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Monday, 13 July 2015 00:00

Teatro e territorio, dalla Cupa con amore

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Il suono della parola. La parola suono. Voce che è canale di evasione immaginifica. Scenari invisibili.
La parola teatrale: timbro, colore, carne e materia. Quando l’attore si mette in esilio e il corpo si fa scenico, si fa geografia emozionale, si fa segno. E non autoreferenza, autoerotismo.
La parola, pane per spettatori affamati di vedersi in scena, di stupirsi per la scena, di mutarsi sulla scena, di evadere, di sgombrarsi, di rientrare. Guardare attraverso l’ascolto. Sentire per visioni silenti.

Al Festival dei Teatri della Cupa, in Salento, a Novoli, dieci minuti da Lecce, la parola assume significati essenziali. La denominazione non nasconde nulla di significativo, la valle della Cupa è una zona della penisola salentina caratterizzata per la fertilità e la dolcezza morfologica del territorio. La parola, essenziale per contatti non convenzionali, per (ri)conoscersi, per (ri)creare.
Con questo spirito, lo spirito dell’atto creativo collettivo e condiviso, il K-now, appuntamento consueto dell’estate salentina da anni, ideato e coordinato da Werner Waas e Lea Barletti, si è sviluppato per una settimana quale ‘prologo’ al Festival. Sessanta artisti abitanti di un luogo. Non un luogo qualunque, ma un luogo della memoria identitaria collettiva, un luogo inanimato in trasformazione, un luogo ideale in prassi artistica. L’incontro e l’unione di culture, atteggiamenti, pensieri diversi. Da non convogliare sotto la stessa bandiera, liberi invece di radicalizzare, di connettersi o rifiutarsi.
Tempo creativo durante la giornata, con gli artisti divisi per gruppi spontanei a mettere su allestimenti estemporanei e embrionali, e riunione a sera in cerchio a confrontare i lavori artistici.
Le performance finali del laboratorio a cielo aperto del K-now danno inizio al Festival. La piazza principale di Novoli, la piazza principale di un paese teatro della socialità del posto, invasa dalla fantasia. Dislocati in zona con orari progressivi e in successione, allestimenti di varia natura e di commistione libera tra artisti. Contaminazioni.

La parola... negli spettacoli della seconda giornata, venerdì dieci. Mario Perrotta in prima serata. Milite Ignoto, lo spettacolo. Prima guerra mondiale. Pienone. Nella corte interna del palazzo baronale il palco. Per scenografia dei sacchi di trincea. E l’immaginifico della ‘buca’ e delle parole dette, pensate, riflesse in un gioco speculare tra pubblico e palco per un attore che (a volere andare di metafora) come un albero nato sulle tavole del palcoscenico, si rinnova di foglie e frutti nuovi ma con le stesse radici a succhiare nutrimenti terrestri...
La sonorità della parola drammatizzata rende lo spettacolo altamente godibile. Una teatralità neutralizzante lo storiografico, il documentaristico, il palese (in cui è facile scivolare considerando il tema) per restituire una plasticità immateriale fatta di rimando, di metafora, di evocazione. La fuga fantasiosa per la pensosa leggerezza atta ad affrontare il tema irrobustendo sì la coscienza critica, ma gustando anche il sapore acre del resoconto fosse quasi un somministrare dolce. Così che l’orrore si possa guardare, si possa sentire, si possa percepire quasi monumentale, epicizzando l’eroismo dei combattenti. L’eroismo anonimo, l’eroismo dimenticato, l’eroismo ignoto.
Un enorme lavoro di montaggio struttura una drammaturgia polifonica, universale, popolare (e mai popolaresca). Una drammaturgia che è genetica di una nazione, di una patria, una patria per cui morire, a volte inconsapevolmente. Dialetti da ogni angolo dello Stivale cuciti insieme, un vestito d’arlecchino, un testo compiuto e non indicizzante, non lineare e di prosa dal forte effetto d’empatia.
E la guerra, le bombe, il nemico, il popolo, i potenti, l’uomo, il padre di famiglia, il figlio, il fidanzato. Ma non tutto quello che già si sa... non un documento, piuttosto un racconto, una visione muta, un’immagine invisibile inspessita dal tenue sguazzo di luce di scena verde pallido, a creare contesto visivo all’evocazione testuale. Corpo gesto e espressione. Mimesi da uomo a massa. Armonia tra gesto – gesto mai puntualizzante o didascalico, né estensione fisica della parola, piuttosto movimento incondizionato di caratterizzazione, prossemica – e partitura. E in trincea spuntano immaginari fiori... per il ricordo.

Di diversa fattura lo spettacolo di seconda serata Autodiffamazione, da un testo straordinario di Peter Handke, la costruzione scenica di Werner Waas e Lea Barletti. Quasi un poema per attori, sintetizzato in un minimalismo corporale e audiovisivo tipicamente mitteleuropeo, incarnato senza pretesa di anteporre il soggettivo ma tentando di approdare verticalmente nell’attenzione critica dello spettatore. Anarchia e disobbedienza, nel testo, non conformità e individualismo, libertà pura, assoluta, anche estrema. Un paio di sedute a destra e sinistra del palco, bidimensionale, due corpi nudi a dare inizio al testo per voce, poi in abiti ‘civili’. E la parola a rimbombare in teatro, il teatro comunale di Novoli, sede della residenza di Factory Compagnia Transadriatica e Principio Attivo Teatro per cui il Festival Teatri della Cupa è possibile.
Teatro e territorio, una storia d’amore.

 

 

 

 

Festival dei Teatri della Cupa
Milite Ignoto – quindicidiciotto
di e con
Mario Perrotta
tratto da Avanti sempre
di
Nicola Maranesi
a cura di Pier Vittorio Buffa, Nicola Maranesi
collaborazione alla regia Paola Roscioli
luci e suono Eva Bruno
produzione Permàr, Duel, La Piccionaia, Archivio diaristico nazionale
Novoli (LE), Palazzo Baronale, 10 luglio 2015
in scena 10 luglio 2015 (data unica)

Autodiffamazione
di
Peter Handke
traduzione di Werner Waas
con Lea Barletti, Werner Waas
musica Harald Wissler
produzione Compagnia Barletti Waas
Novoli (LE), Teatro Comunale, 10 luglio 2015
in scena 10 luglio 2015 (data unica)

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