“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 11 February 2015 00:00

Il Signor de Molière nella Stanza Blu

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Una premessa sulla Stanza Blu: idea e luogo.
La Stanza Blu è un progetto di Le Nuvole nato per offrire ai più giovani i grandi testi della tradizione teatrale. In origine l'idea è stata quella di intrattenere bambini e ragazzi con una versione ridotta del medesimo testo che, contemporaneamente, veniva portato in scena nelle sale 'ufficiali' del Teatro Mercadante, in modo da offrire ad un pubblico anagraficamente eterogeneo sia una versione adulta e integrale, che una più giovane e ridotta. Le famiglie, quindi, avrebbero potuto recarsi al completo a teatro per fruire alla medesima ora di due diverse versioni, collocate in diverse sale: grandi/sala grande; piccoli/Stanza Blu.

Ma come spesso accade, l'evoluire di un'idea può far sì che questa assuma forme e dimensioni originariamente non preventivate. Gli spettacoli relegati nell'intima soffitta del Teatro Mercadante si sono da subito collocati su standard qualitativi estremamente alti: la regia, gli attori, le musiche e le scenografie erano tali da far spesso impallidire, se non sfigurare, l'omonima rappresentazione posta in essere per gli adulti. La notizia è presto sfuggita di bocca e di mano, non si sa se la colpa sia da attribuirsi alla poca discrezione dei giovani spettatori o a qualche 'infiltrato' chiacchierone che all'ultimo momento ha 'sbagliato' sala. Fatto sta che il passaparola ha fatto crescere gli 'infiltrati' in misura esponenziale, che con la scusa "accompagno il bambino", hanno cominciato ad assediare la Stanza Blu, disertando lo spettacolo dei 'grandi'. Probabilmente per questa ragione, è stata apportata una variazione al programma, e ad oggi, le due sale portano in scena testi del medesimo autore ma con titoli differenti. Così, questa settimana, mentre nella sala grande si poteva assistere a Il malato immaginario, in soffitta – bambini in prima fila e a seguire uno stuolo di 'falsi' accompagnatori – si celebrava il signor de Molière con un magnifico L'Avare.
Lo spettacolo.
L'Avaro è una delle commedie molieriane che presuppone uno spaccato familiare all'interno di una casa. Tuttavia, come fa notare Cesare Garboli, a differenza del Tartuffe e delle Femmes savantes, la casa dell'Avaro è un luogo "rigorosamente finto, esplicitamente e spudoratamente teatrale". Non siamo, infatti, in una dimora borghese illuminata da finta luce naturale, la casa dell'Avaro è cupa ed è sempre illuminata, anche in pieno giorno, dalla luce fioca delle candele, riflettendo così l'animo e i vizi del suo proprietario.
Entrando nella Stanza Blu è esattamente questa l'immagine visiva che ci accoglie, l'oscurità è attenuata da un lumino posto al centro dell'assito e sullo sfondo scuro e tetro quattro edicole sono illuminate da fioche lampadine elettriche che simulano il baluginare di una fiammella. Incastonate in esse, come dei bassorilievi, quattro immagini diverse rappresentano l'interno di altrettante stanze della medesima casa. Nella prima, una figura femminile è seduta accanto ad un quadro, e ai nostri occhi è lei stessa uno statico personaggio di un dipinto, come in un gioco "velasqueziano" che svela sé stesso. Nell'ultima nicchia un uomo è disteso in un letto in una posa da sonno profondo. Al centro, un accrocco di oggetti afferma e nega una verosimiglianza di casa, affastellandola di un superfluo decadente, gettato alla rinfusa in un disordine privo di vita e affetto.
Una donna non più giovane è seduta ad una scrivania e ha indosso una pesante veste da camera nera dal taglio e dall'austerità tipicamente maschili. Avvita una lampadina sospesa per illuminare il suo piano di lavoro e lascia affiorare dalla bocca pensieri che sanno di conti e concretezza. La sua vicinanza al pubblico fa sì che si riesca a cogliere il suo sussurrare assorto. Le figure all'interno delle nicchie prendono vita, la ragazza lascia il suo quadro e l'addormentato si desta, e sulle note di Un pensiero nemico di pace, occupano ogni spazio della sala con vivaci e danzanti corteggiamenti. Sono due giovani innamorati e i loro casti baci atterrano sulla chaise longue a ridosso della prima fila, proprio sotto gli sguardi indiscreti e curiosi dei bambini che più che spettatori sembrano essere stati volutamente inclusi nella scena. I loro discorsi appena sussurrati, per non destare l'attenzione della signora vestita di nero, parlano di amore e di promesse eterne.
È così che ha inizio L'Avaro: in una versione ridotta ma fedele – in quanto non alterata da alcun tipo di regressione linguistica – sono le parole che scrisse Molière quelle che vengono pronunciate, e la scelta delle scene è tale che l'insieme non risente affatto dei tagli effettuati. Anzi, se ne arricchisce concentrando densità e spessore senza diluizioni.
La figura dell'avaro è stata femminilizzata e magnificamente interpretata da Nunzia Schiano. Questa scelta, come ha spiegato Rosario Sparno, è servita per far emergere tutta la vocazione immortale dell'opera; l'Avaro com'è noto, non è avido solo di danaro, nonostante l'età il vegliardo usuraio è assatanato e affamato anche di carne giovane e fresca capace di risvegliare in lui l'ardore di un tempo. Oggi, una figura maschile di questo tipo non suscita perplessità più di tanto, mentre se a coltivare certe pretese è una donna non più nel fiore degli anni e non 'supportata' dalla chirurgia estetica, ecco che più che far emergere il ridicolo diventa tangibile il vizio in tutta la sua connotazione negativa.
Anche il rapporto con la figlia – che in questo spettacolo è l'unica erede dell'avara e grazie ad un'eccellente interpretazione di Giorgia Coco riesce a fondere e a restituire armonicamente sia la levità di Elisa che l'audace astuzia dell'assente fratello Cleante – viene caricato di una drammaticità ellenica dal momento che è una madre a pronunciare le ferali parole con cui Arpagone rimpiange la mancata morte per annegamento della figlia: "Era meglio per me che ti avesse lasciato annegare". Lo spettacolo è serrato e coinvolgente, accompagnato da intervalli musicali che ne seguono il ritmo emotivo – Haendel, Vivaldi e Purcell sono incastonati come gemme eloquenti e perfette – e gli attori, bravissimi, hanno allestito in poco più di un'ora tutto l'ambiguo ed estremamente ironico universo familiare che abita in quest'opera di Molière.
Non so se anche nella sala dei grandi sia accaduto un qualcosa di simile (certo chi ha l'immortalità facilmente possiede anche l'ubiquità), ma una cosa è certa: in quei sessanta minuti il signor de Molière era lì con noi nella soffitta blu, e se la godeva alla grande!

 

 

 

 

 

 

L'Avaro
libero adattamento da L’avaro di Molière e dall'Aulularia di Plauto
adattamento e regia Rosario Sparno
con Nunzia Schiano, Giorgia Coco, Rosario Sparno
scene Enrico de Capoa e Rosario Sparno
disegno luci Riccardo Cominotto
costumi Alessandra Gaudioso
scenotecnica Gaetano di Maso
foto di scena Luigi Maffettone
produzione Le Nuvole e Associazione Teatro Stabile di Napoii
lingua italiano
durata 50'
Napoli, Teatro Mercadante – La Stanza Blu, 8 febbraio 2015
in scena 4, 5 e 8 febbraio 2015

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