“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 15 March 2015 00:00

Fluido Mercante

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Il palco è innalzato al di sopra del suo consueto livello, ricoperto di uno strato d’acqua, è un’isola scenica che da Venezia volge a Belmonte; i personaggi di questo Mercante di Venezia sono immersi con le caviglie nell’acqua, indossano abiti comuni coi merletti alle maniche (unico rimando ad un tempo remoto) e stivali di gomma, come quando si deve traversare San Marco e c’è l’acqua alta.

Li vediamo tutti in scena, chi di spalle, chi di tre quarti, pronti ad entrare con le proprie battute per poi riacquattarsi sul loro scranno. C’è Venezia, coi suoi Antonio, Shylock, gli amici del primo, la figlia del secondo… e c’è Belmonte, immersa nella stessa sostanza equorea, un letto metonimia del luogo, sul quale siedono Porzia e Nerissa, tre scrigni sul fondo della scena.
È prima di tutto un’intuizione spaziale, questo Mercante di Venezia di Laura Angiulli, che si confina in una dimensione atemporale, in ciò adottando quella capacità tipica di Shakespeare di scrollarsi di dosso le pertinenze di un tempo storico preciso per attagliarsi trasversalmente ad epoche e luoghi. Ed infatti, dipanandosi tra Venezia – luogo reale – e Belmonte – luogo immaginario in cui la realtà da cruenta si fa fantastica ed in cui una principessa fa riffa coi propri scrigni dei suoi pretendenti – Il mercante di Venezia si struttura come commedia bipartita, che mescola il dramma ferace veneziano alla fabula che da Belmonte vi si innerva e del dramma medesimo fornisce soluzione e riscatto. La scelta di bagnare i due luoghi dell’azione nella medesima acqua sembrerebbe suggerire più che una contiguità una continuità, non tanto e non solo dell’azione scenica, ma proprio dei concetti di dramma e di fabula, che, bagnandosi in un’unica acqua si manifestano come affezioni di una medesima sostanza, fluida osmosi fra il concreto mondo mercantile veneziano e la vocazione eminentemente cortigiana di Belmonte.
Nudo e fluido, questo Mercante di Venezia, tutto vi avviene a vista, si diceva, senza soluzione di continuità, senza marcare la separazione degli atti e delle scene, ma conglobando tutto in un’unica continuità scenica che, pur rispettando il canone dell’opera, ne offre rivisitazione personale, che piace prima di tutto per il suo impianto visuale, per l’allestimento scenico di Rosario Squillace, che ricrea una scena che, benché sfrondata di qualsivoglia riferimento al luogo della rappresentazione che non sia l’acqua, esercita un potente effetto evocativo; unica concessione “localistica” un Lancillotto dall’inflessione veneziana.
Sfrondato l’impianto di ogni altro elemento scenico, in questo Mercante – polifonia attoriale in cui spiccano lo Shylock segaligno e intenso interpretato da Giovanni Battaglia ed il mercante scanzonato e dissipatore di Stefano Jotti – il ruolo di protagonista sembra spettare non a personaggi fisici quanto a concetti assoluti, che vengono a galla (è il caso di dire) grazie ad un’opera registica maieutica, per cui, nel fluire drammaturgico dell’azione è continua la contrapposizione di valori e disvalori, incarnati ora dall’Ebreo cui fa da contraltare la classe mercantile veneziana, ora anche da Porzia e Nerissa da un lato e Bassanio e Graziano dall’altro, quando, nella pantomima del gioco degli anelli, svelando l’inganno perpetrato ai danni dell’Ebreo, sembra ulteriormente sfumare il confine etico tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, fra astuzia e retto agire.
Commedia dai risvolti drammatici, Il mercante di Venezia, nella riduzione di Laura Angiulli, condensa nell’apparente leggerezza dell’ordito uno spessore concettuale che, sotto la superficie di personaggi “tipizzati” fa emergere tutta la complessità di fondo di istanze morali non riconducibili ad univoca ed inequivoca visione, ma in desultorio rimpallo fra legge e giustizia; l’inganno, l’astuzia, l’amore e l’amicizia si mescolano sfumando, lasciando aperti interrogativi irrisolti, lasciando in tralice intravedere anche una possibile lettura del forte legame che sussiste fra Bassanio e Antonio come qualcosa che travalichi la semplice amicizia per tradursi in un tenero affetto, in ciò offrendo una chiave di volta (e di lettura) differente, seppur già percorsa.
Come a voler sovvertire apparenze derubricate come evidenze, Il mercante di Venezia di Laura Angiulli, messinscena e studio su Shakespeare allo stesso tempo, offre dell’opera del Bardo visione che convince nel complesso attraverso una strutturazione testualmente coerente e visivamente efficace.

 

 

 

Il mercante di Venezia
da William Shakespeare
drammaturgia e regia Laura Angiulli
con Giovanni Battaglia, Giuseppe Brunetti, Gianluca D’Agostino, Michele Danubio, Alessandra D’Elia, Maria Grazia Di Maria, Stefano Jotti, Antonio Marfella, Fabiana Spinosa, Chiara Vitiello 
impianto scenico Rosario Squillace
luci Cesare Accetta
assistente alla regia Flavia Francioso
responsabile tecnico Luigi Agliarulo
costruzione Donato Arrighetti
promozione Lavinia D’Elia
grafica Solimena – Francesco Armitti
lingua italiano
durata 1h 10’
Napoli, Galleria Toledo, 10 marzo 2015
in scena dal 10 al 15 marzo 2015

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