“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 14 February 2013 23:49

Le maschere che risvegliano il sentimento della vita

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Nessuna emissione di fiato, ma una comunione di musica, movimenti, gesti e sensazioni tra risa e pianto.
Le maschere dei Familie Flöz, in scena al Teatro Bellini di Napoli, con lo spettacolo Infinita si distinguono subito tra il pubblico napoletano, accorso numeroso per il grande evento, grazie alla loro genialità ed al sapore tragico-comico che si respira in tutto lo spettacolo.

I Familie Flöz sono una compagnia (o si potrebbe dire proprio una famiglia) nata dall’iniziativa di Hajo Schüler e Markus Michalkowski che nel 1994 crearono, presso l’Accademia Folkwang di Essen, un percorso di formazione per attori e mimi, che si concentrasse sull’utilizzo di maschere create da loro stessi.
Infinita, approdato dalla Germania alla realtà napoletana, è un spettacolo ricco di significati, che provoca grasse risate e tristezza al limite del pianto.
Non è uno spettacolo carnevalesco, anche se le maschere e la ricorrenza potrebbero farlo pensare, il suo significato è molto più profondo anche se difficile da cogliere rapidamente e soprattutto intriso di simboli, immaginari, memorie.
Nello spettacolo è messa in scena la vita vissuta da diverse tipologie di persone che compiono un percorso di espressione ed accettazione dei propri sentimenti e del proprio modo di essere, dall’infanzia fino alla vecchiaia.
Ogni attore ha una maschera, non pronuncia parola, solo gesti e movimenti corporei.
Si alternano sul palco scene che rimandano alla nascita ed all’affiorare della vita, in cui bambini giocano tra di loro, si fanno dispetti, e scene in cui la vita sta appassendo ed anziani malati in una casa di cura sentono la morte vicina.
La prima scena, infatti, in cui sulle note del violino di una musicista seduta su una panchina, si vede arrivare un uomo sulla sedia a rotelle, è il punto di collegamento e la chiave di volta che racchiude il senso dello spettacolo.
Dopo questo suono struggente e la vista di un uomo verso cui la vita non è stata molto generosa, il cambio scena è netto: bambini giocano in un box, forse simbolo della vita vissuta dalle persone anziane e malate che da lì a poco arrivano sul palco.
Ogni personaggio anziano, come i bambini, ha una sua personalità, resa in maniera straordinaria con uno studio accuratissimo ed originalissimo della gestualità e dei movimenti del corpo.
Lo studio del personaggio con la maschera e la riproposizione di particolari movimenti fisici da parte dei componenti della Familie Flöz è davvero straordinario, originale e geniale.
L’essenzialità, la concretezza e la vitalità sono i sentimenti che i personaggi riescono ad interpretare ed a comunicare al pubblico.
Nella casa di cura per anziani arriva il personaggio che nella scena iniziale è comparso sulla sedia a rotelle. È un musicista, suona il pianoforte e diventa lo specchio dell’anima dei suoi nuovi compagni.
Ogni nota e ogni ritmo sono associati ad un personaggio e soprattutto riescono a liberarlo dalla sofferenza. La musica, in tutto lo spettacolo, è l’elemento che alimenta sempre di più la passione e la vita.
Il racconto teatrale è costruito in modo tale da alternarsi con la proiezione di video sullo sfondo del palcoscenico, i quali presagiscono ciò che accadrà, riproducono ombre evanescenti, ancora una volta anime dei personaggi.
La cura del gesto è straordinaria in ognuno degli attori e, soprattutto, ognuno di essi riesce ad instaurare una relazione con gli spettatori molto intensa.
Tra il pubblico si sentono adulti, bambini, anziani ridere di gusto e poi chiudersi in se stessi nei momenti in cui il suono del pianoforte riflette le sensazioni più intime dei personaggi.
Attraverso le maschere ed i caratteri di ognuna, gli attori riescono ad incarnare i sentimenti che ogni uomo vive, interpretandoli in chiave ora ironica, ora tragica, estrosa ed intimista.
Non c’è bisogno di parola, sono il corpo e la linfa vitale che parlano da sé e credo sia questa la trovata geniale della compagnia, che si pone al di sopra di ogni etichettatura artistica.
Geniali sono anche i rapidi cambi di personaggi: gli attori sono quattro, ma i personaggi delle scene sono sempre in numero superiore.
La scenografia è sapientemente organizzata e non ha bisogno di moltissimi elementi. Sono le stesse stanze di ognuno degli anziani, infatti, che, sul finale, si chiudono trasformandosi nelle loro tombe.
La musica libera le emozioni umane e così anche la morte è più piacevole e non è vista come un abbandono della vita. L’ultima scena, emozionante ed intensissima, mostra i quattro anziani vestiti di bianco e seduti sulla banchina che, con i loro bastoni, si divertono ad inventare un ritmo musicale. Sono ancora super vivi e si librano leggeri in alto.
Il pubblico vede, allora, che nella morte c’è la vita e l’infinito, infinite volte.
Forse le maschere potrebbero far pensare ad un travestimento, ad una volontà di nascondere e volersi nascondere, in realtà in Infinita sono l’espressione della riscoperta e dell’accettazione dell’essere di ogni personaggio, di ogni uomo.
Ogni personaggio, anziano e bambino, nel corso dello spettacolo, compie e fa compiere al pubblico un processo in cui ciascuno riesce a riconoscere il proprio modo di essere e finalmente, presone coscienza, si abbandona ad esso, vivendo per come è veramente.
Il misto di ironia e tragedia, risa e quasi pianti rende la visione dello spettacolo equilibrata al punto giusto ed il pubblico diventa un unico occhio che guarda il palco.
Il fare divertente e ironico delle maschere è sempre bilanciato da qualcosa di tragico.
L’intento degli attori è proprio la catarsi del tragico e l’affermazione della necessità che l’uomo compia un processo di trasformazione senza limiti di tempo, nella vita come nella morte.

 

Infinita

di e con Björn Leese, Benjamin Reber, Hajo Schüler, Michael Vogel

regia Michael Vogel, Hajo Schüler

produzione Familie Flöz, Admiralspalast Berlino, Theaterhaus di Stoccarda

maschere Hajo Schüler

scenografia Michael Ottopal

costumi Eliseu R. Weide

musiche Dirk Schröder

disegno luci Reinhard Hubert

animazioni e video Silke Meyer

video Andreas Dihm

direttore di produzione Pierre-Yves Bazin

dedicato a Roy Bosier (R.I.P.)

Napoli, Teatro Bellini, 13 Febbraio 2013

in scena dal 13 al 17 Febbraio 2013

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