“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 26 November 2015 00:00

Il ritorno di Tommaso Tuzzoli in Sala Assoli

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“Facevano l’amore, come se si stessero picchiando. Poi, a lungo si vantarono dei lividi, sfiorandosi le cicatrici”.

 

È raro e dolce, quando, in teatro, le parole diventano leggere, e fluttuano come immagini o brevemente si posano e come invisibili schegge feriscono, affidate al corpo e alla voce di chi le passa a noi. Quando, del testo recitato, resta una sensazione, dei colori nitidi, la posa emotiva – ruvida o lieve – di un’urgenza che ci è stata donata, empaticamente trasmessa. Come un’idea che s’insinua, piano piano, senza far rumore, e che poi si ferma: e resta.

Così è successo in Sala Assoli, in occasione del ritorno di Tommaso Tuzzoli che, dopo un periodo di assenza dai palchi napoletani, ha portato in scena il suo ultimo lavoro, primo movimento della Trilogia della disobbedienza. Costruito sul testo della giovane autrice croata Ivana Sajko (Cavaliere delle Arti e della Letteratura in Francia), Rose is a Rose is a Rose is a Rose si presenta come una partitura a più voci di frammenti di ricordi, di frasi di “orli taglienti” e sprofondamenti dolci e carnali tra l’io e il noi, di una coppia di singolari ma umanissimi amanti che si tengono – e si salvano – per il solo fatto di stare l’uno con l’altra: insieme. Sullo sfondo, una vita normale di lavori precari, insicuri; dietro l’angolo, un’inattesa catastrofe: non guerra ma guerriglia violenta che scoppia, improvvisamente, nelle strade delle nostre città. I riferimenti sono chiari: Sabrina Iorio, unica instancabile e polimorfica attrice cui è affidata questa partitura, a un tratto costruisce un piccolo esercito di statuine di piccoli ragazzi, pronti all’attacco o ad essere attaccati, recitando una scia di date che hanno lasciato il segno nella memoria di questi anni: una su tutti, il G8 di Genova; ma anche le rivolte della Primavera Araba, del movimento di Podemos in Spagna o di Bloccupy in sostegno al popolo greco contro l’austerity della BCE. Una domanda riecheggia, ancora più sinistra e attuale, nei giorni drammatici in cui lo spettacolo va in scena: "Chi è il vero colpevole?". Su una scena curata e minimale – uno sfondo quadrato di blu/grigio, incastonato in cornici di luci al neon, le parole s’inseguono, in un movimento ostinato ma delicato, in una rincorsa che accoglie, tra sussurri e stralci di poesia, e poi, improvvisamente, colpisce e aggredisce, su cascate di beat elettronici o di batteria punk rock. Il regista ha modellato la raffinata e viva scrittura dell’autrice croata in un pastiche compatto di diverse suggestioni drammaturgiche, sceniche, compositive – interessante l’inserto dell’animazione costruita ad hoc per lo spettacolo da Marco Lucisano e Barbara La Torraca – in un continuo mise en abyme che, dal singolo, porta alla collettività e viceversa, attraverso il fuoco di una storia d’amore non convenzionale i cui protagonisti, tuttavia, potrebbero essere alcuni tra gli spettatori del pubblico in sala.
In un breve colloquio avuto dopo lo spettacolo, Tuzzoli mi racconta che questo progetto era nato per i vent’anni della guerra dei Balcani: "La Sajko è una di quelle autrici che, essendo anche attrice, usa la forma del reading, pensa per il teatro. Ha vissuto la guerra dei Balcani quand’era giovanissima ma noi le abbiamo chiesto di allagare lo sguardo, di andare avanti: nel testo non si parla di una guerra, ma di una delle guerre. Lei non parla di manifestazioni legate alla guerra ma di manifestazioni che vedono il popolo ribellarsi a qualcosa. È il concetto stesso di questo spettacolo, il miracolo è stato quel bacio che li ha fatti salvare: di tutti quei ricordi frammentati, la protagonista si porta dietro quel bacio".
Tuzzoli, trentotto anni, è stato,ì uno dei sei registi della stagione del Nuovo dedicata al “Fondamentalismo”, nonché storico assistente alla regia di Antonio Latella. Non tornava a Napoli da tre anni, quando, sempre in Sala Assoli, portò Lettere d’amore a Stalin di Mayorga, anche quello un testo inedito. Ora si muove tra Udine e Trieste, dove gestisce, assieme ad Alessandro Gilleri (che produce anche i suoi spettacoli) il teatro di Muggia, con la rassegna Muggia Teatro Cabaret "in cui ho portato anche parte della mia esperienza napoletana e la politica con cui sono cresciuto qui: ci sono spettacoli di cabaret ma anche lavori che vengono dall’innovazione (Sgorbani, Massini, Alessandro Benvenuti, Teatri Uniti) tutto questo con trentamila euro di contributi regionali". Rispetto al suo ritorno in città, Tuzzoli fa, infine, una serie di considerazioni interessanti: "Ho trovato tutto totalmente diverso. Per quello che posso leggere, con un occhio esterno, la mia grande paura è la generazione dopo la mia. I più piccoli. Io ho trentotto anni, sono della generazione di Pino Carbone, Benedetto Sicca, Antonio Calone: eravamo un gruppo molto presente, attivo. Per dodici anni ho fatto l’assistente di Latella. Ho attraversato tutto il teatro, dal facchino, all’organizzazione, lavoravo in produzione ho avuto la fortuna di lavorare con tutti i registi che sono passati per questo spazio; poi ho rotto il cordone e ho iniziato a fare anch’io regia. Non riesco a vedere, forse per ignoranza mia, una generazione com’era la nostra. Tranne qualche piccolo raro caso – vedi Pisce 'e paranza – è come se fosse tutto soffocato. Questo mi spaventa perché, se salta una generazione, dovremmo aspettarne un’altra e già noi – quelli “dieci anni sopra”, come diceva Pasolini – siamo pochi e abbiamo tante difficoltà. Se saltano due generazioni, cosa può succedere? E questo vale non solo per le generazioni dei registi, dei teatranti, ma anche per le generazioni del nuovo pubblico. Vedere che fuori la Sala Assoli e al Teatro Nuovo, dove prima c’erano tutti quei ragazzi, ora non c’è più niente mi preoccupa, molto".
E, in effetti, Tuzzoli ha centrato il punto.

 



30ennale Sala Assoli. Teatri, teatro e Quartieri Spagnoli
Rose is a Rose is a Rose is a Rose
di Ivana Sajko
traduzione Elisa Copetti
regia Tommaso Tuzzoli
con Sabrina Jorio
spazio/installazione Pierpaolo Bisleri
ingegnere del suono Paolo Cillerai
luci Angelo Ugazzi
animazione e grafica Marco Lucisano, Barbara La Torraca
elementi scenici Davide Di Donato e Laboratori Fondazione Teatro “G.Verdi” – Trieste
foto di scena e video Teresa Terranova
produzione Golden Show / Tinaos
in collaborazione con Comune di Muggia – Residenza Idra – Valli del Natisone Through Landscape
Napoli, Sala Assoli, 20 novembre 2015
in scena  dal 20 al 22 novembre 2015

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