“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 23 January 2015 00:00

La cognizione del cartone

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L’ingresso in sala è un tuffo a ritroso nell’infanzia, con la sigla di Daitarn 3 sparata a tutto volume; prendiamo posto canticchiando in un ideale karaoke a fior di labbra – e giuro, non sbagliamo una parola! – ripensando alle imprese di Haran Banjo ed ai primi colorati turbamenti, aventi le sembianze animate di Reika e Beauty, in anticipo di un paio d’anni su Lamù, che ci avrebbe definitivamente aperto breccia nella scoperta della pubescenza; la sigla di Creamy ci piace già un po’ meno, ma ci ritroviamo a canticchiarla ugualmente, cosa disdicevole per un maschietto degli anni Ottanta che non avesse voluto vedersi appioppare dai compagnucci l’epiteto di “femminuccia”.

insomma, siamo pronti e preparati a questo ECCE ROBOT!, curiosi di vedere come Daniele Timpano s’approcci alla materia, visto che ci accomuna l’essere cresciuti in quell’epoca in cui i cartoni animati – quasi esclusivamente giapponesi – costituivano la droga quotidiana di una generazione di fanciulli che ancora non aveva maturato il disincanto e il cinismo che li avrebbero condotti sulla soglia del mondo adulto. Era la generazione del Super 8 e dei trasferelli.
L’abbrivio è da amarcord: 4 aprile 1978, un martedì, ha inizio la famigerata “invasione giapponese”; sul Secondo Canale della RAI, introdotto dalla “Fatina” Maria Giovanna Elmi, va in onda il primo episodio di Ufo Robot, altrimenti noto come Goldrake. È l’inizio di un fenomeno epocale, che avrà suo epigono di poco posteriore in Mazinga Z, trasmesso sempre dalla RAI, prima che i cartoni animati giapponesi diventassero appannaggio pressoché esclusivo delle televisioni private.
Sulla scena, coadiuvato solo da fari funzionali a connotare la regia animata dell’azione, Timpano fa rivivere, nel suo corpo e nella mimica che segue il ri-doppiaggio delle voci dei personaggi, le  puntate originali di Mazinga Z; operazione che avviene aggiungendo il tono d’un ironico disincanto, come a voler ricordare che comunque si parla di cartoni animati; come a voler rimarcare che quelle a cui s’appassionavano i bambini degli anni Ottanta erano storie da non prendere con seriosità barbogia; si parla e si parlava di cartoni animati; e se ne parlava a tal punto che – e Timpano lo racconta a quanti in quegli anni erano solo interessati alla visione del proprio cartone preferito – nel Paese dei guelfi e dei ghibellini, ci si finì per dividere fra fautori e demonizzatori dei cartoni animati giapponesi; fra questi ultimi si distinse Silverio Corvisieri, parlamentare di Democrazia Proletaria, sostenendo la carica violenta e diseducativa di cui cartoni come Mazinga Z e Goldrake sarebbero stati portatori, mentre a difesa si levavano ben più illuminate voci (tra gli altri Gianni Rodari ed Oreste Del Buono). Non solo, ma a scagliarsi contro l’anti-pedagogia del cartone animato giapponese furono poi seicento genitori imolesi, sorretti anche da una campagna stampa proclive alle loro rimostranze (Timpano cita esplicitamente Nantas Salvalaggio ed un suo articolo fortemente critico apparso su Oggi in cui si scagliava contro il malsano sentimento di emulazione che tali diseducativi spettacoli avrebbero suscitato nei ragazzini). Erano gli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta, “anni di piombo e robot d’acciaio”, in estrema sintesi.
In estrema sintesi, perché a ben vedere e ad andare oltre l’apparenza nostalgica, questo Ecce robot! ha un significato ben più articolato e complesso; anche se ci saluta dicendo “Ciriciao”, anche se parla di sé cantando la sigla di Starzinger, Daniele Timpano costruisce uno spettacolo fatto di parole che non sono mera ricostruzione filologica di uno spaccato televisivo, ma acuto scandaglio di un milieu antropologico, fotografia di una generazione vista attraverso lo spettro catodico in cui si rifletteva ed a cui cominciava ad assuefarsi. Ma è uno sguardo, quello analitico di Timpano, che manca – giustamente – di approccio teorematico, di verità estratte dalla tasca per essere ammannite. Mazinga Z, Goldrake e tutti i loro più o meno fortunati epigoni, robotici o meno che fossero, non sono altro che un pretesto, cavallo di troia per penetrare in un passato recente e raccontarne sfaccettature multiformi.
Sorregge il lavoro di Timpano una minuziosa opera di ricostruzione filologica, un approfondimento dettagliato di genesi e fenomenologia del cartone animato, così come era arrivato in Italia, complice i bassi costi, a riempire i palinsesti di tivvù private che spuntavano ad epidemica diffusione lungo tutta la Penisola mentre cominciavano i famigerati, tanto vituperati eppure rimpianti anni Ottanta; ed è, quel panorama televisivo, il sostrato sul quale si sarebbe di lì a poco innervato il seme berlusconiano, che avrebbe fatto del meccanismo di penetrazione del messaggio televisivo metodo di formazione di un gusto e di una mentalità del disimpegno. Passando anche attraverso i cartoni animati.
Con questo ECCE ROBOT! Daniele Timpano ci racconta e ci dimostra, con dovizia di particolari e con una presenza scenica che accattiva e magnetizza come se ad assistervi vi sia quello stesso pubblico che venti o trenta anni fa era conquistato e rapito dall’imperdibile puntata di Jeeg Robot o di Daltanious (ed in effetti è quello stesso pubblico, cresciuto e, a quanto pare, sopravvissuto ai cartoni animati), che non è stato il cartone animato giapponese ad essere violento e diseducativo, quanto piuttosto una generazione genitoriale che, impegnata a dare cattiva mostra di sé, aveva preferito delegare l’educazione dei propri figli alla televisione, aprendo così un gap pedagogico e comunicativo.
Presenza unica e logorroica sulla scena, interprete, affabulatore e profeta del cartone animato, Daniele Timpano congegna uno spettacolo che è un disegno animato in forma di teatro, una sorta di conto alla rovescia dalla fine degli anni Settanta ad oggi, scandito da continui riferimenti al tempo dello spettacolo stesso (“mancano sessantasei minuti alla fine dello spettacolo”, “come avrò modo di spiegare bene tra trenta minuti di spettacolo” e così via). È un racconto senza soste, che descrive chi erano e cosa facevano a otto, dieci, dodici anni i trenta-trentacinque-quarantenni di oggi e che soprattutto demistifica analisi sociologiche facilone ed inconsistenti che, all’epoca come oggi, avevano il limite di scegliere un obbiettivo scentrato per farne cavallo (e cavillo) di battaglia ideologico.
Parlando di cartoni animati, Daniele Timpano parla dell’Italia degli ultimi trent’anni; lo fa con levità graffiante, suscita ilarità rimarcando gli aspetti paradossali delle varie querelle e facendo affettuoso dileggio del semplicismo polarizzato di quei cartoni animati che hanno riempito i pomeriggi di chi era bambino negli anni dell’ascesa dei network privati.
Eravamo tornati bambini all’inizio dello spettacolo, ritorniamo progressivamente alla nostra realtà di adulti a mano a mano che il conto alla rovescia ci avvicina alla sua fine.
10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1… applausi.

 

 

 

 

 

ECCE ROBOT! – Cronaca di un'invasione
drammaturgia, regia, interpretazione Daniele Timpano
ispirata liberamente all'opera di Go Nagai
musiche originali Michela Gentili, Natale Romolo
disegno luci e voce narrante Marco Fumarola
produzione amnesiA vivacE
in collaborazione con Armunia Festival Costa degli Etruschi, Consorzio Ubusettete
foto di scena Lucia Baldini, Antonella Travascio
lingua italiano
durata 1h 25'
Caserta, Teatro Civico 14, 18 gennaio 2015
in scena 17 e 18 gennaio 2015

 

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