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Tuesday, 08 September 2015 00:00

Prolàb e la necessità sussistente

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Sussiste una spinta necessitante di fondo in chi devolve la propria vita ad una causa facendone missione. Nella fattispecie, la causa è il teatro, la vita in devoluzione è quella di Eduardo Zampella, alle spalle una ultratrentennale esperienza di formatore in quella particolare concrezione di utopia e realtà che è diffusioneteatro.

Lo avevamo incontrato e ne avevamo raccolto le considerazioni ad ampio spettro in quest’intervista risalente a poco più di un anno fa. Dopo di allora lo avevamo ritrovato spesso seduto nelle più disparate platee, scambiando con lui sempre qualche chiacchiera teatrale, qualche impressione su ciò che s’era appena veduto o qualche considerazione più ad ampio raggio; in ogni caso sempre ritrovandolo fedele alla propria coerenza interna, sempre votato – con entusiasmo che pare non patire scalfittura alcuna da parte del tempo – alla propria missione di formatore, officiante di un rituale che anche quest’anno, come gli ultimi trenta e passa (precisamente dal 12 dicembre del 1983), si ripete ogni lunedì giù a diffusioneteatro, in quel di Torre Annunziata.
Laboratorio di base gratuito e permanente, diffusioneteatro offre un’opportunità propedeutica a chi s’approcci alle professioni del teatro; ma non è lì, questa volta, che abbiamo incontrato Eduardo Zampella, e nemmeno in una delle tante platee che s’accingono a cominciare stagione, bensì in uno spazio che, pur insistendo nello stesso territorio di diffusioneteatro, ne differisce sostanzialmente: la Piccola Ribalta Oplontina, longeva compagnia di amatori torresi, affiliata alla FITA. Potrebbe sorprendere incontrare Zampella in un luogo “vocazionalmente” così diverso dal suo laboratorio, eppure la sorpresa è relativa, smussata e ridimensionata da almeno due fattori; il primo, un vincolo relazionale, che lega gli inizi di Eduardo Zampella proprio alla Piccola Ribalta Oplontina (correvano i primi anni Settanta), il che rivela la sussistenza di un legame affettivo che comporta una disponibilità “di cuore” nel momento in cui si è chiamati; il secondo è proprio la chiamata – da parte della Piccola Ribalta – e ciò che quella chiamata presuppone, ovvero un impegno alla formazione. In pratica la compagnia offre a Zampella un ruolo da dramaturg, figura di raccordo tra il drammaturgo e il regista, figura che negli ultimi tempi va diffondendosi sempre più tra le compagnie teatrali e che in effetti nasce con l’avvento stesso del teatro di regia (a spanne nella seconda metà dell’Ottocento, anche se storicamente la sua comparsa sarebbe retrodatabile al secolo precedente).
In pratica si chiede al riconosciuto formatore una consulenza ad ampio spettro per migliorare il lavoro di un gruppo di persone che praticano il teatro per diletto. Assistiamo ad un incontro preliminare, un “frontale”, in cui Zampella illustra i rudimenti basilari del proprio lavoro, le proprie linee programmatiche, che poi sono fili che intessuti insieme disegnano l’ordito di una peculiare Weltanschauung teatrale, in cui il teatro s’intreccia a doppio filo con l’antropologia: il teatro come necessità di una ricerca, di un rapporto col sé, il teatro che rifugge il narcisismo e che, parafrasando uno scritto di Neiwiller, si pone come necessità individuale e collettiva ad un tempo (“che senso ha se tu solo ti salvi?”); ed ancora, il teatro che, come scrive Claudio Morganti, è cosa ben diversa dallo spettacolo; lo spettacolo, cui non si toglie certo legittima dignità, è altro dal teatro: laddove l’uno è grande e robusto, l’altro è piccolo e fragilissimo, laddove l’uno non necessita di cure, l’altro ha bisogno di protezione, l’uno intrattiene, l’altro trattiene, l’uno ha bisogno di un’amplificazione, l’altro nasce dal buio e dal silenzio, l’uno finisce quando il sipario si chiude, l’altro comincia quando si esce, l’uno deve essere per molti, l’altro può essere per pochi, l’uno dev’essere gestito, l’altro non può essere garantito, l’uno ha un costo, l’altro non ha prezzo. Valutazioni che concorrono a stabilire un quadro differenziato, ma che purtuttavia non sciolgono il rovello del distinguo definitivo (cos’è teatro e cos’è spettacolo, al di là di queste differenziazioni intrinseche? Quand’è che quel che vediamo è uno “spettacolo” e quand’è che invece è “teatro”? E quand’è che i due termini possono anche coincidere e coesistere in una stessa opera su un medesimo assito?); ma è questione ampia e irrisolta, meritevole semmai di trattazione a parte.
Qui ci preme tornare alla consulenza offerta da Zampella alla Piccola Ribalta Oplontina, consulenza che ha visto anche un intervento materiale sullo spazio stesso della compagine amatoriale torrese, ricavato all’interno di un ex deposito ortofrutticolo, ottimamente riattato a sala teatrale; il palco all’italiana occupa una sala ampia, dal soffitto alto, sedie che s’alternano a poltroncine di vimini e qualche divanetto a costituir platea che s'appoggia su una moquette di un verde intenso: uno spazio più che dignitoso.
Quel che comincia qui, partendo dai suddetti presupposti, è soprattutto un percorso dinamico, quello di un sapere messo a disposizione di una crescita possibile, per chi vive il teatro in una dimensione amatoriale, ma al contempo ha deciso di non precludersi la possibilità di allargare i propri orizzonti, non accontentandosi magari della solita pappa polverosa e repertoriale che le compagnie di amatori spesso sogliono ammannire ad un pubblico dalle relative pretese.
Un percorso di crescita, un’opportunità di confronto è quel che offre alla Piccola Ribalta Oplontina Eduardo Zampella; ma soprattutto l’allargamento (la “diffusione” ci piace dire) ad uno strato più ampio di una visione delle cose e del mondo che presuppone la presa di coscienza della necessità di una cultura teatrale.

 

 

 

Prolàb
incontro frontale con Eduardo Zampella
Torre Annunziata (NA), Piccola Ribalta Oplontina, 2 settembre 2015

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