“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 11 March 2017 00:00

Un assurdo noir in “Pink”

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Il palco si presenta a sipario aperto, con due porte ai lati che fungono da ulteriori quinte per gli ingressi e le uscite di scena. Sono bianche, alte e strette con la parte interna sagomata come un osso. Lo stesso tema tutto colorato si presenta sulla parete di fondo, che poi si scoprirà essere un secondo sipario che nasconde la band musicale di quattro elementi che suona dal vivo. Il pubblico conosce il motivo del richiamo all’osso già dal titolo: Madame Pink – commedia con canzoni e cane.

Insolito è invece l’ingresso del regista franco-argentino Alfredo Arias nel ruolo del presentatore che anticipa il carattere surreale della pièce, caldeggiando il sostegno del pubblico alla compagnia che di lì a poco salirà sul palco dopo aver celiato sulla squadra del Napoli, un’evidente captatio benevolentiae che suona singolare, ma che troverà la sua giustificazione solo dopo un’ora e quaranta di spettacolo. Aggiungerei purtroppo. Non è un musical, ma una storia che vuole ricordare Broadway. La protagonista, Madame Pink, entra in scena subito dopo. Ha un vestito nero lucido, i capelli rossi e biondi raccolti vistosamente in alto con lunghe ciocche vermiglie che le cadono sulle spalle. È una donna ricca che vive in un mondo lussuoso e patinato, raccontando se stessa con la prima canzone leziosa dove lei si paragona alla Barbie, la donna perfetta, con strofette come: ”Fragile è l’amore, di ogni colore... rossa è la passione” e via di questo tenore.
Il sipario si è alzato rivelando la band che suona sotto le zampe di un grosso cane bicefalo a formare tre archi delineati da luci colorate chiuse in fili sottili che delimitano i contorni della sagoma. Davanti ai musicisti campeggia un divano rosso-fucsia dallo schienale a forma di labbra con due alberi stilizzati ai due lati. I personaggi della storia entreranno a turno e si racconteranno con altrettante canzoncine che, nella musica e nei testi, potrebbero concorrere al Festival di Sanremo. La sinossi in sintesi è questa: Madame Pink, americana newyorkese, è sposata a un dentista ricchissimo. Il matrimonio è in crisi dopo molti anni di relazione. Madame e Mister Goodman cinguettano che: “Il matrimonio è una palla... la felicità è un tempo sospeso...” arrivando perfino a metaforizzare la crisi amorosa come una carie che marcisce sotto il peso di un sasso, perdendo quel “Feeling interdentale” degli inizi. A questo punto della sua vita lei cercherà una nuova forma di affetto in una cagnolina tutta rosa che le ricorda la sorella morta e che chiamerà Roxy. La cagnolina è tutta rosa in effetti, le lunghe zampe/gambe, il vestito, la maschera che la definisce e porta un lussuoso collare al polso. Roxy è ancora più snob della sua padrona, è viziata, amante del lusso, in cerca continua del soddisfacimento di questi bisogni e di amanti che le permettano di realizzarli. Entrata nella vita di Madame Pink, la cagnetta sedurrà tutti gli uomini che incontrerà la sua padrona dopo il divorzio, in un crescendo di pruderie e di simulazioni di atti di sesso orale che lasciano decisamente sconcertati in quanto ingiustificati, denotando una pulsione ad inserire in un contesto così disarmonioso un po’ tutti i luoghi comuni della relazioni interpersonali dal gay, al transessuale, all’incesto giungendo perfino a riferimenti al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, forse in un tentativo di satira politica che non è stato colto tanto fosse fugace o raffazzonato.
Dunque, dopo essere stata abbandonata da Mister Regularman e da Badman, la storia, dopo qualche tocchetto noir qua e là, volge al lieto fine con la riappacificazione di Pink con il marito, come nella tradizione dei migliori film americani del passato.
Già, perché le note di regia ci dicono che Arias, non solo regista, ma anche autore insieme a René de Ceccatty, si è ispirato ai suoi ricordi di gioventù, ai film e ai personaggi come Joan Crawfrod, Walt Disney, il barboncino rosa di Zsa Zsa Gabor, Shirley Maclaine, che confluiscono nei due personaggi femminili, con pizzichi di Barbra Streisand, Diana Ross, Bette Midler. I personaggi maschili dovrebbero evocare Tab Hunter e Warren Beatty. Queste dunque le intenzioni, ma sulla scena Madame Pink evocava molto di più Karen Walker, uno dei personaggi della serie televisiva Will & Grace in onda dal 1998 al 2006. Pink è insolente come Karen, amante del lusso, cinica, molto politically incorrect, dall’ironia tagliente, insomma molto più televisiva che cinematografica. In ogni caso bisogna dare merito a Gaia Aprea che ha costruito molto bene questo personaggio, con tutti i limiti suddetti, senza mai perdere i tempi tecnici delle battute e il loro ritmo, addirittura reggendo la scena anche a vantaggio degli altri attori di piatta evanescenza nell’interpretazione non solo attoriale ma anche canora. La prova dell’Aprea ha messo in risalto la sua capacità di recitare in ruoli comico-ironici sopra le righe con una perfetta padronanza scenica, in sostanza facendo arrivare la pièce fino alla fine. Resta da capire il motivo per cui Alfredo Arias abbia costruito un testo che non è riuscito nella trasposizione scenica perché Madame Pink avrebbe dovuto rendere “la complessità del melodramma nel cinema noir americano (che) si sposa con lo spirito diretto ed innocente degli spettacoli di Broadway” come dice la cartella stampa. Non si può parlare di sperimentazione, perché è inesistente, non si può parlare di divertissement perché non ha la sua leggerezza intelligente e nemmeno si può dire che sia un’opera surreale perché il surreale abita altrove e un regista come Arias che ha dato prova di grande bravura e spessore con i suoi lavori precedenti (in Italia uno per tutti è Circo Equestre Sgueglia di Viviani) dovrebbe ben saperlo. Si aggiunga anche il deludente lavoro musicale: le musiche, ispirate a quella americana degli anni ’70 e ’80 composte da Mark Plati e Mauro Gioia (che pure sono due autori di spessore, il primo ha collaborato anche con David Bowie) sono sconcertanti. Inoltre i dialoghi sono pesanti nella loro banalità scontata, infarciti di frasi fatte o battute che vogliono far divertire, come lo psichiatra Dr. Tore che segue la scuola lacaniana giocando sull’assonanza tra Lacan e il cane Roxy.
Tutto scivola via senza lasciare il segno e il pubblico ha applaudito freddamente, per pura educazione. In sintesi si può definire ironicamente la scelta di mettere in cartellone questa pièce solo giustificandola con il tentativo di tornare al teatro dell’assurdo, ma certo non nel senso beckettiano del termine.

 

 

 

 

Madame Pink
Commedia con canzoni e cane
scritto da
Alfredo Arias, René de Ceccatty
regia Alfredo Arias
con Gaia Aprea, Flo, Mauro Gioia, Gianluca Musiu, Paolo Serra
scene Agostino Iacurci
costumi Marco De Vincenzo
disegno luci Cesare Accetta
maschera Erhard Stiefel
testi delle canzoni Alfredo Arias, Mauro Gioia
arrangiamenti musicali Mark Plati
musiche eseguite dal vivo da Giuseppe Burgarella (tastiere), Benjamin Croze (Chitarre), Marco Di Palo (basso), Salvatore Minale (batteria)
foto di scena Giovanni Ambrosio
produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale
lingua italiano
durata 1h 40’
Napoli, Teatro Mercadante, 8 marzo 2017
in scena dal 1° al 12 marzo 2017

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