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Wednesday, 17 June 2015 00:00

Riflessi di anime

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In uno specchio ci si riflette. Se è uno specchio molto grande è possibile vedere il proprio corpo per intero e anche lo spazio che lo circonda, l’ambiente intorno. Quando i grandi specchi sono tanti, i corpi si moltiplicano, lo spazio si amplifica. Che siano uno o tanti, se cambia la posizione dell’occhio che guarda, cambia l’immagine riflessa. Dal mio punto di vista, nei grandi specchi che erano sulla scena del Teatro Nuovo per l’allestimento di Diario di sé di Luca Cedrola, vedevo i corpi degli attori, gli elementi intorno ma anche il volto nel buio degli spettatori. Così Anaïs e Joaquin Nin, i protagonisti, erano circondati da occhi che li scrutavano fin dentro all’anima.

Diario di sé è un lavoro così intimo che sentiamo i pensieri dei personaggi che si guardano muti, l’uno di fronte all’altro o l’uno di fronte a sé stesso nello specchio. I pensieri anticipano le parole pronunciate. Quasi mai li contraddicono. Sono persone talmente libere Anaïs e suo padre, che agiscono come pensano, come sentono.
Il testo è tratto dalle pagine del diario della scrittrice nelle quali Anaïs racconta e riflette sul suo rapporto col padre, pianista che amava troppo le donne. Lui l’ha abbandonata quando lei era ancora una bambina, lei l’ha cercato per tutta la vita nella sua fantasia, tra le pagine del proprio diario scrivendolo come se scrivesse a lui, dentro sé stessa, provando a riconoscere quanto di lui ella era. E cercando in lei il padre aveva cominciato ad amare gli uomini e le donne, senza imporsi limiti morali ma lasciando che il suo corpo vivesse quello che il suo spirito desiderava.
Sulla scena, Anaïs e Joaquin si ritrovano, si riconoscono e si amano poiché, come dice la scrittrice “negli altri amiamo solo noi stessi” e di ognuno di loro c’è così tanto nell’altro, come se si guardassero allo specchio. Questa volta che gli occhi dell’uno sono in quelli dell’altra, a riflettersi non è il corpo e lo spazio che lo contiene ma l’anima. Se Anaïs Nin ha ragione e amiamo noi stessi negli altri, l’amore è sempre incesto. Allora sul palco, questo straordinario rapporto padre-figlia è raccontato con la sessa delicatezza con la quale si racconta ogni altro amore. La voglia di conoscersi e raccontare la propria storia, il desiderio di sfiorarsi, la ritrosia solo iniziale della donna, il riconoscere nell’altro la cosiddetta anima gemella e poi la passione, la voglia di toccarsi nel profondo di divenire l’uno l’altra.
Come in una seduta di psicanalisi, Anaïs mette a nudo il proprio io. Il padre tanto desiderato e amato, una volta posseduto diventa un’ombra che si sgretola e muore. Ogni evento vissuto è servito alla donna per ritrovarsi e non cercare sé stessa negli altri. Non ha rimorsi perché ogni cosa è servita a liberarla.
Ampia e luminosa la scena, in cui le superfici che non riflettono sono morbidi teli bianchi. Si chiudono e si riaprono divenendo sipario o la superficie sulla quale vengono proiettate altre scene: Anaïs bambina, il rogo dei libri a Berlino, un’orchestra che suona le musiche di Joaquin Nin. In questo modo gli avvenimenti hanno il loro posto sulla linea del tempo. Un tavolo con due sedie o un divano bastano per mutare i luoghi, il cambio d’abito segna lo scorrere dei giorni. E sono abiti bellissimi quelli che indossa Vanessa Gravina per far vivere la sua Anaïs passionale e intensa. L’ottima prova dell’attrice ci restituisce una donna sicura di sé, che sa di avere un certo potere sugli uomini. Egoista e un po’ frivola ma sincera fino a rivelare le sue fragilità e il dialogo costante con la bambina che è stata. E noi la crediamo Anaïs dall’inizio alla fine. Quel corpo e quella voce, pur tanto diversa dalla voce reale della scrittrice perché più intensa e profonda, non ci mentono.
A fine spettacolo gli applausi sono per tutti, non soltanto per gli attori o il regista. Ogni persona che ha partecipato alla realizzazione di Diario di sé ha il suo posto sul palco e l’applauso che merita. Una squadra grande che ha realizzato uno spettacolo in cui un tema difficile è stato trattato con grazia ed eleganza, in cui è stato curato ogni particolare, bello in ogni suo aspetto per tutti gli occhi che l’hanno visto, per ogni spirito sul quale ha impresso il suo riflesso.

 

 

 

 

Napoli Teatro Festival Italia
Diario di sé
di Luca Cedrola
scena e regia Bruno Garofalo
con Vanessa Gravina, Graziano Piazza
e con in video Benedetta Cedrola
costumi Maria Grazia Nicotra
ricerche e realizzazioni video Claudio Garofalo
movimenti coreografici Gennaro Guadagnuolo
musiche originali Joaquín Nin Y Castellanos
rielaborate da Salvio Vassallo
produzione Studiosedicinoni
in collaborazione con Immaginando
lingua italiano
durata 1h 20'
Napoli, Teatro Nuovo, 12 giugno 2015
in scena 12 e 13 giugno 2015

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