“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 16 October 2016 00:00

Fabrizio il clochard

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"L'ultimo ballo, l'ultimo delirio, l'ultimo urlo di un giovane uomo che ha perso tutto".
Questa la premessa allo spettacolo Fabrizio, secondo appuntamento della rassegna 70/30 Il teatro che verrà andato in scena al Teatro Biondo di Palermo per la regia di Manuel Capraro. Una scelta questa coerente con il tema della rassegna: il disagio, soprattutto quello delle nuove generazioni.

L'ultimo ballo è nel passo incerto di Giacomo Lilliù, le gambe molli, il ventre gonfio, traballante in una danza al limite del delirio. Questa instabilità fisica corrisponde alla perdita dell'equilibrio mentale di Fabrizio, il clochard inventato da Manuel Capraro giovane drammaturgo e regista dello one man show andato in scena nella piccola Sala Strehler. La bellissima figura di Lilliù, imponente e solida, fa vivere in sé come involucro perfetto la debolezza più spaventosa dell'uomo che viene dalla prolungata solitudine. Con sguardo languidamente folle e slanci fisici violenti, spesso autolesionisti, Fabrizio è fuori di sé e allo stesso tempo è se stesso: vittima della dura logica del reale, sbattuto faccia a terra da un mondo prepotente, quello degli affari, e deluso da uno costantemente mutevole, quello dei sentimenti, lui interpreta e vive la sua storia sciagurata vestendo i panni di tutti i protagonisti e avendo come unico compagno uno spaventapasseri.
Aggrappato alla sua immaginazione annebbiata da lustrini, piume e spazzatura viaggia, come allucinato, nei ricordi di un passato che rimpiange nonostante le rovinose conseguenza a cui ha portato, nonostante, in fondo, quel passato non sembri meno imperfetto, meno brutto della sua condizione attuale. Ma Fabrizio si crogiola nella sua sofferenza, non si è rassegnato: ha perso il suo locale, un burlesque club condiviso con il grande amore, nonché star Mirandolina (goffamente presa in prestito da Goldoni), anch'essa persa. L'unica vita che ora riesce a vivere è quella che si ricorda o che s'immagina.
In questa intuizione sta la parte interessante dello spettacolo: Fabrizio ha realmente vissuto quello che ora racconta oppure continua ad arrovellarsi ogni giorno sulla stessa illusione da lui apposta creata per sopravvivere alla solitudine? La generosità attoriale di un interprete ben diretto alimenta molto la suggestione di questa domanda senza svelarne la risposta. Probabilmente le ragioni che hanno spinto a creare Fabrizio non si aspettavano una soluzione tanto ambigua e così, per scelta, Capraro non ripulisce il palcoscenico dai resti della performance per preparare la replica. Fabrizio torna nel disordine di una "festa" appena conclusa fagocitato da quel mistero.
Purtroppo però l'intuizione non basta: legato a un testo poco limpido, tutto ritorto su incroci di senso e situazioni rocambolesche/patetiche, Lilliù non è aiutato nella costruzione progressiva della follia. Anche lo spettatore durante lo sviluppo viene sovrastato dalla ridondanza della trama carica di dettagli che gli fa perdere l'attenzione e l'empatia − perché il tema è affascinate e l'interprete convincente − viene meno.
Siamo davanti a un'incomprensione: tanta "roba" per una sola idea, tante idee non risolte per uno spettacolo solo.

 

 

 

70/30 Il teatro che verrà
Fabrizio
scritto e diretto da Manuel Capraro
con Giacomo Lilliù
produzione Compagnia Gli Artimanti
Palermo, Teatro Biondo, 6 ottobre 2016
in scena 5 e 6 ottobre 2016

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