“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 11 March 2015 00:00

Nel teatro di Donna Peppa

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Avevo conosciuto i Naviganti InVersi questa estate, lungo gli approdi di una navigazione di piccolo cabotaggio nelle acque dell'edutainment. Ho rincontrato Vittorio Passaro a Natale, nei credibili panni di un petitiano Felice Sciosciammocca. E ora li ritrovo nel porto della ZTN, Zona Teatro Naviganti, che stanno costruendo insieme, punto di partenza e ritorno di più coraggiose navigazioni.

L'ingresso è una porta qualunque in un vicolo, lo spazio angusto, il soffitto basso con tentativi di decorazione a stucco. Eppure tutto questo, lungi dal disturbare, cala perfettamente l'azione scenica nel tempo in cui fu concepita. Sembra di ritornare a quegli anni '60 dell'800, prima che Petito facesse la fortuna di Luzi al San Carlino. Sembra di aver preso posto nel teatro di Donna Peppa, la madre di Petito, ex ballerina del San Carlo, attrice, imprenditrice, stacca-biglietti, scenografa del suo teatro, posto in uno scantinato, uno dei tanti teatrini che popolavano la scena napoletana.
Il nome e le opere di Antonio Petito, Totonno 'o pazzo, hanno ricominciato da un po' a girare nell'ambiente teatrale napoletano. Smessa la paura della napoletanità, del provincialismo idiota (nel senso etimologico del termine), più d'uno ha ripreso in mano i testi e la lingua di Petito, il suo idioletto, cercando di trarne linfa nuova. Così i Naviganti InVersi. Hanno preso il testo di Pascariello surdato congedato creduto femmena e nutriccia e lo hanno calato in una storia a cornice, che si mescola col teatro stesso nel finale, in uno slittamento di piani scenici di semplice e al tempo stesso gustosa raffinatezza.
Storia di guitti, artisti di strada. Chiusi i teatri, all'indomani dell'unità d'Italia, sono ridotti a recitare nelle piazze, mentre imperversa la censura e chi non è allineato al nuovo corso dei tempi, chi dissente, chi protesta, chi fa sberleffo, viene appeso, ad una forca. Ci si potrebbe allineare, fare come se nulla fosse, spuntare la lingua, ma non è così per Antonio, che rifiuta il San Ferdinando, la paga buona, preferisce continuare a recitare per strada, come vuole, quello che vuole. E così si reciterà la commedia di Pascariello, che un copione c'è l'ha, ma la si reciterà "a modo nostro", frizzando e alzando, raccogliendo l'eredità della Commedia dell'Arte, alla faccia di Goldoni e della riforma del teatro. E il Pulcinella recitato da Antonio invero, quando ne indossa la maschera e stringe una cintura attorno alla bianca camicia da notte, che ne diventa il canonico camicione, risente più della Commedia dell'Arte che di Petito e delle sue commedie. Qui si muove in maniera buffa e dinoccolata, spalle cadenti, gambe larghe, sorriso ebete, scarsa capacità logica. È il cafone della tradizione, il babbeo della campagna, piuttosto che il nuovo Pulcinella messo in scena da Petito per quarant'anni, prima di abbandonare la maschera e creare la sua nuova maschera senza maschera, Felice Sciosciammocca, che tanta fortunata eredità ha trovato nel teatro napoletano. Il Pulcinella di Petito era il cafone inurbato, che conservava l'ingegnoso buonsenso che gli derivava dall'origine contadina, dal contatto con la terra e la sua materia primordiale, e interagiva con la nuova realtà cittadina, della Napoli capitale del Regno delle Due Sicilie prima, provincia del nuovo Regno d'Italia poi. Pascariello invece è uno dei "tipi" del teatro petitiano, personaggio-tramite (secondo la definizione di Ettore Massarese) del ruolo rivestito, tutto racchiuso nel mestiere affidato di volta in volta al bozzetto di carattere che Pascariello, in sostanza, rappresenta.
Le commedie che hanno come protagonista Pascariello si configurano come commedie d'ambiente e satira di costume. In questo caso alla berlina, siamo nel 1873, è l'ancora giovane Regno d'Italia, il patriottismo ridotto a convenzione, l'unità fatta con le armi, ma che non corrisponde ad un reale, popolare sentire. Italiella è il nome col quale viene travestito Pascariello, soldato congedato (o meglio riformato...), per sfuggire alle ire di don Battista Bombarda, garibaldino in pensione, zio e tutore della sua amata Mariella. Verde con grembiule tricolore il suo vestito. E ancora i ritratti dei padri e protagonisti delle vicende dell'Unità, svelati come quadri sul fondale in forma di caricature: Garibaldi, Vittorio Emanuele, Franceschiello e Napoleone. La lingua Italia, la lingua nuova che ora va di moda, che la gente storpia e non capisce.
L'operazione dei Naviganti InVersi si configura come operazione di teatro nel teatro e sul teatro condotta in piena consapevolezza. Semplici i mezzi espressivi, commisurati alle dimensioni dello spazio, alle risorse a disposizione, eppure efficaci. Un telone arrotolato, pannelli rettangolari su rotelle suggeriscono l'articolazione degli spazi, le porte, le finestre, le crepe nel muro. Gli stessi pannelli, spostati in muta danza dagli attori, contribuiscono a evidenziare in senso antirealistico il gioco metateatrale. I guitti della compagnia recitano un testo teatrale (teatro nel teatro), al tempo stesso uno di loro, Pietro, si ostina a non parlare con gli altri, o almeno non direttamente, ma si esprime solo attraverso i burattini delle guarattelle, cui presta le proprie molteplici voci, che commentano l'azione, o la riproducono nel teatrino in scena, o interagiscono, in quanto burattini, con i personaggi in carne e ossa, della compagnia di guitti e dei personaggi rappresentati della commedia di Petito. Per giungere al finale incatenato, con gli attori che recitano il finale di Pascariello, mentre una voce fuori campo annuncia l'arresto e la condanna di Antonio, inscenata dai burattini. Amaro finale, amara consapevolezza. "Ce stanno troppe persone che parlano e nessuno che voglia stare ad ascoltare". Il pupazzo rimette i suoi burattini nella valigetta, "Buonanotte popolo!".

 

 

 

 

 

 

 

ResoCunto
da
Antonio Petito
regia Vittorio Passaro
con Aurelio De Matteis, Ursula Muscetta, Laura Pagliara, Vittorio Passaro, Marco Serra
costumi Federica Del Gaudio
produzione ZTN – Zona Teatro Naviganti
foto di scena Gianluca Cinque
lingua italiano
durata 1h 40'
Napoli, Zona Teatro Naviganti, 7 marzo 2015
in scena dal 6 all'8 marzo 2015

 

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