“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 13 January 2017 00:00

Make-up per outsider o semplice tatticismo commerciale?

Written by 

Quando mi sono imbattuta nel nuovo spot di Maybelline NY, rilasciato una settimana fa, non avrei mai pensato che ne avrei fatto materia di riflessione e, prima di scrivere questo articolo, mi sono interrogata molto sui reali motivi per cui avessi deciso di cimentarmi nella recensione di un video che in meno di due minuti mi ha creato non poche perplessità.
Chi mi conosce sa bene con quanto poco affetto io mi volga agli scaffali di prodotti di cosmesi, con cui ho fatto realmente conoscenza pochi anni fa, seguendo una scuola di pensiero secondo cui “almeno un filo di trucco nelle occasioni speciali è d’obbligo”.

Ho sempre pensato che l’idea di dover spendere tempo davanti allo specchio al fine di truccarmi mi dispiacesse perché convinta che quei minuti avrei potuto dedicarli a cose maggiormente stimolanti, ma oggi, a pochi giorni dalla visione del video “incriminato”, mi trovo di fronte all’eterno dilemma: parlo per desiderio di autodeterminazione o semplicemente per pigrizia?
In un periodo in cui le star amano postare foto di sé al naturale, ci si convince sempre più di quanto sia necessario, invece, per le persone che il jet-set lo seguono solo dal divano di casa, far ricorso alla cosmesi per tentare per lo meno di avvicinarsi alle donne che vediamo sulle pagine patinate.
La campagna No-makeup promossa da personaggi dello spettacolo di ogni ambito, da Alicia Kyes a Julia Roberts, da Lady Gaga a Diane Kruger, ha rotto l’illusione che per essere belle bastasse un fondotinta e, piuttosto che rassegnazione, ha instillato desiderio di emulazione.
A far nascere in me dubbi, non è certo stata la trama dello spot, che di geniale oserei dire non ha nulla, com’è giusto che sia, trattandosi di un mascara presentato in una serie di frame in cui l’oro la fa da padrone.
Due persone, appena giunte in un albergo, scoprono ad aspettarli sul letto una valigia piena di quello che è il prodotto da promuovere, il nuovo mascara The Big Shot. Baciano la confezione, applicano il prodotto con il consueto ingrandimento sul dettaglio dell’occhio, perché, non dimentichiamocelo, il vero protagonista è il prodotto.
Alludere alla presenza di due “persone” nello spot non è un tentativo, in questo caso, di promuovere l’idea che le ragazze delle campagne pubblicitarie siano mammiferi della nostra stessa specie, ancor prima che testimonial (cosa che Photoshop spesso ci fa dimenticare oggigiorno), quanto lo sforzo di introdurre il vero protagonista della campagna pubblicitaria, che diventa fin da subito la reginetta della scena.
All’anagrafe Manny Gutierrez, classe ’90, ma più di tre milioni di follower su Instagram lo conoscono come mannymua733.
Un ragazzo, sì, cresciuto in una famiglia mormone, che lui ama definire di confessione “liberale”, la quale non ha mai ostacolato i suoi giochi di trasformismo né la sua idea di abbandonare, in favore di una carriera nell’industria cosmetica, gli studi universitari che aveva intrapreso in vista di un futuro in camice bianco.
A giudicare dai novantaquattro milioni di visualizzazioni ottenute dal suo ultimo video Youtube, i suoi tutorial di makeup gli stanno permettendo di vincere quella che, nella descrizione del suo profilo, definisce una guerra per l’uguaglianza alla cosmesi maschile.
Quando le star e le ragazze d’aspetto già fin troppo angelico sembrano non bastare più, insomma, interviene il gender.
È lapalissiano che quella di Maybelline sia stata un’ottima trovata per cavalcare la popolarità di un trend, prima ancora che quella del personaggio mediaticamente noto al pubblico Mannymua, ma qual è l’effetto finale?
Reinterpretare anche in campo pubblicitario la responsabilità sociale in termini di attivismo per i diritti LGBT, cosa diventata cara a molti marchi (uno per tutti, Findus), significa inevitabilmente puntare ingenti somme su una carta vincente: il gioco varrà sempre la candela, sia che la campagna venga condivisa come baluardo di eguaglianza, sia come esempio di scempio al buoncostume da sventolare in pubblica piazza. Pardon, bacheca.
Parlare di cosmesi significa immancabilmente parlare di eteronormatività, quel complesso sistema di norme che influenzano la nostra vita, in quanto concetti naturalizzati che investono qualsiasi ambito della nostra esistenza e che ci aiutano nei nostri processi di razionalizzazione di tutto ciò che, al contrario, ci sembra 'queer', bizzarro o anormale.
Quando adoperiamo questo termine, che secondo Mary McIntosh ‘“defined more by what it is not than what it is for”, facciamo riferimento ad una posizione anti-identitaria o al contrario diamo vita ad una categoria identitaria in possesso di diritti alla cosmesi, senza che si incappi necessariamente in etichette?
La pubblicità in questione, probabilmente, senza Manny non avrebbe avuto alcun peso. La potenza dello slogan è solamente nel corredo cromosomatico del testimonial, il quale tra un ammiccamento ed una posa da diva riesce a mettere in ombra per l’intera durata dello spot la sua collega e stella dei social, Makeupshayla, prosperosa ragazza afroamericana che ha fatto di Youtube una carriera.
Da sola, non avrebbe fatto notizia: il trend è ormai superato, l’esaltazione delle curve non fa più notizia e di certo non la farebbe sullo spettatore medio, che non abbia familiarità con il volto dei ragazzi perché non assiduo frequentatore dei loro canali social e che perciò non sia incappato nello spot in qualità di fan.
Uno spot social. Sulle diversità, insomma. Politically correct quasi quanto l’assegnazione della corona di Miss Helsinki 2017 alla diciannovenne Sephora Ikabala, di origine nigeriana e perciò ben lontana dal canonico ideale di bellezza scandinava.
Una pubblicità, in quanto tale, punta a generare profitto. Ad ogni costo e, possibilmente, al minor costo possibile.
Una mossa furba quella di Maybelline? Sicuramente sì. È stata anche sincera?
Discutendo la notizia con un’amica, siamo arrivate alla conclusione che il maquillage è arte, certo, dunque in quanto tale non ha sesso e di certo non conta il soggetto, ma le meraviglie che puoi fare con due ombretti e un rossetto. Eppure, sono ancora un po’ perplessa: anche gli uomini avranno diritto al loro velo di rimmel?

 


P.S: Nel caso in cui anche voi vogliate sbirciare nella routine cosmetica di Mannymua, qui ci sono i suoi contatti social:
https://www.instagram.com/mannymua733/
https://www.youtube.com/user/MannyMua733/featured

Leave a comment

il Pickwick

Sostieni


Facebook