“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 29 April 2016 00:00

Io e mia madre

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Giuseppe Muscarello, fondatore della Compagnia Muxarte, da sempre dedita alla ricerca artistica, porta al Teatro alla Guilla di Palermo il più intimo dei suoi lavori: Io sono mia madre, performance nata dall’esigenza di guardarsi dentro.

Allo spettacolo siamo introdotti da sette fotografie esposte sulle pareti del piccolo teatro che, come spiegherà dopo Muscarello, sono l’incipit del progetto. A cura di Fulvio Bellanca, queste colpiscono per schiettezza: intrise tutte di verità – resa visivamente da colori saturi e forti contrasti – affrontano lo sguardo del fruitore che precipita nell’universo infantile del protagonista. Infatti sono ritratti del coreografo che, ritornato bambino, affronta gli ostacoli della sua crescita mentre a dominarlo c’è l’abito della madre, sospeso prepotentemente a mezz’aria su una stampella invisibile.
Il rapporto di Giuseppe Muscarello con questa presenza invisibile, la madre, è la chiave di lettura per decifrare il movimento che ne scaturisce poi sul palcoscenico. A tal proposito scrive l’artista: “Conservo nel cuore il ricordo di mia madre: bello, forte, intenso. È il ricordo della sua assenza. Grazie a esso è stato possibile costruire molti ricordi mai vissuti. Quante favole (non) mi ha letto. Momenti nostri che ancora (non) ricordo, quei momenti erano ogni momento e quei libri erano ogni libro. Nell'assenza generale io ero la fiaba, io ero la filastrocca, io ero mia madre. Il figlio più importante, l’unico. Ero io! Al centro delle sue attenzioni, danzavo al suono della sua voce”.
Trasferito sulla scena, questo sentimento diventa gesto sperimentale alla ricerca di uno spazio in cui nascere ed evolversi.
Sulle assi di legno della Guilla l’uomo regredisce allo stato prenatale muovendosi, dapprima lentamente dentro una placenta immaginata, poi sempre più freneticamente al confronto con la luce del mondo che lo vede nascere. Quindi, spogliato dai suoi vestiti, indossa l’abito verde della madre che, leggermente drappeggiato all’altezza del seno, soffoca le forme più severe del danzatore. È evidente un conflitto tra le due identità − quella del figlio e quella della sua genitrice che se la fluidità della danza − arricchita da uno studio più mirato sul movimento, avrebbero potuto far convivere in un corpo solo, qui non convince del tutto.
L’immagine del danzatore nei panni della madre non sembra bastare a risolvere la complessità d’intenti da cui ha origine la performance. Gesti ampi delle braccia si alternano a virtuosismi più acrobatici e a piccoli movimenti quotidiani per chiudersi nel finale: un monologo recitato davanti allo specchio/lavagna, unico elemento, insieme alla stampella che regge l’abito, della scenografia. Il testo, scritto in rosso sullo specchio, è una dichiarazione d’amore in cui si perde un po’ quell’individualismo eccessivo a cui Muscarello ci aveva sottoposti finora per aprirsi al fuori, a noi, costretti, d’altra parte, a rifletterci insieme a lui.
Infine va segnalato che Io sono mia madre è anche un testo scritto da Giuseppe Muscarello, con le illustrazioni di Nicola Console, pubblicato a marzo 2016 dalla casa editrice LEIMA e presentato contestualmente alle rappresentazioni.




Io sono mia madre
coreografia, regia, interpretazione Giuseppe Muscarello
costumi Compagnia Muxarte
produzione Compagnia Muxarte/Fc@pin.D'oc
con il sostegno di Regione Sicilia, MiBACT
Palermo, Teatro alla Guilla, 23 aprile 2016
in scena 22 e 23 aprile 2016

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