“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 13 March 2016 00:00

Jihad nostra contemporanea

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Love Bombing inscena una distopia urgente e corrente, dando forma teatrale ad una di quelle paure striscianti che si fanno strada nel sentimento diffuso, in parte grazie ai bombardamenti al tritolo, in parte grazie ai bombardamenti mediatici che instillano un’esacerbazione del senso di pericolo e minaccia che sembrerebbe incombere, ad ogni angolo e ad ogni istante, sulla cosiddetta “civiltà occidentale”.

Love Bombing dà corpo a queste paure, alla loro immaginazione psicotica, proponendo l’idea di un contesto nostrale finito sotto occupazione da parte di un invasore jihadista, postulando che il cosiddetto Califfato Islamico (ovvero l’Isis, anche se in scena non viene mai così nominato) sia riuscito ad instaurare un regime di terrore dittatoriale qui dove siamo noi.
Di conseguenza, assistiamo a quello che avverrebbe (avviene) in un bunker in cui s’asserragliano – a trovar rifugio e a coltivar speranza di resistere – cinque personaggi diversi ed emblematici dei diversi modi di reagire dinanzi all’oppressione. La drammaturgia attribuisce loro un simbolismo comune: hanno tutti nomi di battesimo biblici, da Vecchio e Nuovo Testamento (evangelisti, apostoli, re d’Israele) e li costipa in uno stanzino compresso, dal soffitto basso, curve le schiene, chini i capi per impossibilità d’ergersi altrimenti, uomini non più uomini, ad uno stadio ferale e regredito. Fuori c’è la guerra, e la guerra li ha compressi lì dentro, costretti, resi prigionieri di un equilibrio di cose mutate, come Pietro, l’avvocato, il saggio filosofo del quintetto, sentenzia, definendo la guerra come un effetto della “natura che rigenera se stessa per creare un nuovo equilibrio”; in questo nuovo equilibrio di cose mutate convivono in uno spazio minimo, rischiarato da fatue, fredde e precarie luci al neon, il già citato Pietro (uno Stefano Jotti ancora una volta perfettamente in parte), un pediatra (Andrea Vellotti), un ergastolano evaso durante la presa di potere da parte dei terroristi, un ex falco della polizia e il fratello di quest’ultimo (nell’ordine: Gennaro Di Colandrea, Giuseppe Gaudino e Adriano Pantaleo).
La compresenza di chi violava la legge e di chi quella legge difendeva – l’ergastolano e il falco – è emblematica di come il mutato equilibrio comporti il sovvertimento, quando non addirittura la resezione totale di ogni valore pregresso, oltreché di ogni regola, di ogni ruolo socialmente definito; ne consegue (e lo sviluppo drammaturgico lo mostrerà con tutta evidenza) un abbrutimento totale, che renderà feroci tanto uomini che già possedevano tale inclinazione (l’ergastolano, il falco), quanto il mite pediatra, cui i terroristi hanno ammazzato la donna amata e nel quale riconosciamo tutta l’esasperazione, sopita e reazionaria, che spesso cova e talvolta esplode negli animi apparentemente pacati e concilianti che popolano l’universo borghese; in altre parole, in una condizione estrema di pericolo e disagio, si manifestano emergendo in tutta la loro virulenza, la paura e l’odio che ne consegue verso l’alterità, cui non si è disposti a concedere sconti né mediazioni e che, in Love Bombing verrà incarnata da un terrorista catturato (Giovanni Serratore), convertitosi all’Islam e alla causa jihadista per salvare la propria testa e verso il quale si indirizzeranno le più efferate velleità di vendetta da parte di quasi tutti gli occupanti del bunker, con l’eccezione del saggio avvocato, ancora ostinato a difendere strenuo il diritto e del giovane fratello del falco, cui spetta il ruolo che conserva il candore e l’ingenuità di chi non è capace di comprendere le storture del mondo.
Il dolore e la necessità affratellano, eppure non bastano a sopire un’esasperazione sempre pronta a montare con la violenza d’una rabbia atavica; le figure polarizzate in scena vedono due coppie d’estremi: il falco e l’ergastolano ad incarnare l’emergenza violenta, l’avvocato e il ragazzo sono invece ipostasi rispettivamente del diritto e dell’inconsapevolezza; nel mezzo del guado la figura del pediatra, in bilico fra la bonomia pregressa e la brutalità indotta. Il passaggio del guado, simbolicamente, sancirà la sconfitta dell’umano nei confronti del brutale, tant’è che vedremo l’avvocato ritirarsi oltre scena, a sancire la resa della ragione illuminata rispetto all’obnubilamento delle coscienze.
La messinscena di Giuseppe Miale di Mauro funziona, possiede un ritmo incalzante che fa appassionare alla vicenda inscenata, le scelte registiche appaiono felici, sia pure con un paio di pecche: l’uscita monologante del terrorista, che arriva tra il pubblico a pronunciare un apologo sociale che rimastica cose udite mille volte (“il vecchio problema della legittimazione e del potere che i pochi esercitano sui molti”) e che poco appare funzionale all’economia drammaturgica della rappresentazione; così come appare un inciampo la scelta di far uscire a vista, rialzandosi sulle proprie gambe, il pediatra dopo che un colpo di pistola gli ha dato la morte, quando invece un momento di buio sarebbe apparso assolutamente più appropriato a separare una scena dalla successiva.
Sbavature che comunque non inficiano il valore complessivo di Love Bombing, uno spettacolo che si fa apprezzare per la resa attorale degli interpreti e per più di una idea, drammaturgica e registica; a cominciare dal registro linguistico scelto per i due personaggi in apparenza più “forti” (in realtà semplicemente quelli che hanno più confidenza con le armi e la violenza), ovvero l’ergastolano e il falco, che si esprimono in un napoletano ferace, violento, senza edulcorazioni (bestemmiano al biondoddio o alla boiadungiuda, senza intercessioni), conferendo un senso di realismo estremo alla rappresentazione ed al contempo risultando efficaci nel far fuoriuscire il lato più cruento dell’animo umano; per poi continuare con la altrettanto felice scelta di conferire al personaggio di Adriano Pantaleo il compito di spezzare la cappa di tensione immettendo, sin dal principio, l’elemento della commedia, col suo eloquio incerto, col suo candido stupore dinanzi a ciò che non comprende; personaggio che con tempistica comica sempre felice immette una componente umoristica che non stona affatto, ma anzi concorre, con la sua purezza di fondo, a rendere variamente composito lo spettro delle reazioni umane dinanzi ad una situazione estrema come quella rappresentata.
il panorama scenico compone così un affresco distopico eppure contemporaneo dei sentimenti di intolleranza verso l’alterità che abitano questo primo quarto di secolo, (di)mostrando con l’evidenza della rappresentazione teatrale quanto poco basti per avvicinarsi troppo al baratro della barbarie.

 

 

 

Love Bombing
scritto e diretto da Giuseppe Miale di Mauro
con Gennaro Di Colandrea, Giuseppe Gaudino, Stefano Jotti, Adriano Pantaleo, Giovanni Serratore, Andrea Vellotti
light designer Luigi Biondi, Giuseppe Di Lorenzo
scenografia Carmine Guarino
realizzazione scene Dino Balzano
costumi Giovanna Napolitano
grafica e foto di scena Carmine Luino
organizzazione Carla Borrelli
produzione Nest Napoli est teatro
in collaborazione con Blu Teatro
lingua italiano, napoletano
durata 1h 20’
Napoli, Nest – Napoli est Teatro, 6 marzo 2016
in scena dal 1° al 6 marzo 2016

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