“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 25 November 2015 00:00

Un "Otello" tridimensionale

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Laura Angiulli porta in scena, nuovamente, Shakespeare. Nuovamente perché a distanza di un anno dalla riuscitissima messinscena de Il mercante di Venezia, la regista torna ad affrontare un'opera del grande Bardo; e nuovamente in quanto la rappresentazione interviene sull'archetipo con riduzioni e adattamenti idonei a preservarne l'imperitura modernità.
Lo spettacolo P_Ossessione Otello è il risultato di un lungo e complesso lavoro teso a concentrare la complessa trama dell'Otello in una sintesi fedelmente svolta sul filo dei contrasti cromatici, gergali ed esistenziali dell'opera.

Contrapposizioni di colori e linguaggi sono gli espedienti utilizzati da Shakespeare per dare tridimensionalità alle evoluzioni dei personaggi, nella prima parte dell'opera Otello e Iago accedono a registri linguistici completamente diversi, e dove il primo si colloca nel punto più alto della nobile retorica, il secondo si assesta su quello più basso della gergalità cameratesca. Con la 'corruzione' di Otello, le differenze si attenuano, il generale perde l'abilità nella retorica e la sua discesa umana è registrata da una parola sempre più incerta e scabra, ai limiti di una disarticolata primordialità.
In una prima versione dell'Otello l'ampiezza di questo divario era ottenuta grazie all'uso sapiente della parabola linguistica ai limiti della blasfemia, nella versione successiva l'espediente parabolico cade (per ragioni legali e politiche che impongono di epurare l'opera dalle locuzioni incriminate), e le dissonanze vengono affidare ad un registro più 'alto' coniato per alcuni personaggi (Otello, Desdemona ed Emilia), ed alla capacità degli attori nel restituire, attraverso la recitazione, la sostanza dei paradossi e parossismi umani.
Agli, attori, dunque, alla prossemica, e alle scelte di regia, l'arduo compito di dire ciò che più non può essere detto e di far comprendere i moti dell'animo non esplicitati.
Laura Angiulli schiera i suoi attori sul fondo del palcoscenico per una scena iniziale fortemente evocativa. Seduti alla destra e alla sinistra di Iago, attendono in un'immobilità pretornatica che l'alfiere compia la sua prima mossa e determini la sorte del loro destino. Giovanni Battaglia, superbo alfiere rivestito del colore della notte, avanza verso il proscenio dando inizio all'aracnico ordito in cui rimarranno impigliati tutti i personaggi, lui compreso. Diversamente da quanto previsto dal testo originale, non è accompagnato da Rodrigo, e non è a lui che apre il venefico cuore per rivelare le ferali intenzioni, è invece al pubblico che si rivolge mettendolo a parte del torto da lui subito e della giustezza delle conseguenze che da esso scaturiranno. Questa scelta di creare un rapporto diretto tra Iago e il pubblico, ripetuta più volte durante lo spettacolo, crea una terza dimensione temporale all'interno della quale il male esibisce ed esplica le tappe del suo lavoro, come un artigiano mostra la fucina dove la materia prende nuova forma.
Dopo la prima 'mossa', che com'è noto è costituita dall'attacco delatorio a Brabanzio, gli altri personaggi – collocati su di una scacchiera forgiata dal demonio – si muovono come pedine di un gioco di cui, fino alla fine, ignorano regole e scopi. Si alzano uno ad uno, spostano le sedie che occupano collocandole in altri punti del palcoscenico, ponendo così in essere le azioni che un inameno deus ex machina ha già programmato e previsto. Il contrasto nero/bianco, trasposizione cromatica di un piano etico, si estende dalle parole alla scena, dove il colore dominante è il nero, Otello, Iago ed Emilia, sono vestiti di nero, così come nera è la notte che metterà in luce il mostruoso parto di Iago, e il nero è il colore principale degli abiti degli altri personaggi; ad eccezione di Desdemona che, vestita di immutabile e assoluto candore, è la dama bianca che il gioco crudele metterà sotto scacco.
Senza soluzione di continuità, la rappresentazione porta avanti l'azione in un crescendo di pàthos drammatico accompagnato da proiezioni 'lampo' dalle implicazioni teologiche. Così, quando Iago si inginocchia al suo generale giurando fedeltà, suggellando poi quella menzogna con un bacio traditore, sullo sfondo appare l'immagine di un serpente strisciante che fornisce risposta all'ambigua affermazione iniziale di Iago: "Non sono quello che sono". Questa frase sibillina rivolta al pubblico – parafrasi in negativo di un verso che nell'edizione inglese della Bibbia indica il nome stesso di Dio "I am that I am" – viene resa esplicita, in un momento successivo, attraverso questa proiezione di pochi secondi: se Dio è "I am that I am", io vi mostro di essere l'esatto contrario.
La scena finale – tinta anticipatamente di rosso da Emilia che, ricoprendo il letto nuziale e parte dell'assito con un ampio drappo di velluto rosso, prepara allo stesso tempo il talamo e l'avello – chiude il sipario sullo spettacolo che 'avvelena la vista'; è Otello a chiedere che quelle immagini immisericordiose vengano sottratte alla vista, è Otello che vinto tra i vinti, decreta la fine di questa rappresentazione in cui, attori e regia, hanno mantenuto promesse e attese tenendo 'alto' il nome di Shakespeare.

 

 

 

P_Ossessione Otello
da Otello
di William Shakespeare
drammaturgia e regia Laura Angiulli
con Giovanni Battaglia, Michele Danubio, Alessandra D’Elia, Stefano Jotti, Antonio Marfella, Manuela Mosè
scene e costumi Rosario Squillace
disegno luci Cesare Accetta
assistente alla regia Flavia Francioso
tecnico luci Lucio Sabatino
tecnica Luigi Agliarulo
lingua italiano

Napoli, Galleria Toledo, 21 novembre 2015
in scena dal 20 al 29 novembre 2015

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