnale universale qual è l’espressione di un volto che si contrae per i più svariati motivi. È un discorso sull’umano sentire e sulle manifestazioni attraverso le quali tutti noi ci rendiamo trasparenti, come vetri limpidi incapaci di schermare la potenza del sole o la violenza rumorosa della pioggia.
Le ragioni per cui piangiamo, soffriamo, godiamo sono sconosciute agli altri, spesso lo sono anche a noi stessi, ma il corpo non mente e si lascia leggere. È questo che amiamo, non ciò che capiamo, ma ciò che riconosciamo, perché la storia delle nostre gioie e dei nostri dolori è affare privato, e noi ci innamoriamo sempre per la prima volta delle passioni inscritte sul corpo, non nella mente.

 

 




Sergio Morra
Passione
mostra fotografica a cura di Mario Spada
in collaborazione con Tattoo Point Studio
l'Asilo
Napoli, dal 19 al 28 maggio 2017

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