“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 14 May 2015 00:00

Il tormento della scrittura

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La scena è aperta, ostesa prima dell’inizio al Ridotto del Mercadante. Un rettangolo bianco al centro, immerso nel buio delle pareti, riflesso nel nero lucido del pavimento tirato a specchio. Un’ombra si muove sotto il bianco, un nero più opaco del nero dell’assito. Un uomo esce dal rettangolo, Andrea Renzi, il racconto ha inizio. L’uomo parla, guarda senza guardare, il suo sguardo alza la parete che ci separa, sta parlando a noi, come entità collettiva, ma siamo ben consapevoli che non sta parlando a ciascuno di noi, che il racconto si svolge altrove, si è già svolto altrove e lui lo sta evocando, per noi, voce medianica cui sono affidati, di volta in volta, i personaggi.

Lo diciamo subito: tutte le parole che ascolteremo e vedremo raccontate in scena ruotano attorno a quel rettangolo bianco, quella pagina bianca elevata a dimensione cosmica che è la vita di ciascuno di noi. Ognuno è un fascio di energia, un concentrato di atomi che pulsano, si sviluppano, si esprimono. Un groviglio di pensieri di cui solo alcuni bucano il soffitto della coscienza ed emergono. Il resto è un mare di parole che produciamo, che ci agiscono, escono fuori così, una dopo l’altra, evocate da una sensazione, da una emozione, da un suono, da altre parole magari. Così quel rettangolo bianco. Punto bianco nel nero fondo di quella scena. Punto bianco solidificato nella memoria visiva dello spettacolo. Punto bianco evocato e raddoppiato dal rettangolo bianco che ho davanti ai miei occhi e sto riempiendo di linee nere, di parole, che mi agiscono.
L’azione è la formazione di Tonino, il bambino che scopre con stupore che le cose spariscono, “le cose sparivano... lo aveva scoperto” e si chiede assorto dove vadano a finire le rose del terrazzo, la neve del Vesuvio. Passa qualche mese, o anno, e scopre il tempo, scopre che è il tempo a dare senso alle cose. E poi scopre, sperimenta il tormento della scrittura, la difficoltà di dar forma al proprio pensiero, al proprio sentire. Infine scopre le sensazioni del proprio corpo che cambia, che cresce, si veste di desideri nuovi, magari inconfessati. Tonino che scopre la fragilità, il limite del mondo degli adulti. Tonino che viene messo in guardia rispetto al suono roboante di parole vuote.
Tonino è ciascuno di noi, quando verifichiamo la distanza tra quella emozione così piena e avvolgente che stiamo vivendo e la banalità dell’espressione con cui la comunichiamo. Come la materia dei sogni, così nitida davanti ai nostri occhi, così intensa e così nebbiosa e sfuggente quando proviamo a raccontarli al mattino, ad occhi aperti, quando il filtro della nostra coscienza è sveglio e vigila.
Il monologo messo in piedi da Andrea Renzi è avvolto nella luce mutevole della chiarezza e del torpore, luci nette, seppure calde e avvolgenti quando narra, descrive, evoca le azioni; marezzanti e piene di ombre quando evoca i sogni, i sentimenti, le oscillazioni. Parola e voce. Da un lato la pagina bianca, dall’altro la voce affabulante, ricca di tutte le sfumature necessarie a evocare i personaggi, a renderne gli accenti, il sostrato sociale, l’età. Tonino, la madre, il padre, la maestra, il professor Haberstumpfs, anche la signorina Dohrn, bionda e dagli occhi celesti, che non parla, ma immaginiamo timida e slavata, per contrasto rispetto alla vitalità erotica della crudele Uraza...
Restano le parole. Quelle narrate, quelle sognate, quelle cercate. “Imparate a conoscere le parole, a definirle. Le idee non sempre sono sacre, le parole sì. Non fatevi ingannare dalle parole... nemmeno se sono scritte a caratteri cubitali... Ora potete andare. Andate”.

 

 

 

L'armonia perduta
La neve del Vesuvio
di
Raffaele La Capria
diretto e interpretato da
Andrea Renzi
scene Luigi Ferrigno
costumi Zaira de Vincentiis
disegno luci Gigi Saccomandi
datore luci Fulvio Mascolo
fonico Diego Iacuz
macchinista Domenico Pepe
assistente scenografo Armando Alovisi
assistente ai costumi Elena Soria
sartoria Lorenzo Zambrano
materiale fonico elettrico Emmedue
produzione Teatro Stabile di Napoli
lingua italiano
durata 1h
Napoli, Ridotto del Teatro Mercadante, 12 maggio 2015
in scena dal 12 al 17 maggio 2015

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