“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 25 May 2017 00:00

Caricature del Fondo Pagliara al Suor Orsola Benincasa

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Opere satiriche come piccoli scrigni di storia e cultura, come custodi di trapassate identità, e della loro più leggiadra esuberanza. Diverse fra le litografie qui esposte hanno da poco ritrovato la luce (grazie alle curatrici Alessandra Monica Mazzaro e Francesca De Ruvo), e questa luce sono ora in grado di restituire in generosa abbondanza, regalando, su tutte, la rara opportunità di svelare gli aspetti peculiari del mondo dei caricaturisti napoletani a cavallo fra l’Ottocento ed il Novecento.

Il quasi ossessivo interesse collezionistico di Rocco Pagliara ha permesso di disporre di un’elevatissima quantità di pezzi tra cui operare un’attenta selezione di stampe sciolte ed album, partendo da un corposo insieme comprendente, fra altri, numerosi disegni a china e ad acquerello, cartoline, riviste e ritagli di giornale. La macro-ripartizione è segnata, come esplicato in catalogo, da un percorso ordinato cronologicamente, il quale va a toccare le diverse aree geografiche, partendo “dai più antichi esemplari inglesi fino ai più moderni italiani”.
È insieme alle specifiche riflessioni stilistiche ed iconologiche sui diversi lavori che emerge, in tale sede, il valore dell’opera satirica in sé. L’intensa espressione creativa che si esprime nella caricatura nasce dall’interpretazione di uno specifico personaggio o di una specifica vicenda (e da una netta presa di posizione!), generandosi nell’esasperazione palese e manifesta, o sottile e delicata, delle forme. Nel caso però del francese Guillaume Sulpice Chevalier, in arte Paul Gavarni, possiamo osservare come il disegno non presenti la minima deformazione caricaturale, ma risolva invece la propria forza satirica esclusivamente nella didascalia in calce alle eleganti immagini, compreso in una fra le stampe qui scelte: Compteraient sans leur hotesse (tratta dalla serie Nuances du Sentiment.).
Naturalmente l’interpretazione e il riassunto della realtà esemplificata dalla caricatura sussiste in modo differente, ma senza avere necessariamente lo stesso grado di puntualità nei riferimenti alle situazioni ed ai soggetti (se pur alle volte ipotetici), nelle altre forme artistiche “indipendenti” dal puro scopo di illustrare in concreto le situazioni politiche e sociali del proprio tempo. Essa si attesta dunque su di una visione più immediata e brillante, talvolta pienamente comica, delle cose più intime e quotidiane, o di quelle più complesse e collettive, senza mai tradire il proprio principio di sintesi. In tal senso la stampa LII, tratta dalla celebre serie di litografie di Honoré Daumier intitolata Moeurs conjugales, e 8 heures du matin (serie La journée du célibataire), sono l’esempio perfetto, e la testimonianza di come questo grande artista abbia saputo coniugare magistralmente un gusto vignettistico e veloce, una grande maestria compositiva ed un’acuminata capacità critica nei confronti della società, attraverso un’osservazione sensibilissima nel tratto come nel coinvolgimento emotivo, riuscendo a cogliere tutte le sfumature degli stati d’animo, dalla tenerezza alla brutalità, dal senso di oppressione alla stasi, alla nostalgia ed alla solitudine.
Rimarchevoli anche le litografie tratte da Petites Scènes de la vie di Albert Guillaume, con la loro morbida pittoricità e lo spaccato di vita privata e mondana della Belle Époque. Intelligenti ed avanguardistiche, esse sono in linea con i modernissimi romanzi francesi dell’epoca, e pongono l’attenzione sul contrasto tra figure colte, raffinate, delicate ed altre grossolane, grette e prevaricanti. Passando per opere del calibro del monumentale Panthéon Nadar, uno fra i capolavori in mostra, approdiamo dunque alla sezione italiana. Ed è qui che non possiamo non ammirare le opere dell’indiscusso protagonista Melchiorre De Filippis Delfico, nato a Teramo e trasferitosi molto presto a Napoli, dove fu artista attivissimo ed eclettico (dedito alla musica, alla pittura ed alla poesia), del quale si espone anche l’introvabile album Il ritorno a Parigi dopo la guerra, e diverse stampe tratteggiate da un’innovativa satira politica (spesso quella relativa ai personaggi ed alle vicende dell’Unità d’Italia, come in Società di mutuo soccorso). Si procede con la raccolta Napoli Fashionable di Mario Buonsollazzi, i lavori di Enrico Colonna, Antonio Manganaro (originario di Manfredonia) e diverse altre presenze fra le quali,  soprattutto, quella che fino ad ora è stata la misteriosa figura di Cir, pseudonimo di un caricaturista napoletano d’inizio ‘900, di cui ci parla ampiamente la Mazzaro nel suo intervento in catalogo, rivelando inoltre la clamorosa scoperta della sua identità: si tratta di Clemente Catalano Gonzaga duca di Cirella. Viene così illustrata la grande fama dell’artista, e ricostruita in parte la sua storia, quella di colui che fu tra i primi esponenti del nuovo linguaggio grafico (Art Nouveau) e che visse a Parigi durante i primi anni del ventesimo secolo. La studiosa mette in evidenza il grandioso riscontro da questi ottenuto oltre oceano, testimoniato sin dall’entusiastica accoglienza a New York nel 1907, dove fu annunciato dal New York Times come “one of the world’s most famous caricaturists”.
Una dimensione che si distingue, quella della satira napoletana, poiché particolarmente inscindibile nelle tematiche, e nella sua ragion d’essere, da tutte le altre manifestazioni culturali ed arti, legata in particolare alla musica lirica (ricordiamo le caricature di Verdi firmate dal suo amico Delfico), in quel clima di brioso, sofisticato e di appassionato fermento della realtà partenopea fra gli ultimi decenni del IXX e i primi del XX secolo. Qui la trama culturale e quella politica, senza dubbio centrali, sono spesso puntellate da brevi e significative battute, taglienti ma al contempo giocose e “sbarazzine”, in visioni contestualmente  auliche e popolari. Sempre caratterizzate da grande inventiva, con un occhio rivolto alla sperimentazione ed all’attualizzazione del segno, tali caricature possono dirsi di spessore ed al contempo, per l’appunto, molto “fashionable”. È tra linearismi secchi o flessuosi che si snoda la grafia di questi caricaturisti dei primi del ‘900, conducendo l’immagine ad una forma più o meno evidente di stilizzazione, all’essenzialità discorsiva e dunque ad una nitida istantaneità, fin nelle più sottili allegorie.
Ecco che una viva impressione dei fatti e dei personaggi che popolano quel lontano contesto umano si accompagna alla documentazione dei difetti, dei pregi e del carattere distintivo di cittadini, artisti, musicisti o letterati dell’epoca, restituendoci un’immagine fresca, disinvolta e divertente di un mondo perduto. Possiamo vedere quegli accadimenti e quelle scene prodursi intorno a noi, sperimentando realmente lo stato d’animo di quei contemporanei ed immergendoci in traduzioni formali uniche. In taluni casi potremmo definire queste espressioni indimenticabili, tanto calate nel proprio tempo da saltar fuori, paradossalmente, da qualsiasi tempo, grazie all’estrema personalizzazione, e dunque già intrise del senso più moderno delle cose, come qualsiasi (grande) opera d’arte che si rispetti.

 


 

 

 

Un secolo di satira. 1820-1920
Mostra delle caricature della Fondazione Pagliara
a cura di Francesca De Ruvo e Alessandra M. Mazzaro
Piano del Claustro – Museo Pagliara, Istituto Suor Orsola Benincasa
Napoli, dal 26 marzo al 16 giugno 2017

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