“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 15 October 2015 00:00

Satie e Michaux: dalla liricità all’utopia

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Nella città di Roma si sta svolgendo, già da fine settembre come ormai da trent’anni, il Festival di musica, teatro, danza, circo e digitalife intitolato Romaeuropa, che ha permesso di invitare artisti da tutto il mondo per presentare loro attuali e vecchi lavori nel campo delle arti performative.
Quest’anno, il Festival ha deciso di ospitare anche una mostra che cura l’incrocio tra le arti e le nuove tecnologie in campo audiovisivo in modo tale da donare ai fruitori uno spaccato della digitalife in cui oggi ormai siamo immersi.

La mostra ha il titolo Luminaria e si occupa di luce e tecnologie, ospitando artisti come Nicolas Bernier, Myriam Bleau, Maxime Damecour, Alexandra Lemercier, Masbedo, Martin Messier, Pietro Pirelli, Samuel St-Aubin, Bill Vorn, Louis-Philippe Demers e si articola in installazioni e live performance.
Tra i nomi, invece, dei coreografi, registi e musicisti di quest’edizione 2015 si sono già esibiti Fabrizio Ottaviucci, con un omaggio a John Cage, la Compagnie Maguy Marin, Rosas di Anne Teresa De Keersmaker insieme ad Ictus, Russel Maliphant, Fabrizio Cassol e sabato 10 e domenica 11 ottobre è toccato alla Compagnia Canadese Marie Chouinard con la ripresa, al Teatro Argentina, di due coreografie che debuttarono già tre, quattro anni fa.
I primi quaranta minuti, dunque, sono stati dedicati ad un omaggio danzante alle composizioni musicali di Erik Satie, le famose Gymnopédies (n° 1, n° 2, n° 3), che con il loro suono dolce e denso hanno creato un suggestivo scenario coreografico in cui i corpi, come pulcini che escono dalle uova, fuoriescono da drappeggi bianchi, rivelando così ogni linea dei muscoli, con movimenti fluidi, sensuali, lenti e continui, in un processo di “eterno-legato”.
Il movimento non si ferma mai, mentre i corpi si spostano ed i vari quadri si modificano. Il pianoforte in scena, sulla destra, è suonato di volta in volta da danzatori e danzatrici differenti, che, arrivati lì, continuano questa danza fluida ed incessante attivando il dolce suono. Ogni danzatore, in assoli e passi a due, rivela un “carattere”, ovvero un personaggio, in maniera molto teatrale, fino ad arrivare, dopo questo lento processo fluido, a scene prettamente comiche. Quasi in antitesi con la musica, ma in una rinnovata situazione umoristica e provocatoria, i danzatori diventano dei pagliacci, squarciano la parete immaginaria di divisione tra palco e platea, ed inscenano rapporti sessuali, risate, sono in platea, ritornano in palco, parlano, spiegano l’origine della ricerca di movimento delle coreografie, si prendono in giro, quasi come se lo spettacolo cambiasse radicalmente.
La musica, infatti, continua a ripetersi, mentre la danza subisce un cambiamento radicale, nelle situazioni, ma non nel movimento, che resta fluido, e tutto ciò avviene dopo gli applausi, ovvero dopo che il pubblico si era già rilassato, credendo nella sopraggiunta fine della performance.
La Chouinard afferma di aver lavorato sull’aspetto del duo, sul momento relazionale tra due corpi, dove il movimento (la danza) è il padrone, il motore, insieme al momento presente ed in effetti la ricerca è proprio sulla coppia, tra uomo e donna, tra donna e donna, e tra uomo e uomo, e tra uomo e pianoforte, tra interpreti e spettatori, tra palcoscenico e platea.
I rapporti umani sono sentimentali, erotici, eccitati, tra interpreti e spettatori invece la relazione si gioca ovviamente sull’empatia, mentre lo spazio ed il suo attraversamento è quello che guida il rapporto palco e platea in un continuo ritorno ciclico in cui la musica muove tutto.
La scelta musicale della Chouinard, che è l’origine dell’indagine coreografica, lo spunto attivo della nascita di questo spettacolo, è motivata dalla presentazione di un compositore che fu molto richiesto all’inizio del Novecento per comporre musica per balletti che si avviavano verso una linea più moderna: John Cage, che inoltre fu considerato l’erede di Satie, soprattutto nella sua capacità di eterna ripetizione, di performance infinita, di indagine continua all’interno del suono. Satie, però, predilisse una sorta di piattezza musicale, ovvero una ripetizione uguale a se stessa, Cage, invece, preferì apportare la tecnica della variazione.
La variazione è infatti il filo conduttore della seconda coreografia, di durata leggermente minore, che omaggia, invece, la raccolta di immagini e scritti di Henri Michaux, Mouvements (Movimenti) composta nel 1951.
La Chouinard, infatti, nel 1980 si trovò a contatto con questi quaderni di Michaux e fu ispirata dalle figure ad inchiostro nero, astratte, schizzi di movimento, che, ispirate dal surrealismo francese, imitavano forme di vita, animale, vegetale, inanimata e che, suggerirono all’autore (“farina del suo sacco”) scritti su di sé, sulla vita, sull’autoriconoscimento, dato che è conosciuta la forte funzione terapeutica che l’arte e la letteratura hanno avuto su un personaggio come Michaux, solitario e dedito alla sofferenza.
La Chouinard ha scelto di far interagire ogni danzatore, vestito con una tuta nera, e posto su un palco bianco, con le immagini di Michaux, proiettate in video (immagini nere su sfondo bianco), i movimenti reali dei danzatori non sono imitazioni dei movimenti di Michaux, ma gesti indipendenti che però cambiano in contemporanea: ad una successiva immagine proiettata corrisponde un altro gesto o posizione del danzatore. La danza qui è dunque nutrita e stimolata dalla relazione con l’immagine e la musica, firmata da Louis Dufort, è molto suggestiva. È un esecuzione di rumori e scatti techno che via via incalzano sempre di più fino ad arrivare alla psichedelica, all’immagine in movimento troppo veloce, di cui si vede solo la scia, ovvero il movimento, e non la posa.
Qui le danze, a differenza della fluidità e della sensualità del brano precedente, sono viscerali, staccate, scattose, frettolose. Sembra, però, che ci sia una “normale” derivazione che dalle musiche di Satie conduce verso questi suoni spigolosi e psichedelici e non a caso proprio a Satie guardarono non pochi tra i compositori del minimalismo storico, il più “psichedelico” tra i movimenti musicali del secondo ‘900.
Sembra dunque che le due performance conducano il pubblico in una strada del sé, in un percorso psicologico, che dall’apparente chiarezza e lucidità, arriva alla “sommossa” della psiche, e la chiarezza diventa non-lucidità, il movimento diventa non definito.
Eppure da Satie a Michaux, che non si incontrarono di persona, ma respirarono ambienti simili, sono rappresentate due facce delle stesse tematiche. I disegni ad inchiostro di Michaux ricordano le note sospese del pianoforte ed entrambi rappresentano un immaginario culturale originale francofono.
La scelta di mettere le due coreografie una dopo l’altra e di lavorare sulla visionarietà interiore mette in risalto un non casuale incrocio storico, ovvero il fatto che all’inizio degli anni ’60 Henri Michaux fu contattato dalla casa farmaceutica Sandoz, la stessa nei cui laboratori veniva sintetizzato l’LSD, per lavorare ad un film educativo riguardo l’uso delle droghe (di cui è noto che Michaux faceva uso e da cui trasse spunto per gran parte delle sue creazioni) dal titolo Images du monde visionnaire, mentre la neonata comunità lisergica si nutriva proprio delle note sognanti di Satie per raggiungere stati deformanti della realtà.  
Inoltre, nello stesso periodo, Cage rendeva omaggio a Satie con l’esecuzione per diciotto ore di Vexations.
Pare che la coreografa canadese abbia deciso di fare uno spaccato storico ed uno spaccato interiore sugli incontri, le deformazioni e i risultati dei processi. Le due coreografie sono, a mio avviso, da vedere come l’una il proseguimento dell’altra, e come unico processo che dall’una conduce all’altra. La liricità e la comicità sfociano, dunque, nella modernità, nella scattosità, nel surrealismo e nell’utopia.
Alla base vi è la ripetitività ed il respiro continuo, linfa vitale del movimento, che permette il fluire dei processi vitali.
Il Festival, nella sezione danza e teatro, tra i nomi più importanti, vedrà ancora la Compagnia di Akram Khan, Jan Fabre, Emma Dante, Romeo Castellucci, Jan Martens, e poi Chiara Frigo, Annamaria Ajmone, Aoife Mcatamney (vincitori di DnAppunti coreografici, spazio per i giovani talenti della coreografia contemporanea), Igor e Moreno, Muta Imago ed Alessandro Sciarroni (con una creazione per il Balletto di Roma).







Festival Romaeuropa 2015
Gymnopédies
coreografia, direzione artistica, costumi extra, props Marie Chouinard
musica Erik Satie
danzatori Sébastien Cossette-Masse, Paige Culley, Valeria Galluccio, Leon Kupferschmid, Lucy M. May, Mariusz Ostrowski, Sacha Ouellette-Deguire, Carol Prieur, James Viveiros, Megan Walbaum
disegno luci Alain Lortie
scene Guillaume Lord, Marie Chouinard
costumi L. Vandal
consulente musicale Louis Dufort
ambiente sonoro Jesse Leveillé
produzione Compagnie Marie Chouinard
coproduzione Les Nuits de Fourvière (Lyon)
supportato da Carolina Performing Arts (Chapel Hill, United States), ImPulsTanz (Vienna)
durata 40’
Roma, Teatro Argentina, 10 ottobre 2015
in scena 10 ed 11 ottobre 2015

Henri Michaux: Mouvements
coreografia, direzione artistica, disegno luci, scene, costumi, hairstyle Marie Chouinard
musiche Louis Dufort
testi e disegni Henri Michaux, dal libro Mouvements (1951) con l’autorizzazione di Henri Michaux ed Editions Gallimard
danzatori Sébastien Cossette-Masse, Paige Culley, Valeria Galluccio, Leon Kupferschmid, Lucy M. May, Mariusz Ostrowski, Sacha Ouellette-Deguire, Carol Prieur, James Viveiros, Megan Walbaum
spazio sonoro Edward Freedman
traduzioni Howard Scott
produzione Compagnie Marie Chouinard
supportato da ImPulsTanz (Vienna)
durata 35’
Roma, Teatro Argentina, 10 ottobre 2015
in scena 10 ed 11 ottobre 2015

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