“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 06 August 2016 00:00

Cordiali meschinità borghesi

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Tra gli ultimi spettacoli del Napoli Teatro Festival Italia è andata in scena una pièce di un interessante autore spagnolo, Juan Mayorga, drammaturgo la cui opera è stata tradotta e pubblicata per Ubulibrie che ha già riscosso un buon successo sulle scene, in particolare con lo spettacolo Himmelweg. La regia di Carlo Cerciello sceglie di cimentarsi con Animali notturni, un testo che, a partire dal tema dello straniero e dell’immigrazione, mette in scena la natura delle relazioni umane, sviscerando le perversioni su cui queste si costruiscono e di cui si alimentano, portando alla luce uno spaccato tagliente e disilluso della società moderna.

In scena ci sono quattro personaggi, due donne e due uomini, due coppie che abitano nello stesso condominio, tra cui comincia a stabilirsi un rapporto sempre più stretto, in un crescendo che diventerà soffocante. Per entrambe le coppie il vicino di casa, l’altro, così come avviene nelle nostre città, è percepito da lontano, incrociato occasionalmente per le scale o in altri luoghi pubblici, e sembra ‘conosciuto’ e giudicato solo sulla base di fuggevoli impressioni. Fino al giorno in cui uno dei due uomini si avvicina con molta cordialità all’altro e, offrendogli da bere, gli ‘propone’ una altrettanto cordiale e piacevole amicizia, stabilendo un legame che l’altro non potrà rifiutare. Dalla conversazione infatti veniamo a conoscenza che l’altro è uno straniero, una persona ‘per bene’, che ha studiato, svolge un lavoro sottopagato nonostante la sua vasta cultura ma, come ha scoperto il suo vicino, non ha il permesso di soggiorno, è un irregolare perseguibile dunque dalla legge. E così, quello che può sembrare un gentile invito a una conversazione amabile al bar, l’offerta di un’amicizia stimolante in vista di una piacevole compagnia all’insegna delle belle lettere, diventa invece un ricatto, cui lo straniero non potrà sottrarsi. Comincia dunque una frequentazione tra i due che lo straniero pensa inizialmente di poter gestire ma che, tuttavia, assume conseguenze sempre più negative nel rapporto con la sua compagna, infastidita da quella relazione e alla quale, a un certo punto, egli è costretto a confessare il ricatto che sta subendo. Il vicino di casa, invece, tipico rappresentante del borghese medio e mediocre, presta amorevolmente, come un padre piuttosto che come amante, le sue cure alla moglie svampita, una donna che passa la sua vita a guardare e commentare idiozie alla televisione, eppure – all’oscuro di quanto fa il marito – ben disposta verso quei vicini che sembrano così simpatici. Si tratta di un uomo con molto tempo libero – per questo ha potuto prendere tutte le informazioni che possiede – ma inappagato dalla vita, infelice e insoddisfatto, in cerca di un legame capace di colmare un vuoto di solitudine e di noia, aspirando al mondo della ‘cultura’ da cui è escluso e che la moglie, dal cuore semplice e dalla testa troppo ‘leggera’, quasi deficiente, non riesce a colmare.
Il testo gioca e mette allo scoperto la sottile linea di confine che separa la cordialità e amabilità borghese dalla sua violenza, subdola e mascherata, quindi tanto più offensiva e incisiva. Dietro modi cortesi di un vivere civile, il linguaggio cela la crudeltà di chi possiede posizioni di forza sulle altre persone e se ne serve. All’apparenza la violenza viene rifiutata, trapela solo quando è necessario, mentre si ostenta invece una parvenza di socialità, di un elegante e stimolante stare insieme. Si tratta ovviamente di una relazione che a sua volta è una conseguenza e, soprattutto, una manifestazione di una ben più disperata solitudine e squallore morale, dell’incapacità di stare insieme con le persone che ci sono attorno, di stabilire legami autentici. Come altri hanno già detto, anche in riferimento ad altri testi, l’autore individua i giochi di forza che legano le persone in rapporti di vittima e carnefice, tutt’altro che semplici se si segue la trama delle relazioni che si instaurano tra le persone (o i personaggi); giochi di forza e ruoli che infatti non sono privi di ribaltamenti, poiché anche il carnefice a sua volta esprime un bisogno e una dipendenza dalla sua vittima o può diventarlo egli stesso: ogni personaggio in fondo è alla ricerca di uno sbocco, di una via di uscita, reale o immaginaria che sia, da una vita soffocante e infelice.
La regia costruisce la scena attraverso plastici tridimensionali che raffigurano gli edifici caratteristici della città moderna, come insieme anonimo dei luoghi che abitiamo, l’ospedale come il condominio o il bar, che si illuminano di volta in volta ad indicare dove i dialoghi cui assistiamo si stanno svolgendo, mentre il resto della scena rimane al buio, con gli attori presenti anche quando i loro personaggi non agiscono. Una scena dunque essenziale e didascalica, spoglia e ripetitiva tanto da sembrare simbolica, priva di aperture e sbocchi, che accompagna una messa in scena dominata invece dalla parola, dai dialoghi tra i personaggi. Purtroppo, si fanno gravemente sentire gli ‘incidenti’ dovuti al cattivo funzionamento delle luci, che non si spengono al momento giusto oppure illuminano ‘palazzi’ sbagliati, provocando addirittura a un certo punto un’interruzione della rappresentazione per alcuni minuti. Forse anche per questo lo spettacolo è sembrato ancora in parte privo di un ritmo proprio e – nonostante una vivace caricatura costruita da Imma Villa del personaggio che interpreta – a tratti debole e poco incisivo, come indeciso e oscillante tra una mimesi naturalistica e una rappresentazione simbolica dei personaggi, delle forze e motivazioni che animano i loro comportamenti.

 

 

 

 

Napoli Teatro Festival Italia
Animli notturni
di
Juan Mayorga
traduzione Adriano Lurissevich
regia Carlo Cerciello
con Lello Serao, Luca Saccoia, Sara Missaglia, Imma Villa
scene Roberto Crea
costumi Annamaria Morelli
musiche
Paolo Coletta
luci Cesare Accetta
produzione
Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia / Tan (Teatri Associati Napoli)
paese Italia
lingua italiano
durata 1h 15’
Napoli, Teatro Sannazaro, 9 luglio 2016
in scena 9 e 10 luglio 2016

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