“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 08 May 2015 00:00

Ma quanti siamo?

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Non ho fatto tanto caso a quante persone siano presenti nella bella sala del Palazzo de' Liguoro, dove è andato in scena Ultimo primo giorno di re Ferdinando VIII e la fragilità della luna di cartapesta. Se pure li contassi uno ad uno, il mio numero risulterebbe una bugia. In ognuno dei corpi presenti c’è una folla che guarda. Sono sistemati, composti e controllati, in ogni persona poggiata su una sedia. Osservano gli attori in scena. Sono due ma ho appena detto una bugia e i personaggi non sono in grado di contarli. Gli attori sono gli unici uomini che possono pubblicamente credersi qualcun altro e non risultare pazzi. Cristian Izzo, allora, fa Ivan, che a sua volta fa il re di Spagna Ferdinando “… e che re!”. Ma Ivan è in un manicomio a quanto sembra.

La scena è completamente bianca. Una scala, un letto, uno specchio ricoperto di post-it. Ivan, interamente vestito di bianco e con la camicia di forza, ogni mattina si sveglia sentendosi un re appena incoronato. Ogni giorno scrive la stessa lettera e l’attacca allo specchio. Tutte le volte si preoccupa per la luna: la terra così pesante com’è sta per scontrarsi con la luna leggera, fatta di cartapesta. È la luna che ispira gli amanti, la poesia. La luna così potente sull’animo umano e così delicata da rischiare di frantumarsi sotto la terra. Anche Ivan è tanto delicato da frantumarsi e così potente da potersi salvare. A Cristian Izzo basta essere un altro, un medico deciso a guarire il proprio paziente. Ad Ivan basta trovare l’altro dentro se stesso. Poi c’è la donna, un’infermiera che si trascina pesantemente con il suo carrello delle medicine. Porta una maschera bianca, sembra un’ingessatura, come se si fosse rotta la testa. È muta e picchia, dà tranquillanti e bastonate. Da ogni parte del mondo, ogni giorno, giungono i re interessati alla missione di salvataggio della luna e il fantasma della donna amata da Ivan, i cani, i cavalli, affollano la scena.
L'ultimo primo giorno di re Ferdinando VIII e la fragilità della luna di cartapesta è complicato come il suo titolo da ricordare ed ogni cosa che si voglia dire a suo riguardo sembra una bugia. Ogni cosa è qualcos’altro, tutto ha molteplici aspetti da scoprire. Quello che viene messo in scena è qualcosa di esteriore e di interiore contemporaneamente e il manicomio è probabilmente un corpo, della stessa specie di quelli seduti in platea dentro ognuno dei quali si combatte a suon di silenzi e bastonate la battaglia tra tutti quelli che si è.
La scrittura di Cristian Izzo, che è attore ma anche autore, è delicata e poetica ma anche forte e spiritosa. Il testo è ricco di riferimenti letterari e teatrali da Gogol' a Shakespeare all’Ortlando Furioso e riesce a presentarsi comunque come qualcosa di autentico, un corpo unico. Testo vero anche per le sue pecche perché forse fare dell’amore il fulcro della storia, visto che Ivan si ammala per amore e guarisce per amore, potrebbe sembrare un po’ melenso ma l’autore e giovanissimo e lascio che il giudizio venga dibattuto tra il lato cinico e quello romantico di ogni spettatore mentre smetto di riferirmi all’idea che c’è dietro lo spettacolo per concentrarmi maggiormente su quello che ho visto.
La regia di Ettore Nigro, che sceglie il bianco, riesce a chiarificare e a rendere lineare il testo così pieno di sfaccettature. La realtà delle cose si svela pian piano, come il volto ingessato dell’infermiera che si scopre lentamente fino a diventare, davanti agli occhi di Ivan, il volto di carne dell’amata. La donna muta, che bastona e tranquillizza acquista una voce guaritrice. La battaglia tra i due, poiché uno è convinto di essere re, avviane sulle note di un clavicembalo. Il bianco, la musica classica, la scena violenta, mi fa pensare al Kubrik di Arancia Meccanica ma, anche  in questo caso, riuscendo a rimanere qualcosa di diverso, non una copia ma una sorte di lezione imparata e ripresa, un omaggio.
Trovo Cristian Izzo attore un incanto. Non dipende dalla sua capacità tecnica che è comunque tanta, visto che è riuscito a portare avanti uno spettacolo stando sempre in scena, parlando tantissimo e velocemente, interpretando due caratteri diversi senza cambiarsi d’abito se non togliendosi e rimettendosi la camicia di forza. Dipende dal suo modo di essere attore. L’ho visto in scena soltanto due volte ma in tutti e due i casi ho avuto la stessa sensazione di gioia. Palazzo de' Liguoro sembra essere casa sua, ci ha invitati al suo spettacolo e fa gli onori di casa padroneggiando completamente la scena. Da ogni parola, da ogni movimento o lembo di pelle viene fuori la sua felicità di darsi pienamente al teatro e al pubblico che lo guarda e lo ascolta. Sarà che si cuce addosso i personaggi giusti, saranno le belle parole che gli fa pronunciare, non lo so, ma ti fa venire voglia di volergli bene.    

 

 

 

 

Step1 3X3
L'ultimo primo giorno di re Ferdinando VIII e la fragilità della luna di cartapesta
di Cristian Izzo
scritto pensando a Le memorie di un pazzo
di Nikolaj Vasil'evič Gogol'
regia Ettore Nigro
con Cristian Izzo, Clara Bocchino
assistente alla regia Chiara Paraggio
lingua italiano
durata 1h 10’
Napoli, Palazzo de' Liguoro, 1° maggio 2015
in scena 26 aprile, 1° e 9 maggio

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