“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 29 February 2016 00:00

Quanti Amleto

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Esistono tanti Amleto per quanti sono gli Amleto messi in scena; esistono tanti Amleto per quante sono le angolazioni da cui si guarda ad Amleto. Così ci può succedere di vedere Amleto prima ancora che diventi Amleto (nel Preamleto di Michele Santeramo), o di scrutare l’Amleto “postumo” di Michele Sinisi, o ancora può capitare di imbattersi in un processo in cui Amleto è alla sbarra come imputato per l’omicidio di Polonio – Please, continue (Hamlet) – o un Amleto postmoderno che surroga il teschio di Yorick con la mela morsicata di un computer Apple (Amleto Fx di VicoQuartoMazzini), ed ancora ci capiterà, è certo, di vedere altri Amleto reinterpretati e traslati su scena secondo una e tante visioni.

CostellazioniAmleto, tutt’attaccato è una di queste visioni e parte da un Amleto irrisolto e irresoluto per farne scandaglio d’un suo doppio attraverso un’operazione di scavo psicologico approcciato mediante il metodo delle Costellazioni Familiari, processo analitico qui svolto nella sua forma collettiva, che mira allo scavo, all’individuazione e – se va bene – allo scioglimento dei nodi irrisolti che ciascuno si porta dietro attraverso il proprio vissuto familiare. Nodi da sciogliersi come “le solide carni” di Amleto, di quest’Amleto – interpretato come un ragazzo tremolante e insicuro del nostro tempo dall’ottimo Orazio Cerino – che risponde alle domande della propria psicoterapeuta con brani della partitura shakespeariana, con frasi che nella decodifica della psicologa si traducono in sintesi diagnostiche sferzanti di misoginia (“fragilità il tuo nome è donna”) e schizofrenia (l’amico immaginario Ortazio), mentre i termini di negazione e rifiuto della realtà traducono agli occhi della terapeuta la visione amletica dello spettro paterno.
È un Amleto, questo Amleto, che viene offerto come un personaggio insicuro, dilaniato, bisognoso di un supporto che l’aiuti a far chiarezza dentro se stesso, in ciò privilegiando una visione al negativo del Principe di Danimarca, come se fosse solo oggetto in balìa degli eventi e non anche il vero campione della propria vicenda, colui il quale regge per tutto il dramma il sottile gioco della finzione funzionale ad un supremo scopo di verità.
Fatta dunque questo tipo di tara preventiva, bisogna prendere l’Amleto di CostellazioniAmleto come un personaggio che è Amleto senza essere Amleto, o se vogliamo, un Amleto “dimezzato”, spogliato di gran parte della sua carica di portatore di verità in un mondo di menzogne per diventare invece un compulsivo e nevrotico oggetto di introspezione psicologica, un Amleto difforme, come difformi sono certi nomi, sicché Orazio diventa un immaginario “Ortazio” e la Danimarca diventa la “Danimarcia”, ovvero luogo (o non luogo) di una consunzione.
Ad un Amleto siffatto si offre così la possibilità di uscire dall’Amleto, guardarlo dal di fuori e cercarvi le chiavi di decodifica qualora ne avesse bisogno; cosicché, preso in cura da una psicoterapeuta, lo si sottopone alle Costellazioni Familiari, che vedono in scena gli altri pazienti della psicologa ad interpretare i ruoli dei personaggi dell’Amleto: Ofelia, Claudio, Gertrude, Laerte, infine anche Fortebraccio e lo stesso Amleto, non più Orazio Cerino, ma Adriano Falivene, scelto dallo stesso Cerino – ovvero l’Amleto originario – per interpretare se stesso nelle Costellazioni (Adriano Falivene che avevamo trovato già in scena a inizio rappresentazione a fare pesi, come a voler essere preparato a reggere l’onere del ruolo a cui sarebbe poi stato destinato nella Costellazioni).
Il gioco, ché di gioco si tratta, ha un avvio scoppiettante, in cui la metateatralità di un Amleto nell’Amleto ben si presta a giochi verbali e gherminelle ironiche, nelle quali spicca il ruolo brillante assunto da Ettore Nigro; ma è un gioco che progressivamente perde di nerbo, sfilacciandosi nella propria tenuta complessiva nella seconda parte dello spettacolo, quella che in teoria dovrebbe portare allo svelamento dei nodi familiari di Amleto e che porta ad una ‘conversione’ di Amleto attraverso il suo doppio, cui si attribuisce una risolutezza nei modi che nell’Amleto di Orazio Cerino appariva annientata e che nella partitura shakespeariana agisce invece attraverso meccanismi più sottili.
Ma non ci pare opportuno affannarsi nella ricerca di riferimenti tout court all’Amleto, sarebbe pretestuoso, visto che CostellazioniAmleto appare come qualcosa che non vuole fare il verso all’Amleto, quanto piuttosto un gioco teatrale che parte dall’Amleto, se ne serve, lo cita, omaggia  la pratica del Bardo facendo uso del doubling e ne ricalca alcuni tòpoi, ma per imboccare sostanzialmente direzione autonoma, per farsi pièce dagli intenti psicoanalitici, che parte da un pretesto, lo sviluppa come gioco e, sia pur solo parzialmente, riesce a stare in piedi per un’ora, sebbene le premesse di una felice idea scontino uno sfilacciamento nella seconda parte e mostrino la corda di una scelta di registro non definita; è infatti la prima parte di CostellazioniAmleto – quella in cui i toni della commedia sono preponderanti – a funzionare meglio, mentre il suo epilogo irrisolto riconsegna Amleto alla sua storia d’origine, a cui nessun gioco, ancorché riuscito, la può espropriare.
Esistono tanti Amleto quanti sono gli Amleto messi in scena; nel caso di CostellazioniAmleto, più che di un Amleto in più, parleremmo di una variazione sul tema di Amleto per un Amleto che non è del tutto Amleto: un gioco; possibile ma perfettibile.

 

 

 

 

 

CostellazioniAmleto
da un’idea di Carmen Pommella, Giovanni Del Prete
testo e regia Giovanni Del Prete
con Carmen Pommella, Adriano Falivene, Orazio Cerino, Antonio Vitale, Francesca Iovine, Ettore Nigro
luci Marco Ghidelli
assistente alla regia Sandra Caraglia
produzione Roberto Sapienza, LePecoreNere
lingua italiano
durata 1h
Napoli, Piccolo Bellini, 24 febbraio 2016
in scena dal 23 al 28 febbraio 2016

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