“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 06 March 2016 00:00

Il Vangelo umano di Pippo Delbono

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Tredici attori in abito da sera stanno seduti in schiera davanti a un muro grigio e ci osservano. Tra la platea e la scena l’orchestra, protagonista di quest’opera non meno degli interpreti. Il campionario di ultima cena che abbiamo di fronte si consuma in piccoli gesti ripetitivi che riempiono il silenzio del Teatro Comunale di Bologna venuto ad assistere al nuovo progetto artistico di Pippo Delbono Vangelo. Opera contemporanea prodotto da ERT e dal Teatro Nazionale Croato di Zagabria, qui in prima nazionale con l’orchestra e il coro del Comunale diretto da Gabriele Di Iorio e con i brani originali di Enzo Avitabile.

L’opera nasce dall’amore perduto di un figlio che accoglie la richiesta che la madre, sul letto di morte, gli fa: “Perché, Pippo, non fai uno spettacolo sul Vangelo? Così dai un messaggio d’amore. Ce n’è tanto bisogno di questi tempi”. E, nel momento in cui si sente ferito, lui compone: la debolezza, il patetismo e la banalità legati alla sofferenza quotidiana diventano in Delbono nuovo moto creativo. Infatti del Vangelo restano gli insegnamenti dell’infanzia, le parabole della pietà e del peccato, che il regista genovese riveste ora di una passione personale e disagiata.
Ancora una volta (e sempre) non può esistere opera di Pippo Delbono dove lui non sia protagonista. L’autobiografismo è parte della sua cifra stilistica che si muove dalle ispirazioni di un percorso artistico maturato con l’Odin Teatret e con Pina Bausch, e influenzato da inclinazioni anarchiche tradotte sulla scena in una colonna sonora che mescola musica pop, rock, classica e sacra.
Rafforzato dalla presenza dell’orchestra, lo spettacolo aspira alla bellezza della musica: un’onda in movimento, quindi mutevole, lontana dalla staticità della prosa. Questo sembra valere soprattutto nel caso specifico di una drammaturgia che non segue regole e che, anzi, si perde in un’idea di testo.
L’onnipresente voce affaticata di Delbono attraversa la platea e sovrasta tutto il resto legando i frammenti di cui l’opera è costituita. I temi (gli stessi di sempre) ancora validi: la malattia, l’omosessualità, la libertà. Gli episodi del Nuovo Testamento (la lapidazione dell’adultera, l’orto degli ulivi, il processo di Pilato, il tradimento di Giuda, la crocifissione, la resurrezione) sono il pretesto per parlare di dolore. Nelle terre straziate dalla guerra, nei manicomi, negli ospedali, Delbono trova quel dolore che rispondere al desiderio della madre. In questi luoghi e nei volti sconosciuti che li abitano è il messaggio d’amore di cui il mondo ha bisogno.
Bobò, Nelson, Gianluca (attori storici della sua compagnia) cardini della denuncia delboniana, sono affiancati dagli attori del teatro di Zagabria che spiccano per disciplinatissima presenza scenica: questo gruppo eterogeneo è diretto abilmente dallo stesso regista. Ed è qui, al di là della retorica ventennale sugli stessi argomenti e dell’egocentrismo battagliero, che potrebbero indebolirne l’attrattività, che Delbono risulta, invece, forte. Fagocitato dalla sua esperienza, dal mondo che si è costruito, è un’artista che lotta ancora contro la propria stessa cecità – prima che contro quella degli altri – e contro quel muro del disamore, che è la scenografia, dove a turno tutti vanno a sbattere o si crocifiggono. E d'altronde tante cose possono essere messe in discussione, fuorchè l’esperienza che si è vissuta, che si vive. Nella follia della sua esibizione artistica Delbono ha, invero, un ossessivo controllo di sé che gli permette di sperimentare l’ebbrezza della libertà, l’estati dell’autodeterminazione.
Vangelo è viscerale come lo è Pippo Delbono – che si tocca la pancia prima di parlare – è scomodo, al punto che il disagio e l’euforia dello spettatore possono intrecciarsi in un unico sentimento, è perfetto, perché nella sua evidente imperfezione sta l’emozione.

 

 

 

 

Vangelo. Opera contemporanea
di
Pippo Delbono
con Gianluca Ballaré, Bobò, Zrinka Cvitešić, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Tatjana Hrvačić Gašparac, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Iva Mihalić, Gianni Parenti, Alma Prica, Vlasta Ramljak, Pepe Robledo, Grazia Spinella, Nina Violić, Safi Zakria, Mirta Zečević, Danijela Zobunđija e con la partecipazione nel film dei rifugiati del centro di accoglienza PIAM di Asti
immagini e film Pippo Delbono
musiche originali digitali per orchestra e coro polifonico Enzo Avitabile
scene Claude Santerre
costumi Antonella Cannarozzi
disegno luci Fabio Sajiz
luci, video Orlando Bolognesi
suono Matteo Ciardi
realizzazione scene e sartoria Croatian National Theatre – Zagabria
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Croatian National Theatre – Zagabria
lingua italiano
durata 1h 50'
Bologna, Teatro Comunale, 25 febbraio 2016
in scena dal 25 al 28 febbraio 2016

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