“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 17 March 2016 00:00

Il teatro per ragazzi che serve tanto agli adulti

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"Il Teatro Pubblico Campano promuove lo spettacolo, vincitore del Premio Scenario Infanzia 2014, pensato per una platea di bambini e adolescenti, e quindi programmato nelle rassegne di teatro scuola in Campania.
Il tema dello spettacolo, sull’identità di genere, ha generato, lungo la tournée italiana, reazioni forti e contrastanti, determinando la scelta, in Campania, di programmarlo in orari non tipicamente scolastici. Per la replica partenopea il Teatro Pubblico Campano ha deciso di programmare lo spettacolo in orario serale per dargli la maggiore visibilità possibile".
Uno spettacolo pensato per  ragazzi va in scena al Teatro Nuovo di sera, davanti ad una platea di adulti e un solo bambino, o almeno è l’unico che io abbia visto in sala e stava seduto proprio davanti a me.

È innegabile che il teatro per ragazzi piaccia anche agli adulti. Questo, in particolare, veicola un messaggio molto importante per i genitori, per gli insegnanti o per tutte quelle persone che hanno a che fare con i più giovani. Ma programmare un bello spettacolo in serata, per permettere ad un numero maggiore di spettatori di potervi assistere, significa impedire alle scuole di conoscere Fa’afafine: mi chiamo Alex e sono un dinosauro, scritto e diretto da Giuliano Scarpinato. Significa avere in sala i grandi e non i piccoli, togliere allo spettacolo il pubblico al quale è destinato. Significa avere così tanta paura che Alex, con la sua voglia di essere sia maschio che femmina, sia contagioso che lo spettacolo per ragazzi si trasforma in uno “vietato ai minori” o “solo per minori accompagnati”. Nemmeno il teatro riesce a vincere contro una società che si copre gli occhi per non vedere, convincendosi che bambini come Alex non esistano, che non esistano in generale gli omosessuali se non come errore, così come non esistono i disabili o non esistono donne che decidono di abortire. Insomma, tutto quello che in qualche modo va contro un’idea che viene definita natura, viene nascosto o relegato ipocritamente in un cantuccio. In questo caso viene dedicata alla questione gender una sera a teatro ma ha tanto l’aria di una piccola concessione come a dire “lo facciamo vedere uno spettacolo su un bambino femmina, lo facciamo programmare addirittura di sera perché non abbiamo nulla in contrario, ma tenete quel bambino lontano dai nostri figli”.
Alex è un bambino che gioca con i giocattoli, non è un adolescente come viene presentato nella scheda. È così bambino che porta ancora un giocattolo in cartella quando va a scuola. È una Barbie che lui chiama Kartika, ex modella alla quale non entrano più i vestiti da quando è diventata troppo grassa. Alex ha una mamma e un papà, tanta immaginazione e un amico che gli fa battere il cuore. Vorrebbe tanto che tutto non fosse sempre così rigido. Gli piacerebbe poter essere nello stesso momento, nello stesso corpo, sia maschio che femmina, essere tutto insieme, come gli unicorni, gli ornitorinchi, i dinosauri, come i fa’afafine dell’Isola di Samoa che non sono costretti a scegliere di che sesso essere ma possono essere di entrambi i sessi a loro piacimento.
Alex ha il letto al centro della stanza bianca, sulle pareti dei razzi puntano verso lo spazio, l’armadio è da un lato, i giocattoli sul pavimento. La cameretta di Alex è un piccolo mondo che si trasforma a seconda della sua immaginazione, dei suoi pensieri o delle sue emozioni. Tutto è possibile grazie alle proiezioni che fanno muovere i razzi o nuotare i pesci. Ogni cosa allora si colora: lo spettacolo è pieno di luci e colori e la stanza, bianca come un foglio che aspetta di essere riempito, diventa ogni cosa, tutto insieme. È astronave, acquario, montagna, carta da lettere, cielo. Alex non vuole più uscirne, perché gli atri bambini a scuola lo prendono in giro e gli insegnanti trovano il suo atteggiamento problematico. Il suo desiderio sarebbe di andare a vivere a Samoa con Elliot, il bambino di cui è innamorato, e lì stare finalmente in pace, perché per tutti è normale che esistano i fa’afafine. Così Alex, guidato dai suoi sogni, può ad un certo punto salire su un’astronave e viaggiare velocissimo verso Samoa. Così gli è possibile compiere un viaggio ancora più lungo e difficile, quello oltre la porta della sua stanza, nel corridoio da mamma e papà. E a noi è permesso di vedere tutto, fuori e dentro Alex, dentro e fuori dalla sua stanza.
Adesso mi accorgo di avere sbagliato: di bambini a teatro ne ho visti due, anche se uno era interpretato da un adulto. Michele Degirolamo è un Alex tenero e simpatico. Con la sua voce delicata e i movimenti veloci e incerti dà vita ad un ragazzino pieno di energia. Interpreta il suo personaggio in modo così credibile che dopo un po’ ti fa dimenticare che è troppo alto per avere quella età.
Proiettati in video sulla parete di fondo, i due genitori parlano con Alex attraverso la serratura della porta. Giuliano Scarpinato, il papà e Gioia Salvatori, la mamma tentano in tutti i modi di convincere Alex ad uscire dalla sua stanza, parlare e raccontare quello che sta vivendo. La mamma più comprensiva, il papà più scosso dalle dichiarazioni del figlio, creano un dialogo allegro che diverte molto gli spettatori. Lo spettacolo è nel suo complesso molto leggero e allegro, pur affrontando una situazione drammatica come quella del bullismo che Alex subisce a scuola da parte dei suoi compagni.
La voce delicata di Michele Degirolamo è la voce delicata di Fa’afafine: mi chiamo Alex e sono un dinosauro che ci sussurra, come se ce lo suggerisse tra i banchi a scuola, che non c’è niente di poco naturale ad essere come Alex, che è un errore dividere il genere umano, e quindi i bambini, gli alunni di una classe di qualsiasi età nei gruppi di maschi e femmine... magari i maschi azzurri e le femmine rosa. È arrivato il momento di cambiare. Ma questo devono cominciare a farlo gli adulti e allora forse è un bene che ce ne fossero tanti martedì scorso a teatro.

 

 

 

 

Fa’afafine – Mi chiamo Alex e sono un dinosauro
testo e regia Giuliano Scarpinato
con Michele Degirolamo
in video Giuliano Scarpinato, Gioia Salvatori
visual media Daniele Salaris – Videostille
assistente scene e costumi Giovanna Stinga
illustrazioni Francesco Gallo – Videostille
direttore dell’allestimento scenico Antonino Ficarra
progetto scenico Caterina Guia
luci Giovanna Bellini
datore luci Emanuele Noto
produzione Teatro Biondo Palermo
lingua italiano
durata 50’
Napoli, Teatro Nuovo, 8 marzo 2016
in scena 8 marzo 2016 (data unica)

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