“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 29 April 2017 00:00

Una felice deposizione

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Happy Crown!, ultimo lavoro della regista Laura Angiulli, in scena fino al 4 maggio in suggestive location partenopee, è una riduzione del Riccardo II, dramma storico di William Shakespeare, e allo stesso tempo ‘primo atto’ di un progetto più ampio che ha come protagonista la sanguinaria storia dei regnanti inglesi. Al Riccardo II del Bardo, seguirà, infatti, come già anticipato dall’Angiulli, l’Edoardo II di Marlowe.

Come per i precedenti lavori, ad alimentare le scelte teatrali della regista, c’è la necessità di cercare nei grandi classici storici le chiavi di lettura di una contemporaneità che pare aver preservato, immutati nel tempo, tutti i vizi dell’esercizio del Potere, dimenticandone, tuttavia, le innegabili virtù. L’oscurità che ammantava le corone dei monarchi inglesi non era priva di bagliori improvvisi, e l’arroganza era spesso accompagnata dal valore e dal coraggio. Erano tempi in cui le parole avevano un peso e, spesso, un prezzo alto da pagare; è inevitabile il paragone con i nostri ‘regnanti’, rei principalmente di un colpevole abuso del dono della parola.
Le scelte dell’Angiulli − che da tempo, con competenza, attinge dal teatro elisabettiano materiale pregno di argomenti di un’attualità non attenuata dal tempo − riescono sempre ad essere, a parere di chi scrive, fondamentalmente giuste. Il termine ‘giusto’ non viene qui usato nell’accezione riduttiva di ‘lavoro svolto correttamente', ma di opportunità della scelta fatta e di soddisfacimento delle attese che la scelta in questione inevitabilmente crea. E giusto, quindi, è Happy Crown! che attingendo dall’archetipo della deposizione − il Riccardo II − riassume e concentra le fasi della caduta del Potere con icastica incisività. Come in una moviola, Riccardo II, ipostasi del potere, è visto nell’atto di commettere il suo faux pas, somma di una ‘colpa’ che condizionerà i cento anni della storia inglese (con la Guerra delle due rose), e nella conseguente espiazione della colpa stessa.
Per quanto riguarda il primo dei luoghi che ospitano lo spettacolo (la Sala del Capitolo del Complesso di San Domenico Maggiore), la principale (se non l'unica) nota positiva da rilevare consiste nel suggestivo affresco della crocifissione posto sul fondo della sala che, fungendo da sfondo, fa sì che la figura del sovrano deposto si sovrapponga e si identifichi con quella di Gesù Cristo; rappresentazione visiva dell'intenzionale parallelismo biblico dell'opera, in cui allusioni e metafore sono dirette a mostrare il duplice ruolo del re: quello politico e quello di vicario di Dio. Identificazione che raggiunge il suo apice quando il corpo spogliato e senza vita del sovrano (il giovane Luciano Dell'Aglio, ben calato nel ruolo di Riccardo II) viene 'pietosamente' adagiato sul piano inclinato, ai piedi della croce. Di contro c'è da rilevare che la sala, per i suoi spazi angusti, la luminosità non completamente oscurabile e i rumori di cortile non attenuati, si è dimostrata inadeguata e, per certi versi, un vero e proprio ostacolo alla rappresentazione. Merito degli attori se, nonostante ciò, la messa in scena ha sostenuto fino alla fine un livello alto.
Al centro una ferrigna struttura geometrica dal piano inclinato domina l’assito e, intorno ad essa, si avvoltolava l’aracnica trama di una deposizione annunciata; essa è allo stesso tempo: spigolosa tavola regale, un regno in pericoloso declino, piedistallo dal quale il re deposto riflette, infrange e moltiplica la propria immagine, e infine Golgota e freddo avello di un monarca tramontato.
Diversamente dal testo del Bardo, è la duchessa di Gloucester (una bravissima Alessandra D'Elia) a dare inizio con cupo rancore al dramma, anticipando il tema del dolore e della discordia, entrambi attribuiti alla responsabilità del giovane sovrano. Gli interventi sul testo consentono di seguirne agevolmente la trama, lasciando inalterati i personaggi principali, alcuni dei quali (come il Vescovo di Carlisle) acquistano spessore; risalto in gran parte attribuibile alla notevole interpretazione di Stefano Jotti (che ha anche il ruolo di John di Gaunt, Duca di Lancaster).
La rapida successione delle scene condensa, senza cali di tensione, il digradare del potere verso la sofferenza e l'espiazione. Molto bella la scena in cui la corona − immagine shakespeariana del Potere − stretta tra le quattro mani dei due contendenti, vacilla nel ratificare l'innaturale e forzato passaggio di testimone da Riccardo a Bolingbroke: in quell'esitare disperato si coglie, ancor più che nelle parole, l'incertezza della resa da parte del primo e la paziente tolleranza, tipica dei predatori che hanno già in pugno la preda, del secondo (molto ben interpretato da Gennaro Maresca). Dopo aver ceduto la corona, in un ultimo disperato gesto, Riccardo chiede uno specchio e, dal punto più alto, volta le spalle al pubblico mostrando la sua immagine speculare moltiplicata dalle prospettive. Con lo sguardo interroga e disseziona sé stesso, cercando in quei lineamenti familiari le ragioni della sua personale caduta, presagendo, forse, i cent'anni sanguinari che da essa germineranno.
Il cerchio del regno di Riccardo II si chiude, e la sua fine è l'alba di un nuovo inizio: Bolingbroke, ormai Enrico IV, pronuncia l'amletica frase che lascia intravedere il funzionamento di un meccanismo venefico inarrestabile ("Chi ha bisogno del veleno non lo ama...") ed è già il primo atto di un nuovo dramma.
Il Grande Meccanismo della Storia, di cui scriveva Jan Kott, deve andare avanti:The Show Must Go On.

 

 



Happy Crown!

da Riccardo II
di William Shakespeare
drammaturgia e regia Laura Angiulli
con Paolo Aguzzi, Federica Aiello, Michele Danubio, Luciano Dell’Aglio, Alessandra D’Elia, Stefano Jotti, Gennaro Maresca
disegno luci Cesare Accetta
assistente alla regia Flavia Francioso
tecnico luci Lucio Sabatino
responsabile di palco Luigi Agliarulo
promozione Lavinia D’Elia
segreteria Francesco Maccarrone, Angelica Simeone, Roberta Tamburelli
produzione Galleria Toledo
a cura di Rosario Squillace
lingua italiano
durata 1h
Napoli, Sala del Capitolo – San Domenico Maggiore, 23 aprile 2017
in scena dal 19 al 23 aprile; dal 25 al 29 aprile presso Villa Pignatelli; dal 2 al 7 maggio al Succorpo della S.S. Annunziata

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