“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 23 November 2015 00:00

È il teatro, bambini!

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Nel blu del fondale del Teatro dei Piccoli si stagliano le sagome di una casetta di legno, di un albero e di un roseo bambino saltellante, disegnate nello stile inconfondibile di Emanuele Luzzati. L’Edenlandia è chiusa e dismessa da anni, lo zoo, vista l’ora, ha chiuso i battenti, consegnando gli animali alla quiete della notte che sopraggiunge, ma la sala festante di bambini rischiara a giorno il pomeriggio calante. Sono eccitati e dopo i saluti di rito, le presentazioni delle autorità e le ammonizioni sul comportamento da tenere in sala, la fiaba musicale di Prokof'ev ha finalmente inizio.

O meglio, ha inizio lo spettacolo. Il giovane pubblico è subito confrontato con la complessità della realtà metateatrale: la quarta parete è immediatamente abbattuta, o meglio, non viene mai innalzata, come se la cassetta degli attrezzi dell’attore e del regista fossero svuotate davanti ai nostri occhi e gli strumenti fossero rimessi a posto uno per uno, chiamandoli col loro nome, per farceli conoscere. Idem dicasi per gli strumenti musicali e il modo di ascoltare, un’opera in musica. Attraverso le parole e il mimo si descrive cos’è un orchestra, le famiglie di strumenti e al tempo stesso si esplica il loro ruolo nella favola, insegnando a leggere la partitura, a comprendere l’articolazione della musica, riempiendo di contenuto la percezione estetica. Non è una barbosa e tecnica lezione, ma una favola nella favola, tutto è affidato al mimo, che si accoppia alla parola o se ne discosta comicamente, come quando introducendo la famiglia degli archi l’attrice è pronta a mimare lo scoccare delle frecce: “come quelli di Robin Hood”. O ancora quando, parlando dei legni, si parla del flauto, che ha un cugino che si chiama clarino, che a sua volta ha un fratello che si chiama oboe. Ci si interroga su cosa sia la musica, si prova a descrivere l’effetto che provoca l’accostamento dei suoni, gli uni accanto agli altri, come i colori di un disegno, per creare l’insieme, per materializzare un mondo. E ancora si racconta la dinamica della performance musicale, si descrivono i musicisti nel golfo mistico, l’entrata del direttore d’orchestra, le prove di accordo degli strumenti, al “la” dell’oboe, ancora una volta affidate al mimo. Si introducono i personaggi e gli strumenti che li rappresentano: l’uccellino è il flauto, l’anatra è impersonata dall’oboe, il gatto è il clarinetto, mentre la voce del vecchio nonno borbottone è quella del fagotto, il lupo è il corno e Pierino ha la voce di tutti gli archi, che soli possono rendere la sua mobile vitalità. I bambini a questo punto però, trascorsi i primi venti minuti di attenzione qualificata, cominciano a stancarsi e una bambina davanti a me chiede ai genitori: “Quando inizia Pierino e il lupo?” e alla risposta del padre che è già cominciato la vocina ribatte “Ah”, poco convinta. Il teatro è atto comunicativo e forse, nel tentativo di rivolgersi ai bambini e al contempo strizzare l’occhio ai loro avvertiti genitori, talvolta si rischia di dimenticare il destinatario finale del prodotto.
Finalmente si manifesta, fuori campo, la voce del Gran Narratore per il quale gli attori, alquanto litigiosi caricaturalmente, mostrano reverenziale rispetto (si tratta della voce di Dario Fo...). La fiaba musicale si snoda lineare davanti ai nostri occhi e nelle nostre orecchie, la materializzazione delle parole è affidata alla musica, al mimo e alla danza degli attori, che imbracciano le sagome dei personaggi. I bambini seguono partecipi, ridono eccitati e spaventati, incitano, qualcuno si nasconde per non vedere il lupo che mangia l’anatra. Il finale, anzi i finali, non ve li svelo, fanno parte di una scelta metateatrale, che forse strizza l’occhio più ai genitori che ai bambini, per squarciare il velo di illusione e mostrare, ancora una volta, che non è la storia che si svolge sotto i nostri occhi, ma una storia raccontata. È il teatro, bambini!

 

 

 

Pierino e il lupo
testo ispirato alla favola musicale di
Sergej Sergeevič Prokof'ev
testo e voce Dario Fo
adattamento teatrale e regia Nicoletta Vicentini
con Rossella Terragnoli, Marina Fresolone, Jacopo Pagliarini
scene e illustrazioni Emanuele Luzzati
costumi Maria Bellesini
musiche Sergej Sergeevič Prokof'ev
registrate da Orchestra Verdi di Milano
per gentile concessione di Rivista Amadeus
produzione Fondazione AIDA – Verona
lingua italiano
durata 55’
Napoli, Teatro dei Piccoli, 20 novembre 2015
in scena 20 novembre 2015 (data unica)

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