“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 10 February 2013 12:42

Lo stesso soggetto, un'espressione diversa

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Creditori è opera scritta per “far vero” ossia per prendere parte alla grande stagione tardo ottocentesca del verismo teatrale. Non è un caso, dunque, che la si trovi impaginata in un piccolo volume verdognolo che porta il titolo di Teatro Naturalistico. Era a Zola che Strindberg s’ispirava inventandosi nuove opere in serie. Convinto di trattare il tema della disparità matrimoniale tra i sessi, della distinzione di genere, della vendetta come saldo preteso dopo un’usurpazione illegittima (ogni voce viene iscritta nel gran libro ed ogni voce, prima o poi, giunge al suo conto), Strindberg – esaltato dalla fallace prospettiva zoliana – finì invece per scrivere sì un capolavoro ma un capolavoro che nulla aveva del verismo, del realismo, del naturalismo: per fortuna.

Ne è pienamente consapevole Orlando Cinque che, riproponendo su palco Creditori, ne fa versione palesemente metateatrale. E d’altronde: non ha, Strindberg, organizzato un teatro-nel-teatro ponendo prima Gustav, poi Adolf, ad origliare e spiare oltre-scena imponendogli il ruolo-artifizio di “spettatore interno”? Non ha, Strindberg, inventato il gioco imperfetto della foto (strappata a pezzetti) per rifinire un vaudeville amoroso? Non ha, Strindberg, giocato coi ruoli, con i tempi delle entrate e delle uscite in ribalta, con le incisioni improvvise del testo (“A che punto ero? Ah, sì… stavo dicendo che sei arrivato qua e…”) ponendosi ben oltre la tranche de vie naturalista?
Per questo – bando alle ciance del convenzionale ménage à trois che prevede l’esaurirsi numerico dei duetti possibili (lui e l’altro; lei e lui; lei e l’altro) per schematizzare la vicenda di un ex-marito che torna, avvelena ed uccide il nuovo rapporto dell’amata perduta – Orlando Cinque imbastisce tutta una sequela di accorgimenti volti a fare di Creditori una dichiarata recita della recita attraverso la recita nella recita.
Comprende, Orlando Cinque, che l’opera non è formata da tre scene paritarie ma da un prologo e due atti e che, nel prologo (lui e l’altro), Gustav assume la funzione di regista, dramaturg, di maestro di recitazione applicata instradando Adolf al ruolo che ha da compiere con Tekla (seconda scena, ovvero primo atto). Starà poi a Gustav medesimo far spiare Adolf mostrandogli (terza scena, ovvero secondo atto) come davvero si recita per fare apparire la Tekla più vera.
Potrebbe così scriversi dunque: Gustav (regia); Adolf (allievo); Tekla (l’opera che ha da mostrarsi compiuta): ecco lo schema del Creditori di Orlando Cinque.
Per dare forza a questo schema le innovazioni compiute.
La stanza non è davvero una stanza ma una sorta di gabbia ferrosa che pone in chiara esposizione evidente ciò che dentro vi accade (la luce dei neon al soffitto): “Questa, una volta, era una stanza” si mormora sottolineando che – a differenza di ciò che prevede lo scritto di Strindberg – qui siamo dichiaratamente in assito e non in uno scorcio fintato da prendersi per scorcio reale. Gli interpreti, illuminati nel retropalco, attendono che il pubblico taccia il suo sibilare: ponendosi a vista abbattono il valore liminare e sacrale del fondo di scena rivelandone la natura fittizia. Piccoli giochi di lettere pungono gli orecchi più attenti: il nome del medico nominato nel testo (Sjöberg) diventa una citazione dell’autore (“Strindberg”); una battuta muta forma per mutare sostanza (“Però, se l’impiego non ti va, considerati licenziato” diventa “Se non ti senti adatto alla parte puoi anche tornare in camerino”); un’altra svela il progetto registico (“Sei arrivato col piano canagliesco” si tramuta in “Hai messo su tutta questa commedia”); un’altra ancora è un rimando divertito e furbesco (“La vita nell’arte è interessante” dovrebbe dire Gustav ma, questo Gustav, invece pronuncia: “Il mondo dello spettacolo è così pieno di pettegolezzi”).  
Ancora: il rumore dei piedi della sedia al pavimento senza che i piedi della sedia tocchino davvero il pavimento; l’abbraccio inesistente alla battuta che lo annuncia (“Cos’hai fatto di male per abbracciarmi così?”); l’indicazione, col dito, del posto in cui si è recitata una parte precedente del testo. E le ostentazioni plateali di sentimenti fintati; gli sguardi allusivi ora al retropalco ora alla platea; la trasformazione del pubblico in testimone (con la soppressione dei due passanti previsti dall’opera giacché siamo in teatro e tocca agli spettatori il compito che, per Strindberg, toccava a due comparse fuggevoli).
Ancora: Adolf e Gustav sono al termine della prima scena (quella che noi intendiamo per prologo) e – secondo il dettato – dovrebbero salutarsi dicendosi “Arrivederci, intanto!” poi Gustav dovrebbe sparire, nascondendosi dietro la porta di una stanza prevista. Ed invece – in questa esposizione teatrale del teatro – si dicono “Merda!” (com’è d’augurio prima di una recita) perché sono due interpreti che si accingono alla prova del palco.
Ancora: nel testo d’origine si celano immagini e passaggi desunti da Dumas figlio, Daudet, Huysmans? Ed allora perché non fare citazione anche dell’Amleto di Shakespeare (“Ofelia, vai in un convento!”)?
Ancora: “Non l’hai detta bene”. “Cosa?”. “La battuta. Non l’hai detta bene”. “Vuoi che la ripeta?”. “No, lascia stare, andiamo avanti” (frammento di un dialogo tra Adolf e Tekla).
Potremmo proseguire.
Potremmo proseguire ed invece chiudiamo l’articolo scrivendo che – pur rispettando Strindberg, il suo testo, i suoi temi (il vampirismo femminile, la dipendenza sessuale, la debolezza coniugale e la crudeltà del disprezzo che palpita, l’infamia del dubbio che istiga, la violenza della vendetta che uccide) – Orlando Cinque muta Creditori rendendolo il proprio Creditori: coi bagliori di tenebra o di luce sottile, coi suoni ora accennati ora profondissimi, coi silenzi e le attese tra una frase e una frase riesce a rimodellare ciò ch’era fisso su carta dandogli un corpo differente, una differente espressione.
Dal testo: “Guarda qui! Somiglia al ritratto che hai fatto tu? No! I tratti son quelli, ma l’espressione è diversa”.
Lo stesso soggetto ma con un’espressione diversa. A sancirla, gli applausi.

 

 

Creditori
di August Strindberg
adattamento e regia di Orlando Cinque
con Roberta Caronia, Orlando Cinque, Gabriele Russo
scene Luigi Ferrigno
disegno luci Davide Scognamiglio
Napoli, Piccolo Bellini, 9 febbraio 2013
in scena dall'8 al 17 febbraio 2013

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