“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 12 February 2013 17:00

Fenomenologia del sonno: nell’assenza, l’essenza

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Un condominio. Case, famiglie, identità diverse costrette a coesistere sotto lo stesso tetto, al limite tra dinamiche di inciucio e di sopportazione. Eppure, nel groviglio di insofferenza a questa pur intricata coesistenza coatta, una presenza spettrale s’insinua turbando la quiete di ognuno e rendendolo parte di uno stesso, drammatico, tutto. Se lo spettro è l’insonnia, la quiete è l’evidente torpore dei corpi incoscienti, così come delle menti.

Incoscienza nel rifiuto del silenzio, nella sterile accoglienza di ritmi concitati e frenetici, quelli che illudono gli uomini di essere in perenne e fanatica empatia con il resto del mondo e che, invece, atrofizzano ogni interazione, ogni veridicità di dialogo. Con il resto del mondo, con il resto di sé, ogni volta che si rafforza l’illusione di una vita tranquilla e libera dal dovere di chiedersi almeno un perché e, possibilmente, di maturarne un’eventuale dinamica di risposta.
La notte cala e, con essa, lo spettro dell’insonnia. Piomba, con impertinenza, nelle case di ogni condomino e lo costringe a scoprire le proprie inquietudini.
Qui è paranoicamente insonne l’uomo paffuto, abbandonato dalla moglie, che camuffa il dolore con i più esilaranti malanni da affogare in un cocktail di molecole medicinali: non basteranno che per un sonno artificiale.
È tristemente insonne l’occhialuto anestesista, di verdoniana memoria, sorpreso nel cuor della notte da misteriose telefonate: il siparietto eroticomico trascina la variopinta risata del pubblico lasciando poi, teneramente, il posto ai ricordi d’infanzia, al tempo delle favole raccontate da un padre che solo ad un uomo sa mancare così.
È follemente insonne il musicista invasato: potrà mai la notte, e la quiete agognata dagli altri condomini, frenare il furor lirico (andrebbe in giro nudo a cantar Bach con il suo “canto verso l’alto”)?
È dolcemente insonne la vecchietta rapita, ogni notte, da un moto di tosse convulsa: fa il verso al pianto di un neonato, o almeno così pare… Monologhi che si richiamano, l’uno nel quadro dell’altro, complice l’altrettanto coinvolgente genuinità delle inflessioni del dialetto pugliese, nella camaleontica soluzione sperimentata da Gaetano Colella. A slegare i fili dell’attenzione, però, pur chiamando in aiuto Shakespeare, Pessoa, Ermanno Cavazzoni (in scena un libero adattamento  de Le tentazioni di Girolamo), la fragilità di una scrittura piuttosto asciutta.
Sonno e veglia. Sogno e realtà. Una strada in salita attraversata da rivoli di inquietudine, di malinconia, di dubbio, di curiosità. Quelli che bagnano la sensibilità di questi personaggi, così lontani eppure così vicini, così carichi di umanità. Perdono il sonno, cercano rifugio e trovano nient’altro che sogni e paure. Ognuno nella silente oscurità della notte, ognuno (spera) al riparo dall’ascolto indiscreto dell’altro. Ognuno un anello della catena, quella che chiude gli uomini nell’esigenza di trovare un posto nel mondo e di riconoscervisi, anche parlando di sonno in sonno. Personaggi, questi. Uomini che ne riflettono le immagini, noi.
Nel sonno, il rifugio dalla coscienza. Nella veglia l’indelebile richiamo della coscienza.
Fenomenologia del sonno raccontata in scena. Anche nell’assenza, si rivela l’umana essenza.
Benvenute notti insonni!

 

 

Sonniloqui
drammaturgia, regia, interpretazione
Gaetano Colella
assistente alla regia Raffaele Zanframundo
produzione Teatro C.r.e.s.t
in coproduzione con Associazione Culturale Lucciola
scene Mario D’Amico
collaborazione alla messa in scena Venere Rotelli
luci Vito Marra
Caserta, Teatro Civico 14, 10 febbraio 2013
in scena 9 e 10 febbraio 2013

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