“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 18 June 2015 00:00

L'irredento bugiardo di Arias

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Perché interpretare Goldoni oggi?
Lo spettacolo inizia con questa domanda, e chi la pone si affretta a fornire pronta risposta: per combattere la crisi mondiale.
Questa premessa sottintende ed alimenta legittime attese rivoluzionarie che, partendo da un'apodittica e sempiterna necessità goldoniana, promette generosi slanci trans-temporali con ricadute epifaniche su di una realtà – la nostra – afflitta dalla 'crisi mondiale'.

Il pubblico è sollecitato a preparasi ad un qualcosa di nuovo, che supera il carattere di mero divertissement di una sera – seppur garbato, elegante, soffusamente malinconico e non del tutto privo di un certo impegno sociale – tipico della commedia di Goldoni, per approdare a nuove energie vitali che si ricollegano alla nostra realtà (invece di separacene), dandoci la sensazione che "una parte della nostra vita profonda è impegnata in questa azione che ha per sfondo la scena" (Antonin Artaud).
Suggellata questa promessa col pubblico, resta quindi da vedere se all'impegno assunto corrisponda un'adesione profonda e veritiera del promittente, oppure non si tratti, invece, di mera illusione, la prima delle tante 'magnifiche invenzioni' di ciò a cui stiamo per assistere: Il bugiardo. E questa seconda ipotesi, che sarà poi confermata – l'infedeltà alla promessa iniziale – a ben vedere non sarebbe un vero tradimento, potrebbe essere invece il frutto di una scelta nostalgica determinata a mantenere saldi tutti gli ancoraggi ad una tradizione teatrale sulla quale praticare un efficace massaggio cardiaco affinché quel passato non finisca nell'oblio e possa ancora costituire un bel boccone prelibato, grazie ad una raffinatissima regia, ancora capace di produrre i suoi effetti, antalgici e squisitamente intellettuali, di elegantissimo divertissement.
La rappresentazione è preceduta dalla presentazione dei personaggi – il primo dei tanti inserimenti metateatrali che definiscono, spiegano e rammentano, l'ambito favolistico e giocoso sul quale si colloca questo spettacolo.
L'assito è circoscritto da impalcature lignee che ricostruiscono lo spaccato lagunare in cui si svolge la commedia di Goldoni. A dominare la scena sono il balcone di casa Baldanzoni e il canale posto sul fondo – geniale liquida invenzione destinata ad accogliere e restituire personaggi caduti o ivi lanciati, ed a resuscitare, con le miracolose acque della Repubblica di San Marco, qualcuna delle 'meravigliose invenzioni' del Bugiardo.
L'intreccio e la farsa sostanzialmente seguono il testo goldoniano, fatta eccezione per le 'meravigliose invenzioni' di Arias dentro le quali Lelio il Bugiardo assume una gergalità e un'inflessione marcatamente partenopea: Geppy Gleijeses produce di suo una comicità senza forzature, è perfettamente a suo agio nel personaggio e scodella con partenopea improntitudine le 'meravigliose invenzioni' di Lelio, che acquisisce così un maggior spessore comico e – in alcuni momenti – drammatico. Al Lelio di Goldoni non si riesce a perdonare tutto perché, probabilmente, non suscita grande empatia, ed è per questo che al momento della resa dei conti non si prova grande pietà per la sua sorte. Al Lelio di Arias, invece sì, si resta incantati dalla sua arte di 'cacciapalle', e le sue 'puttanate' vengono accolte per davvero come 'meravigliose invenzioni'. Un Lelio così non si meritava un finale tradizionale, e giustamente il regista franco-argentino, attenuando il messaggio moralistico dell'opera, ha scelto di celebrare colui che ha fatto della sua vita una magnifica e quotidiana invenzione.
Anche la scelta registica di anticipare l'ingresso in scena della romana Cleonice, rendendola dapprima lettrice non presente e immaginaria – ma di fatto presente ed in carne e ossa – della sua stessa lettera, fornisce un ennesimo spunto metateatrale per sottolineare l'intervento manipolatorio del testo. Non disturba la sua grossolana parlata da matrona capitolina che dà una marcia in più alla comicità del tutto, certo i puristi probabilmente storceranno il naso, ma se intrattenimento dev'essere, che lo sia, e che si ricorra ad ogni mezzo per ottenere la risata più fragorosa.
Di impronta addirittura cinematografica è l'interruzione al termine del primo atto finalizzata a comunicare che: è finito il primo atto. Si assiste così ad un 'dietro le quinte' immaginario, dove gli attori si allentano le vesti troppo strette, sospirano al pensiero di un baule andato perso durante la trasferta, e ritornano alla domanda iniziale. Insomma, com'è che bisognerebbe rappresentare Goldoni oggi? Ancora prontissima e lepida la risposta: "Andiamo a fare una trilogia teatrale nella striscia di Gaza!". Stroncando così ogni possibile discorso di demolizione e attualizzazione in chiave avanguardista-sperimentale: stiamo giocando, non l'avete ancora capito? Abbiamo messo anche i palloncini in mano agli attori per farvelo capire e per rendere il concetto inequivocabile, ecco che interviene anche il regista, Lui in persona, che scivola sul canale elargendo – con ironica autoreferenzialità – messiniaci saluti ricambiati da attori e pubblico.
Tutto funziona con la perfezione e la bellezza di un carillon dove ingranaggi ben oliati si intersecano a vicenda senza alcuna forzatura, accompagnati dagli interludi canori della Maschera, presenza costante che fa da sottofondo con serenate retrive alternate a canzoni contemporanee (meravigliosa le serenata leitmotiv, di cui ignoro il titolo, ma di cui si fatica a liberarsi). Gli attori, tutti, anche i più giovani, hanno dato prova di sciolta e dinoccolata bravura. Alla fine dello spettacolo la domanda iniziale è sfumata da sola, a che serve Goldoni? Come portarlo in scena oggi? Tutte le ubbie e i preconcetti verso una scelta come quella fatta da Arias sono spazzati via dagli applausi sentiti del pubblico, che per una sera ha dovuto, forse a malincuore, accantonare le problematiche di una 'crisi mondiale' per godere di una 'magnifica invenzione' che non salverà il mondo, ma ha elargito un po' di spensierata bellezza.

 

 

 

Napoli Teatro Festival Italia
Il bugiardo
di Carlo Goldoni
regia Alfredo Arias
con Geppy Gleijeses, Marianella Bargilli, Lorenzo Gleijeses, Mauro Gioia, Valeria Contadino, Luchino Giordana, Luciano D'Amico, Andrea Giordana
scene e costumi Chloe Obolensky
musiche Mauro Gioia
luci Luigi Ascione
produzione Gitiesse Artisti Riuniti
foto di scena Salvatore Pastore
lingua italiano
durata 1h 30'
Napoli, Castel Sant'Elmo – Piazza d'Armi, 13 giugno 2015
in scena dal 12 al 15 giugno 2015

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